Il clima da caserma, l’assenza di diritti e la paura di esporsi sono cosa comune oggi nei luoghi di lavoro. La repressione padronale – fatta di licenziamenti, multe, sanzioni, reparti confino e mobbing – cresce e colpisce chi si organizza, chi alza la testa, per isolarlo e scoraggiare altri ad organizzarsi.
Ma la repressione si può vincere. A patto di non chinare la testa e di condurre una battaglia collettiva e pubblica, convinti che la vittoria di uno è una vittoria per tutti. Combinando la lotta per vie legali alla solidarietà e alla mobilitazione, per impedire l’isolamento e allargare l’organizzazione dei colleghi dentro il posto di lavoro, e fuori con tutti i solidali. Solo così l’attacco dei padroni diventa un boomerang e il fronte dei lavoratori si rafforza. Questi sono insegnamenti che ricaviamo dai recenti attacchi repressivi rispediti al mittente.
Lo scorso 21 marzo la Corte di Appello del tribunale di Firenze ha definito illegittimo il licenziamento di Simone Casella. Simone, delegato Filcams-Cgil e membro del P.Carc, era stato licenziato per la sua attività sindacale dall’azienda di vigilanza privata Worsp, che operava all’ospedale di Cisanello. Un licenziamento tutto politico adottato per ostacolare la sindacalizzazione dei lavoratori e la loro lotta per un salario dignitoso e per operare in sicurezza. La Corte di appello ha inoltre deciso che il compagno deve essere risarcito con 7.282 euro netti, pari a 8 mensilità. La vittoria di Simone e di tutti i solidali che si sono stretti attorno a lui in questi anni è una vittoria politica che è arrivata dopo una battaglia condotta fino in fondo, nei tribunali e fuori da questi, nelle tante iniziative, nelle piazze, davanti alle fabbriche e nelle case del popolo.
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Il 10 aprile è arrivato invece il reintegro per Lorenzo Liparulo, lavoratore iscritto Si Cobas Napoli, licenziato il 20 marzo da Work Multiservice – azienda affidataria del servizio di manutenzione stradale sulle province di Napoli, Caserta e Benevento – con un provvedimento disciplinare ritorsivo arrivato a seguito delle battaglie che Lorenzo ha condotto per la tutela della sicurezza e contro gli arbitrii dei padroni. Ultima delle quali l’aver impugnato un altro provvedimento disciplinare comminato a lui e ai suoi colleghi per aver “osato” segnalare lo stato precario degli automezzi in dotazione nonostante la direttiva aziendale di far prendere regolare servizio ai lavoratori.
In risposta a questo attacco il SI Cobas ha immediatamente aperto lo stato di agitazione, e ha chiamato tutti i lavoratori e le rappresentanze sindacali presenti nel servizio di manutenzione stradale della Campania a fare fronte comune per ottenere il reintegro immediato di Lorenzo.
La stessa battaglia di Simone e Lorenzo è quella che sta conducendo Marco, lavoratore della Cooperativa Arcobaleno di Torino (che si occupa di igiene ambientale, in appalto al gruppo Amiat-Iren) e delegato di Usb, licenziato per la sua attività sindacale. Una misura arrivata il giorno dopo la consegna della diffida legale con la quale il sindacato richiedeva alla cooperativa le differenze retributive per 16 anni di lavoro senza l’applicazione del contratto di settore, dopo l’annullamento da parte del padrone della sua elezione a Rls e il blocco alle elezioni per le Rsu. Non contento il padrone ha in seguito fatto girare la voce che la lotta sindacale condotta anche da Marco avesse fatto perdere un appalto, con il chiaro intento di mettergli contro molti colleghi.
A poca distanza dal licenziamento di Marco la Cooperativa Sociale Arcobaleno ha ben deciso di licenziare pretestuosamente anche un altro delegato Usb, Giancarlo.
L’iter della lotta ancora è in via di definizione, ma l’elemento determinante rimanere la solidarietà che Marco, Giancarlo e l’USB saranno capaci di costruire attorno alla vicenda sia dentro che fuori dal posto di lavoro: “Ritengo – dice Marco in un’intervista rilasciata per Radiograd – che la solidarietà sia molto importante. Oggi addirittura a questo presidio sono presenti più solidali esterni che colleghi di lavoro, la stessa Cgil, che ha un certo numero di iscritti in cooperativa, dovrebbe essere la prima a sostenere al meglio che può questa lotta di un loro collega. Invece non hanno fatto neanche un comunicato e tanti colleghi hanno paura a venire al presidio perché siamo stati descritti come “bugiardi” e “delinquenti”. Quindi la solidarietà dal basso, tra lavoratori, per me è molto importante. Anzi, proprio per questo secondo me è addirittura più importante che la solidarietà tra colleghi. Oggi toccano noi ma domani altri saranno nella nostra stessa situazione da qualche parte in Italia.”
È nato “Fare rete”, un comitato costituito da lavoratori e lavoratrici, delegati e Rls colpiti dalla repressione aziendale con l’obiettivo di condividere con altri lavoratori e lavoratrici esperienze di lotta e organizzazione, conoscenze e strumenti per difendersi dalla repressione padronale e per cominciare a passare dalla difesa all’attacco. “La forza dei padroni sta principalmente nel fatto che i lavoratori mancano di un’organizzazione ramificata e salda, di un orientamento giusto e unitario, di una direzione decisa a vincere. Ma tutte queste cose possiamo costruirle. […] La repressione aziendale è una questione collettiva e non deve essere più ridotta a “disgrazia” e a questione individuale, dobbiamo organizzare e mobilitare la forza che hanno i lavoratori quando sono uniti, agiscono con una linea giusta e all’altezza della situazione. Sicuramente è un compito non facile, ma è di primaria importanza per il futuro dei più giovani, per la tutela dell’apparato produttivo del paese, per la difesa dei diritti e delle conquiste strappate con la Resistenza e poi negli anni Settanta con la lotta dei Consigli di Fabbrica.”
Ogni battaglia condotta dai lavoratori è parte della più ampia resistenza che in mille forme le masse popolari oppongono alla guerra che i padroni, il governo Meloni e i guerrafondai conducono contro di loro. E può diventare parte importante per sviluppare il contrattacco. Sono infatti i lavoratori che ogni giorno mandano avanti il paese, che producono ciò che serve per vivere, che forniscono servizi essenziali. È sul loro lavoro che marciano anche le speculazioni di padroni e l’economia di guerra delle loro istituzioni. Sono loro quindi che possono staccare la spina.
Decisivo in questa fase è combinare la lotta dei lavoratori contro la repressione alle altre mobilitazioni della classe operaia per il rinnovo dei CCNL e per la sicurezza sul lavoro; a quelle contro il DL 1660 e in solidarietà alla Resistenza palestinese per far valere anche in queste il ruolo della classe operaia, la sua organizzazione e i suoi metodi di lotta. Così hanno fatto ad esempio i lavoratori del SI Cobas che l’11 aprile, hanno scioperato e bloccato la produzione nella logistica come in altri settori e che il 12 aprile sono scesi in piazza con i propri colleghi in solidarietà alla Resistenza palestinese contro le guerre e la complicità del governo Meloni.
Il 25 aprile è un’ulteriore occasione per i lavoratori che vogliono dare il loro contributo e che vogliono assumere il ruolo di traino che hanno sempre assunto nella storia del paese. Un contributo che comincia dal cacciare i guerrafondai dalle piazze e dai cortei del 25 aprile e fare di questa giornata una tappa nella lotta per una nuova liberazione del nostro paese!