È solo il popolo che può salvare il popolo, questo non è un modo di dire, ma una lente con cui guardare alla realtà e decidere che strada imboccare. Non crediamo che qualcuno sobbalzerà dalla sedia se diciamo che la catastrofe incombe e non sussulterà se scriveremo che episodi come la gestione del bradisismo nei Campi Flegrei e le alluvioni delle scorse settimane ne sono ennesima manifestazione. A ben guardarli, però, sono anche la cartina di tornasole della capacità e determinazione delle masse popolari di organizzarsi e gestire se stesse e i propri territori in modo migliore di quanto non facciano i loro attuali governanti. L’altra faccia, quella vitale, del degrado e della rovina delle classi dirigenti borghesi.
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Il 16 febbraio una scossa di magnitudo 3.9, dopo mesi di eventi sismici minori, ha colpito nuovamente i campi flegrei. La popolazione spinta dalla paura si è riversata in strada. Nessun soccorso, nessun punto di accoglienza e nessun intervento tempestivo della Protezione Civile o di altri. In tutti i mesi precedenti nessuno di questi dispositivo è stato disposto, né tanto meno le messe in sicurezza di stabili, strade e palazzi è stato realizzato. Un disastro.
Per giustificare l’ingiustificabile il giorno dopo la Protezione Civile ha indetto una conferenza stampa che è stata assediata dagli abitanti di Pozzuoli e del resto dei campi flegrei costringendo il capo dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano, a dire la verità: “se arrivasse una scossa più forte avremmo poco da fare se non contare i morti”.
In pochi giorni le decine di comitati di Pozzuoli insieme alle diverse realtà politiche di zona che si stanno mobilitando con gli abitanti – da Potere al Popolo al Partito dei Carc, da Rifondazione Comunista a Sinistra Italiana e Movimento 5 stelle – hanno messo in campo assemblee pubbliche, presidi e manifestazioni fino a imporre un tavolo al Comune e alla Protezione Civile per discutere delle misure urgenti emerse dalle varie assemblee.
A Bagnoli, invece, le realtà organizzate attorno a Villa Medusa e al Laboratorio Politico Iskra hanno organizzato assemblee popolari di quartiere, promosso un presidio il 21 febbraio a Napoli durante il Consiglio comunale e hanno occupato il 5 marzo la X Municipalità. In diversi giorni di occupazione i comitati di Bagnoli hanno steso il proprio programma per far fronte all’emergenza e strappato un Consiglio comunale monotematico. Questo si è svolto il 10 marzo e lì l’assemblea ha esposto pubblicamente le misure richieste dagli abitanti del quartiere.
La notte del 13 marzo una nuova scossa, stavolta di magnitudo 4.6, ha colpito nuovamente i Campi Flegrei. In questo caso non solo il caos per le strade e l’assenza di soccorsi ma anche il crollo di contro-soffittature e l’apertura di fessure e crepe nei muri di alcuni palazzi. Danni che hanno riattivato gli sgomberi e moltiplicato nuovamente gli sfollati. Fenomeni che l’irresponsabile sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha avuto il coraggio di definire “uno stress test andato a buon fine” per i palazzi dell’area flegrea “dato che non si sono stati crolli strutturali e morti”.
Dalla notte stessa altre assemblee, presidi e mobilitazioni sono state indette a Pozzuoli prendendo sopratutto di mira il sindaco e imponendo l’indizione di un incontro pubblico con tutti i comitati di zona che si terrà nei prossimi giorni. Una spinta alla lotta che si sta diffondendo anche in alcuni quartieri popolari della città per imporre misure urgenti legate alla sicurezza delle abitazioni come avvenuto a Monteruscello.
A Bagnoli durante la notte del 13 marzo, in preda alla panico, alcuni abitanti del quartiere hanno forzato il cancello della ex base Nato per ripararsi all’interno degli edifici, quelli sì antisismici e sicuri. Già a partire dal giorno dopo la base è diventata sede di un’assemblea permanente di controllo popolare e soprattutto, su spinta dei comitati, un hub di primo soccorso in caso di nuove scosse.
Sempre nel quartiere di Bagnoli si è tenuta una combattiva manifestazione contro la venuta nel quartiere dei ministri Salvini e Piantedosi. Nonostante scontri di piazza e tentativi di delegittimarla la mobilitazione ha portato alla convocazione dell’assemblea di Bagnoli a Roma per un incontro con il ministero in cui consegnare al governo il loro provvedimento straordinario per l’area che ora con la mobilitazione e la lotta dovrà essere imposto voce per voce.
Dall’esperienza dei campi flegrei emerge chiaramente che laddove c’è chi promuove organizzazione e mobilitazione sui giusti binari, le masse popolari si fanno trovare pronte, attive e sprigionano la loro forza costruttiva.
È la stessa cosa successa in Toscana, dove venerdì 14 marzo la pioggia caduta sulla cementificazione della piana fiorentina ha fatto sfiorare la tragedia, comportando alluvioni e ingenti danni per le masse popolari. Anche in questo caso è stato inscenato un vomitevole teatrino dal presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, dalla sindaca di Firenze Sara Funaro (PD) e da quello di Pisa, Michele Conti (Lega), che cercavano, nel disinteresse totale do governo meloni, di mostrare quanto avessero il polso della situazione. Ulteriore dimostrazione che del destino delle masse popolari a questi soggetti importa meno di niente.
Mentre le presidenti, consiglieri e ministri si passavano la palla avvelenata di dare uno straccio di risposta alla popolazione l’unica risposto risposta concreta è arrivata dalle squadre di volontari scese sul campo per i primi soccorsi e a spalare il fango con la GKN, che sta nuovamente tornando punto di riferimento per il territorio dando l’ennesima dimostrazione della pubblica utilità di quella fabbrica. Anche stavolta, si sono riversati in strada tantissimi studenti e giovani che alla faccia di coloro che li giudicano bamboccioni affogati nei mondi virtuali hanno dimostrato che quando le masse popolari hanno bisogno, loro rispondono.
Anche in questo caso, in definitiva, sono state le masse popolari a dare risposta a fronte dell’incuria, dell’irresponsabilità e dell’incapacità delle istituzioni borghesi. Sono state le realtà organizzate come il Collettivo di Fabbrica Gkn, la curva Fiesole, gli studenti e i volontari a gestire la situazione e a denunciare le responsabilità indicando e praticando soluzioni come la manutenzione di fossi e fiumi e lo stop alla cementificazione.
Quelli appena fatti sono solo due esempi. Se da un lato la fine del capitalismo avvicina la catastrofe, dall’altro la riscossa delle masse popolari apre gli spiragli di un nuovo mondo. Sono decine gli esempi di organizzazione e di lotta come quelli descritti su diffusi in tutto il paese. E tutti mostrano che il contributo delle masse popolari, la loro intelligenza, il loro lavoro e la loro mobilitazione sono l’unica via per sventare la catastrofe e salvare il paese.
Con la corsa al riarmo, le politiche guerrafondaie e antipopolari del governo Meloni la catastrofe che incombe farà nuovi e ulteriori passi. La questione da affrontare è la seguente: la classe dominante riuscirà a imporre alle masse popolari di subirla come carne da macello e da cannone, oppure le masse popolari riusciranno ad usare gli sconvolgimenti in corso come opportunità per liberarsi dell’attuale classe dominante e avanzare verso la costruzione di una nuova umanità? Bisogna darsi gli strumenti affinché la seconda strada prevalga sulla prima. Questo vuol dire alimentare la via della riscossa.
Una via alla quale tutti quelli che oggi si interrogano e si mobilitano sulla necessità di un cambiamento radicale, sulla necessità di mandarli tutti a casa e di costituire un diverso governo, possono dare una spinta decisiva. Dai promotori dell’Assemblea tutti a casa, passando per i sindacati di base che vogliono “alzare i salari e abbassare le armi”, per le parti più progressiste della Cgil che vogliono perseguire la Via Maestra per un governo che applichi la Costituzione, fino a tutte le realtà che sui territori promuovono e organizzano le masse popolari per trovare soluzioni immediate.
Tutti questi possono avere un ruolo nel far fare un salto di qualità alla mobilitazione attuale delle masse popolari per far valere la loro forza. La forza di rendere impossibile la vita alla classe dominante, di mettere alle strette tutta la cricca delle Larghe intese e costringerla a ingoiare una loro soluzione di governo. La forza di fermare la catastrofe, di osare lottare, di sognare un mondo nuovo. La forza di vincere.
“Il coordinamento, l’unione di questi partiti, sindacati, associazioni, comitati, reti e singoli in un Fronte anti Larghe Intese è il passo necessario, qui e ora, per far fare un salto politico e organizzativo alla lotta contro il governo Meloni. In passato lo abbiamo chiamato Comitato di Salvezza Nazionale o Comitato di Liberazione Nazionale, ma la cosa importante non è il nome. La cosa importante è che sia un organismo che raccoglie stabilmente dirigenti ed esponenti delle forze anti Larghe Intese e opera con continuità per
■ diffondere, organizzare e promuovere l’orientamento e la mobilitazione non solo contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra, ma anche per lavoro, istruzione, assistenza sanitaria e servizi pubblici per tutti, per un lavoro dignitoso quanto a condizioni di lavoro e salariali, per tenere aperte le aziende che padroni e speculatori vogliono chiudere, per pensioni eque e assistenza a ogni persona anziana, per fermare o convertire le produzioni che alimentano la devastazione ambientale e il riscaldamento climatico e trasformare il sistema produttivo, i consumi e le abitudini di vita in modo conforme alla conservazione e al miglioramento dell’ambiente, ecc.;
■ lanciare e condurre campagne comuni, che ogni organizzazione aderente sviluppa in modi e in forme conformi alle proprie caratteristiche, così da sostenere e potenziare quanto già ognuna di esse fa e valorizzare le iniziative di lotta e gli insegnamenti di altri organismi e movimenti, mettendole in connessione, rafforzando in ognuna la coscienza della propria importanza, delle proprie possibilità e della propria forza, dando modo a ogni organizzazione di imparare e insegnare alle altre, di sostenersi a vicenda, di mettere in comune conoscenze, esperienze e strumenti di lotta;
■ promuovere la nascita di nuovi organismi di lavoratori, territoriali e tematici e il loro coordinamento;
■ organizzare, promuovere e sostenere ogni forma di lotta: proteste sotto i palazzi del potere, scioperi e manifestazioni di piazza, appelli e referendum, irruzione nelle campagne elettorali, ma anche disobbedienza di massa, non pagamento di bollette e tasse, gestione democratica, partecipata e collettiva di parti crescenti della vita associata, appropriazione collettiva dei beni e dei servizi necessari a una vita dignitosa (“spese proletarie”). Ogni forma di protesta e di lotta contro la guerra e il peggioramento delle condizioni delle masse popolari è giusta e legittima, l’unico criterio è avere la forza per farla. Per “bloccare tutto”, “occupare”, “assediare i palazzi del potere” occorre un centro promotore che combina le diverse anime della mobilitazione, quella pacifica, quella “indignata” e quella militante, in funzione dell’obiettivo comune.”