“Senza contratto si sciopera” questo lo slogan con cui lo scorso 28 marzo i metalmeccanici del paese hanno incrociato le braccia per 8 ore. Si tratta del terzo sciopero da dicembre e del secondo in due mesi organizzato dai sindacati confederali nell’ambito della lotta per il rinnovo del CCNL di categoria. Un contratto che riguarda oltre un milione e mezzo di operai, scaduto ormai da oltre 9 mesi e per il cui rinnovo Federmeccanica sta tentando il muro contro muro, opponendo una piattaforma padronale a quella votata dal 98% degli operai.
Nelle principali città italiane si sono tenute manifestazioni che hanno preso di mira le sedi di Confindustria e altre istituzioni padronali e prefettizie. A comporre i cortei principalmente spezzoni di fabbrica, con delegazioni di operai a rappresentarli. Particolarmente positivo il lavoro di preparazione messo in campo dalla Fiom in Emilia Romagna: nella sola città di Bologna sono infatti state organizzate oltre 200 assemblee e prima di confluire nella manifestazione del 28 sono stati organizzati presidi davanti alle diverse fabbriche.
Importanti infine sono state: le presenze di operai Stellantis di Torino e dell’Iveco di Brescia che, esclusi dal CCNL dei metalmeccanici, sono scesi in piazza al fianco dei metalmeccanici con copertura sindacale dei Cobas; l’adesione nazionale del Si Cobas, che ha partecipato alle piazze portando le proprie posizioni; la partecipazione in diverse piazze del FGC e quella di alcuni delegati USB del Calp di Genova.
“Per quanto ci riguarda rilanciamo il conflitto nei luoghi di lavoro e più in generale nella società, per forti aumenti salariali, per difendere diritti che ogni giorno vengono erosi: parteciperemo agli scioperi rilanciando le nostre proposte, partendo dal no alla guerra, che non sia quella degli sfruttati contro gli sfruttatori.” Si Cobas nazionale
Noi siamo stati presenti in molte delle manifestazioni e abbiamo raccolto ciò che in quelle piazze si respirava. La fotografia che le oltre venti interviste realizzate a Milano, Bergamo, Torino, Firenze, Roma e Napoli tratteggiano è quella di operai in mobilitazione per molto altro rispetto al contratto di categoria. Lavoro stabile, sicuro e potere salariale; opposizione alla guerra, al riarmo e all’economia di guerra; solidarietà con la Palestina; necessità di iniziare seriamente a costruire un futuro diverso da consegnare ai propri figli e a tutti quelli che verranno a seguire. Queste solo le principali questioni emerse da operai e delegati che ci hanno rilasciato interviste.
Contro disfattismo e rassegnazione, organizzazione!
Diversi degli intervistati ci hanno detto con soddisfazione che hanno visto una maggiore spinta alla mobilitazione da parte dei lavoratori. Molti ci hanno detto e ribadito che per cambiare le cose nel paese, il primo passo da fare è smettere di pensare che “tanto non cambierà niente” e farsi avanti, partecipare in prima persona perché se la classe operaia si muove, se lo fa in massa e unita su degli obiettivi, allora le cose cambiano. La questione è muovere i primi passi; mettersi alla testa del movimento e organizzare il resto dei lavoratori. Soprattutto mobilitarli verso una prospettiva di conquista e non di rimessa, come la stessa Cgil ha dimostrato di poter fare quando ha lanciato le parole d’ordine della rivolta sociale.
“[Bisogna] cercare, come si diceva nell’antica Grecia, di utilizzare le crisi come opportunità. Il problema è che i padroni ci riescono bene a utilizzare questa opportunità, mentre noi del sindacato facciamo fatica perché negli anni si è creata un’ autoreferenzialità tale che ha portato a scollare sempre di più il movimento operaio dalle organizzazioni sindacali. Ora tocca a noi acquistare questa credibilità. Per fare questa cosa dobbiamo stare continuamente sotto braccio con le lavoratrici e i lavoratori, spiegare loro quali sono le ragioni che conducono ad un’alternativa sociale, non solo contrattuale. Lo dobbiamo fare soprattutto credendo che il loro disagio sia anche il nostro” – Giuseppe Iannaccone, Rsu Fiom Avio-Aereo di Pomigliano d’Arco
Dalle interviste sono poi emersi anche contraddizioni, come la sostenibilità economica di scioperi di un’intera giornata o come la sfiducia che può prendere i lavoratori se vedono che le modalità di lotta intraprese non portano a risultati. Aspetto decisivo di cui abbiamo discusso con gli intervistati è stato infatti poter modificare e intensificare le forme di lotta, partendo dal fatto che ciò che è stato fatto fino ad oggi non ha portato alla vittoria. A questo proposito diverse sono le modalità che gli operai hanno proposto, dagli scioperi a scacchiera o selvaggi, senza preavvisi, fino a iniziative e mobilitazioni politiche. Alcuni ad esempio hanno fatto riferimento alla mobilitazione per il referendum come strumento per mobilitare, organizzare e con cui far valere la forza dei lavoratori uniti.
“Indubbiamente in termini di sciopero, quello più funzionale che noi abbiamo messo in atto per la nostra vertenza è lo sciopero a scacchiera perché organizzando i reparti e facendo mezzore sovrapposte consente a vari reparti di interfacciarsi l’uno con l’altro, di veicolare l’informazione giusta e consolidare un tessuto sociale. Il piccolo tessuto sociale che c’è all’interno dell’azienda.” – Simone Sancasciani, Rsu Fiom Targetti
Mobilitarsi per cosa
Chi era in queste piazze ha dimostrato di avere un orizzonte ben più ampio del CCNL di riferimento, chiarendo il legame che esiste tra la mobilitazione per il lavoro e quelle contro la guerra e contro il riarmo o per l’ambiente.
“Quello che penso io è che adesso siamo qui in piazza con le bandiere dei sindacati, della FIOM, dei metalmeccanici ma dopo bisognerebbe tornare a casa, farsi una doccia e prendere le bandiere della Palestina e ritornare in piazza. Poi ritornare di nuovo a casa, farsi una doccia e prendere un altro striscione. Perché ripeto, le battaglie sono di tutti. Il fatto che adesso caschino le bombe in Palestina e non qua è soltanto una botta di culo. Non c’è nessun merito di questa cosa. I prepotenti sono ovunque. Se non si combattono tutti insieme, in ogni momento, in ogni istante, quello che capita a loro adesso, capiterà a noi domani. Quindi svegliamoci ragazzi, svegliamoci” – Matteo Carresi, Rsu Fiom Mouts Srl
“Serve creare l’alternativa politica, perché il problema è politico non solo sindacale e quindi come arrivare anche a cacciare questo governo e imporne uno che faccia veramente i nostri interessi. La cosa complicata è che nessuno, ma veramente nessuno in politica, si interessa dei lavoratori. Io penso che in questi tempi la delega non funziona più, ognuno ci deve mettere un pezzettino di suo. Il movimento dei lavoratori ha bisogno di un nuovo soggetto politico che non esiste. L’auspicio è che gli stessi lavoratori riescano a ricostruirselo, perché veramente soltanto i lavoratori possono rappresentare i propri interessi.” – Sergio Tarchi delegato Fiom
Che ruolo hanno i metalmeccanici?
L’impressione complessiva dello sciopero è stata quella di un sindacato, la Fiom, che non ha voluto spingere sull’acceleratore, che non ha fatto tutto ciò che poteva fare per muovere l’enorme esercito che ha per portarlo alla lotta. Ma in netto contrasto con questo, dalle piazze il messaggio che emerge è quello di delegati e operai pronti alla lotta e anche ad assumersi un ruolo di primo piano per le diverse mobilitazioni in corso nel paese, più nel complesso per il futuro del paese.
“Io penso che non ci sia una ricetta particolare, tutto dipende dal numero. Cioè noi siamo delle formiche e ci trattano come formiche, però quando le formiche sono unite in un formicaio non esiste nessun predatore, nessuna creatura vivente che si possa contrapporre a loro. Se sono unite. Quindi quello che penso io è che noi dovremmo intanto scendere in piazza il più possibile e dopodiché iniziare veramente a chiedere a queste persone, a questi famosi incravattati cosa vogliono fare, ma non soltanto del nostro futuro, ma anche del loro futuro. Perché qui, ripeto, siamo tutti in ballo, anche le persone che non si sentono coinvolte, come diceva De Andrè “per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”. Perché un giorno tocca a me e un giorno magari tocca a te. Noi sono quasi due anni che si lavora senza contratto nazionale del lavoro ed è una cosa vergognosa. Vergognosa soprattutto a fronte di dividendi mostruosi, non ultimo il caso Stellantis. Questi si stanno riempiendo le tasche con il lavoro della gente come noi e poi scappano, anzi, sono già scappati perché la maggior parte non paga le tasse in Italia, ha le case a Monte Carlo. I soliti furbetti, il solito atteggiamento proprio del padrone che non è mai, mai, mai sazio, vuole sempre di più, sempre di più. Però alla fine questa è una cosa che gli scoppia in mano” – Matteo Carresi, Rsu Fiom Mouts Srl
Tutte le volte che la classe operaia ha assunto un ruolo di primo piano nella società, guadagnandoselo e non chiedendo che gli fosse riconosciuto, tutte le masse popolari hanno strappato conquiste che ancora oggi la classe dominante fatica a smantellare. Lo dimostra la Costituzione, figlia della Resistenza; lo dimostrano i diritti conquistati negli anni ’70 dalle lotte operaie dei Consigli di fabbrica. Il movimento operaio deve riprendere il posto che gli compete, quello di avanguardia di tutte le mobilitazioni popolari.
Quegli stessi spezzoni operai che erano presenti nelle manifestazioni del 8 marzo è importante che scendano di nuovo in piazza il 5 aprile a Roma, contro a guerra e il riarmo; che aderiscano alle iniziative lanciate dal Coordinamento nazionale No Nato per il 4-5 e 6 aprile contro la guerra e l’occupazione della Nato; che portino il loro sostegno alla manifestazione nazionale in solidarietà alla resistenza palestinese del 12 aprile a Milano. I metalmeccanici possono tornare a essere la forza che trasforma il paese trascinando con se il resto dei lavoratori e delle masse popolari mettendosi alla testa della mobilitazione per cacciare l’attuale governo e sostituirlo con uno che opera negli interessi di metalmeccanici, operai, lavoratori e delle masse popolari tutte.
“Io ero in piazza il 15 marzo nella contromanifestazione in opposizione al riarmo e penso che dobbiamo partecipare e aderire anche a quella del 12 aprile a Milano. Noi ci dobbiamo aprire ai nostri compagni e a tutti i lavoratori perché siamo contro la guerra e la nostra storia è quella di un sindacato contro la guerra. Dobbiamo mobilitarci contro questo riarmo in nome del quale vanno a tagliare i fondi per la scuola, per gli ospedali e anche per i salari” – Vincenzo Iossa, Rsu Leonardo di Nola.