Se sono i lavoratori a rimetterci sempre, allora facciamola pagare ai padroni
I dazi sono qualcosa che rischieranno di pagare lavoratori e lavoratrici con l’aumento dell’inflazione. Lo ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini lo scorso 2 aprile a margine della fiaccolata per la pace in Campidoglio.
Ci vorrebbe un’Europa che abbia una politica comune sul lavoro, i diritti, il fisco, la difesa. Oggi non è il momento di armare le persone, la difesa si fa con il lavoro, i diritti, lo stato sociale. Dentro al nostro governo – ha aggiunto Landini – vedo posizioni opposte: in questo caos l’Italia non è in grado di giocare un ruolo. Invece di battersi perché si costruisca davvero l’Europa, il governo rischia di condannarci a essere una provincia dell’impero che vincerà.
Landini insomma mette il futuro dei lavoratori nelle mani dei propri aguzzini, di Ue e Larghe intese, conseguenza del suo schierarsi con PD e guerrafondai. Come se il loro destino fosse già scritto e dovesse essere quello che speculatori, affaristi e guerrafondai prospettano.
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Il futuro del paese invece non è già scritto e quanto la guerra e l’economia di guerra continueranno a pesare sulle teste dei lavoratori non dipende solo dalle politiche guerrafondaie della classe dominante, ma dipende anche e soprattutto dalla mobilitazione della classe operaia, dalla forza che saprà esprimere per contrastarle e non pagare sulla propria pelle i loro mancati profitti.
Il futuro del paese corre sui binari del referendum dei prossimi 8 e 9 giugno e della lotta per il rinnovo del CCNL. Corre sui binari delle migliaia di vertenze e di lotte per la difesa sui posti lavoro. Corre sui binari degli scioperi e delle mobilitazioni contro gli infortuni e le morti sul lavoro e in nome della sicurezza. Corre sui binari di chi sciopera, si mobilita e promuove la riscossa dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nei quartieri e nelle città perché siano i padroni a pagare chiusure, delocalizzazioni, dazi e tutti gli effetti della crisi del capitalismo. Landini decida pure da che parte stare anziché dare per scontato che la crisi in cui ci siamo immersi debbano essere necessariamente i lavoratori a subirla.
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Indipendentemente dalle dichiarazioni e dalle idee di Landini l’unica via di una qualche prospettiva per i lavoratori del nostro paese è fare di ogni assemblea, mobilitazione e sciopero un ambito di lotta contro le politiche guerrafondaie con cui gli imperialisti Usa, Ue e sionisti peggiorano le loro condizioni di vita e di lavoro.
È fare della battaglia per il rinnovo dei CCNL un ambito per lotta contro i padroni e le loro guerre per il profitto, come hanno fatto lo scorso 28 marzo i metalmeccanici della FIOM e come continuano a fare i lavoratori di Stellantis contro chiusure e delocalizzazioni.
È fare del referendum dei prossimi 8 e 9 giugno occasione per costruire comitati referendari in ogni posto di lavoro che si organizzino e coordinino sui territori per infiammare la lotta per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, contro il Job’s act e le politiche lacrime e sangue che tutti i governi che nel nostro paese si sono succeduti da oltre quarant’anni a questa parte hanno portato avanti contro i lavoratori.
Il futuro dei lavoratori e delle masse popolari italiane non dipende dai padroni ma da quanto i lavoratori e le masse popolari faranno valere la propria forza e imporranno misure, leggi e un governo che facciano realmente i loro interessi.
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La vera rivolta sociale marcia sull’organizzazione, sul coordinamento, sulla mobilitazione e sull’ingovernabilità che i lavoratori sapranno costruire facendo di ogni appuntamento di lotta, come il 25 aprile e il 1 maggio, un passo in avanti per cacciare il governo Meloni e i guerrafondai di casa nostra che spesso fanno finta di stare all’opposizione.
Un passo in avanti per imporre un governo che ai dazi di Trump e al RearmEu imposto dall’Ue risponda creando le condizioni per stabilire rapporti di collaborazione e scambio con altri paesi disposti a stabilirne col nostro, fino a rompere con i vincoli economici e gli accordi commerciali con cui la Comunità Internazionale strozza i lavoratori e le masse popolari del paese del nostro paese.