L’Aquila. è iniziato il processo contro i partigiani palestinesi

Il 2 aprile a L’Aquila si è svolta la prima udienza del processo contro i tre partigiani palestinesi Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh accusati di associazione con finalità di terrorismo internazionale.
La vicenda giudiziaria è abbastanza complessa. I tre compagni furono arrestati dalla autorità italiane il 26 gennaio 2024, su richiesta delle autorità israeliane. Anan ha rischiato di essere estradato in Israele dove sarebbe stato sottoposto a trattamenti disumani. Grazie all’ampio movimento di solidarietà, la Corte d’Appello de L’Aquila ha respinto nel marzo del 2024 la richiesta di estradizione riconoscendo il rischio di tortura. Questo ha fatto decadere i motivi della carcerazione di Anan e ha portato alla scarcerazione degli altri due compagni, ma tutto ciò non è bastato a mettere fine all’accanimento politico e giudiziario.
Le autorità italiane hanno avviato una nuova inchiesta per “associazione con finalità di terrorismo internazionale” (art. 270 bis c.p.p.), motivo per cui Anan è tuttora in carcere e Ali Irar e Mansour Doghmosh sono nuovamente imputati.

Se la vicenda è già di per sé indicativa del grado di asservimento dell’Italia e del governo Meloni agli interessi dei sionisti, lo svolgimento della prima udienza ne è stata una plateale conferma, fra forzature delle procedure e colpi bassi alla difesa.
Il giudice ha ammesso al dibattimento i verbali degli interrogatori svolti dallo Shin Bet e dalla polizia giudiziaria israeliana, nonostante il fatto che le dichiarazioni degli imputati siano state estorte sotto tortura.
Il giudice ha estromesso dal processo la grande maggioranza dei testimoni della difesa, trentasei su trentanove, indispensabili per la ricostruzione del contesto in cui si sarebbero svolti i reati contestati agli imputati.
In ultimo, il giudice ha fatto sgomberare l’aula a seguito delle proteste per la palese manomissione delle parole di Anan a opera del traduttore.

La prossima udienza è fissata per il 16 aprile.
La solidarietà con gli imputati è stata espressa dentro e fuori dall’aula, ma anche con le numerose mobilitazioni dei giorni precedenti: cortei, presidi e iniziative a Roma, Firenze, L’Aquila, Pescara, Teramo, Ferrara, Pisa, Albano, Napoli, Taranto, Milano.
Fra le molte, anche quelle delle Sezioni toscane del P.Carc che, attraverso l’esposizione di striscioni in varie città, hanno legato la solidarietà ai tre partigiani palestinesi con la lotta contro i sionisti che operano nel nostro paese, in particolare Marco Carrai.
La campagna per denunciare il ruolo di Carrai prosegue da oltre un anno: per cacciarlo dalla presidenza della Fondazione Meyer (il suo sostegno al genocidio in Palestina è incompatibile con la carica che ricopre nella Fondazione dell’ospedale “dei bambini”), ma anche per denunciare il suo ruolo nei gangli del potere e degli affari in Toscana e nel Nord Italia (è console di Israele per il Nord Italia). E se per tutto un primo periodo la mobilitazione è stata appannaggio di gruppi più o meno ampi di movimento, con conseguenti minacce di rappresaglie a ogni iniziativa pubblica, adesso sta diventando una questione politica più ampia.
Il 4 aprile si è svolta, infatti, una conferenza stampa indetta da vari esponenti di partiti di sinistra e democratici (consiglieri comunali di Firenze, consiglieri regionali) proprio per sollecitare il presidente della Regione, Giani, a rimuovere Carrai dalla Fondazione Meyer.

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C’è un legame fra il processo contro i tre partigiani palestinesi e lo sviluppo della campagna contro Marco Carrai.
Il processo in corso a L’Aquila è una manifestazione della sottomissione dell’Italia agli interessi dello Stato illegittimo di Israele e una collaborazione diretta con il genocidio in corso in Palestina. È uno sfregio a quanto rimane dei diritti democratici conquistati con la vittoria della Resistenza sul nazifascismo e costantemente erosi, attaccati e smantellati. È, infine, una manifestazione dell’ipocrisia di chi si ammanta di discorsi sui diritti umani e allo stesso tempo chiude entrambi gli occhi, quando non collabora attivamente, di fronte ai crimini contro l’umanità che avvengono “in diretta mondiale” in Palestina.
Il processo a L’Aquila non è “un affare” che riguarda solo il movimento in solidarietà alla Palestina e la schiera di militanti che “ci sono sempre”: può e deve diventare un problema politico di carattere generale, che coinvolge la parte più ampia possibile del movimento popolare e la schiera di solidali, democratici e società civile.
Questo è il contributo che il P.Carc intende portare. Come forma concreta di solidarietà ai partigiani palestinesi sotto processo e come ambito di mobilitazione contro la repressione, contro i sionisti che operano in Italia e i loro lacchè.