Mirare in alto, puntare al governo del paese. Ribellarsi è giusto. Ribellarsi ora!

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Aprile è stato ricco di mobilitazioni scioperi, proteste, manifestazioni. Il culmine è stato raggiunto il 25 Aprile, quando centinaia di migliaia di persone, da nord a sud, hanno fatto carta straccia delle “raccomandazioni di sobrietà” del governo dei nostalgici del Ventennio e hanno fatto soffiare nelle strade e nelle piazze il vento della ribellione e della riscossa. È successo il 25 Aprile e succederà ancora, sempre più spesso.

Il fuoco cova sotto la cenere perché il governo Meloni sta ulteriormente sottomettendo il paese agli interessi degli Usa e della Ue, si accoda al piano di riarmo europeo che è un altro passo verso la Terza guerra mondiale e un altro colpo ai diritti dei lavoratori. I miliardi per le armi vengono dai tagli alla sanità, alla scuola, alla sicurezza sul lavoro, alla cura e alla manutenzione dei territori.
L’apparato produttivo italiano viene smantellato alla stessa velocità con cui viene smantellato lo stato sociale. I lavoratori stabili sono sempre meno e l’età pensionabile è sempre più alta, dilagano la povertà e la precarietà. L’Italia è l’unico paese europeo dove negli ultimi 30 anni i salari sono diminuiti, anziché aumentati.

Il fuoco deve divampare. I partiti delle Larghe Intese sono costantemente impegnati nelle marchette a questo o quel capitalista, a questo o quel padrone, sono complici, tutti – dai partiti di governo al Pd e ai suoi cespugli – del corso disastroso delle cose.
Il Pd, i suoi cespugli e i sindacati di regime sono contro la guerra e il riarmo, a chiacchiere, ma non perdono occasione di mostrarsi fedeli ai loro padroni e ai loro mandanti. Quando non si dissociano preventivamente dalle lotte e dalle mobilitazioni, lo fanno subito dopo, cercando ovunque “i violenti” e “gli estremisti”. Intanto il governo Meloni opera.
Il fuoco deve divampare, ma la scintilla che lo accenderà non è nelle mani dei sindacati di regime e dei partiti delle Larghe Intese, è nelle mani dei lavoratori e delle masse popolari organizzate.

Il vento della ribellione e della riscossa soffia già in ogni lotta operaia, in ogni presidio contro gli omicidi sul lavoro, in ogni corteo al fianco del popolo palestinese, in ogni scuola occupata, in ogni picchetto, in ogni protesta nelle carceri e nei Cpr, in ogni grande e piccola manifestazione di ribellione all’ordine ingiusto che domina la società.

Il vento della ribellione e della riscossa soffierà tanto più forte quanto più chiaramente la mobilitazione trova uno sbocco politico unitario.
Chiedere al governo Meloni di fare cose diverse da quelle per cui è stato installato serve a poco. I lavoratori lo sanno, la gente lo sa. Serve un cambiamento politico radicale per instradare il paese su un binario diverso da quello imposto dai servi della Nato, degli Usa, dei sionisti e della Ue. Serve liberarsi da vincoli, remore, paure e dal “si è sempre fatto così”; serve puntare in alto, bisogna puntare al governo del paese.

Serve un governo di emergenza popolare. Serve un governo che trasforma le principali rivendicazioni dei lavoratori e delle masse popolari in decreti la cui attuazione avviene per la combinazione degli strumenti propri di un governo con la spinta dal basso degli organismi operai e popolari (la parte sana delle organizzazioni sindacali, gli organismi formali e informali, i coordinamenti,le reti sociali, i movimenti, ecc.), in modo da travolgere le resistenze dei servi e dei funzionari della finanza e del capitale che si annidano a ogni livello del paese.

Serve un governo di emergenza che risponde ai lavoratori e alle masse popolari del suo operato e che attua sistematicamente le misure ispirate ai sette punti di un programma generale:

1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale perché nessuna azienda deve essere chiusa.

2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri universalmente noti e democraticamente decisi.

3. Assegnare a ogni individuo un lavoro utile e garantirgli una vita dignitosa perché nessun lavoratore deve essere licenziato e nessun individuo deve essere emarginato.

4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose.

5. Riorganizzare tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva.

6. Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.

7. Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la più ampia partecipazione dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.

Solo la mobilitazione dei lavoratori e delle masse popolari organizzate può imporre un simile governo. Questo è lo sbocco politico unitario di tutte le mobilitazioni che sono già in corso.

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