Usare le prossime mobilitazioni per prendere di mira il governo Meloni

Attacco alla democrazia o crisi politica in Europa?

Questa è “un’era di riarmo” e l’Europa “è pronta” a fare quello che serve per difendersi. Nel giorno in cui Donald Trump ha sospeso gli aiuti militari all’Ucraina escludendo dai “giochi di pace” l’Unione Europea, la guerrafondaia Ursula Von der Leyen ha presentato “Rearm Europe”, un piano in cinque punti per aumentare la spesa europea nel settore della difesa, con l’obiettivo di tenere testa agli imperialisti Usa, sviluppare autonomia da questi ed entrare nei giochi della spartizione della ricostruzione. Un piano che prevede una clausola di salvaguardia del patto di stabilità per incentivare investimenti fino a 650 miliardi e altri 150 in prestiti.

I paesi capofila dell’Ue sono talmente pronti a fare quello che serve per “difendere l’Europa” – questa è la parola d’ordine migliori che le teste d’uovo dei giornali di regime hanno saputo inventare – che le istituzioni Ue sono costrette a fare carte false per far approvare misure che invece le masse popolari ripudiano e rigettano in mille forme.

Più cresce il malcontento e il distacco delle masse popolari verso l’oppressione dei gruppi Usa, Ue e sionisti, più le agenzie dei gruppi imperialisti sono costrette a scavalcare ulteriormente assemblee elettive, parlamenti e tutti i paraventi democratici con cui ha ammantato il proprio regime politico.

La Controrivoluzione preventiva è il regime politico dei paesi imperialisti messo in opera dalla borghesia imperialista per intossicare e manipolare menti e cuori delle masse popolari e prevenire lo sviluppo della rivoluzione socialista.
Per approfondimenti leggi anche La controrivoluzione preventiva.

Germania

Dopo le elezioni per il rinnovo del Bundestag dello scorso 23 febbraio è apparso chiaro che nel nuovo parlamento eletto non ci sarebbero stati i numeri per cambiare al Costituzione e votare una legge sull’aumento delle spese militari. Per aggirare il problema, il nuovo cancelliere tedesco ha convocato d’urgenza il Parlamento uscente, quello mandato a casa dal voto delle masse popolari, perché composto per due terzi da forze che avrebbero più facilmente approvato la riforma costituzionale. Riforma approvata nella camera alta tedesca con i voti della Linke che quindi – alla faccia delle vuote parole di pace e progresso diffuse dai suoi rappresentanti – ha finito per accodarsi e unirsi al coro dei guerrafondai nella loro follia del riarmo!

Questi colpi di mano sono la manifestazione di una crisi politica che investe un paese dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello più alto del febbraio del 2015. Dove alla crisi politica che investe i partiti borghesi si aggiunge quella dal basso. Ingovernabilità che si è espressa nelle ultime settimane nelle mobilitazioni contro la guerra sobillata dalla Nato, dall’Ue e dai sionisti, come quella contro l’invio di armamenti in Ucraina dello scorso febbraio a Monaco davanti alla sede della Conferenza sulla sicurezza e nella marcia dell’8 marzo che si è svolta a Berlino, nella quale la polizia tedesca ha caricato e pestato le donne che stavano manifestando in solidarietà alla resistenza palestinese.

La mobilitazione delle masse popolari e dei lavoratori in Germania come nel resto d’Europa è destinata ad aumentare e svilupparsi. I vecchi pilastri del regime politico di questi paesi stanno via via crollando seppellendo con le proprie macerie le menzogne e le residuali illusioni per le masse popolari di poter avere pace, diritti e prospettive dai padroni e dal loro sistema.

Francia

Dopo il tentativo di forzare l’adozione di un bilancio nazionale che prevedeva una stretta alla spesa pubblica senza un voto parlamentare, lo scorso dicembre è stata votata la mozione di sfiducia che ha portato alla caduta del governo Barnier.

Macron, anche lui fermo sostenitore e promotore del piano “Rearm Europe”, ha affidato a Bayrou il compito di accroccare un governo con la speranza di sopravvivere senza maggioranza all’Assemblea nazionale e di far adottare il bilancio per il 2025 per il quale è caduto il suo predecessore.

L’ennesima crisi politica “istituzionale” che mostra quanto la borghesia francese e i suoi uomini siano sempre più incapaci di dirigere la società. Una crisi pure in questo caso frutto anche della spinta delle masse popolari francesi, che da mesi si mobilitano e contro le politiche guerrafondaie e antipopolari di Macron rendendogli il paese sempre più ingovernabile.

Diverse le mobilitazioni dell’ultimo periodo: quelle in solidarietà alla resistenza Palestinese, che hanno portato oltre 3000 persone a riempire le strade di Parigi contro l’evento “Israele è per sempre” finalizzato a raccogliere fondi per l’esercito israeliano; quelle degli agricoltori del Coordinamento rurale in lotta contro i controlli sulle aziende agricole e l’accordo di libero scambio con i Paesi dell’America Latina; quelle dei minori e giovani provenienti all’Africa subsahariana per il riconoscimento del loro status (leggi QUI) e quelle dell’8 marzo, che a Parigi ha visto la partecipazione di collettivi e realtà femministe, sindacati confederali come la CGT e quelli di base come Sud Solidaire, realtà studentesche, forze e partiti della sinistra. Una piazza sui diritti delle lavoratrici nella quale sono risuonate parole d’ordine sull’antifascismo e contro il genocidio in Palestina.

Italia

Il Governo Meloni è alla canna del gas e si regge in piedi solo perché i gruppi di potere che formano la Repubblica Pontificia non hanno alternative realistiche e soprattutto perché la forza che le masse popolari esprimono dal basso non è ancora incanalata nella prospettiva di rovesciarlo e di imporre un governo che attui immediatamente le misure che servono alle masse popolari per fermare la guerra, salvare l’apparato produttivo del paese, i servizi pubblici essenziali, per cambiare il paese.

La formula italiana per tentare di raccogliere consenso verso le politiche guerrafondaie della Von der Leyen l’ha trovata Michele Serra del quotidiano La Repubblica – sempre al di fuori del Parlamento – lanciando l’appello a mobilitarsi per l’Europa il 15 marzo prossimo a Roma. Tradotto significa mobilitarsi a favore degli imperialisti europei per approvare i nuovi invii di armi all’Ucraina, spedire truppe europee sul campo e contendere agli Usa la ricostruzione del paese. Questa mossa ha spaccato il sistema di potere della Repubblica Pontificia, divisa tra correnti europeiste e atlantiste. Condizione che fa dell’Italia l’anello debole della comunità dei gruppi imperialisti e che crea una situazione più favorevole per le masse popolari italiane!

Se la classe dominante fa un passo avanti per far ingoiare alle masse popolari la guerra e l’economia di guerra, le masse popolari devono usare le prossime mobilitazioni per farne altri cento, con l’obiettivo di far cadere il governo Meloni e impedire che qualsiasi altro governo di Larghe intese si instauri al suo posto.

Il 5 aprile mobilitazioni a Roma contro il riarmo europeo e l’economia di guerra: in Piazza Santi apostoli (promossa dall’Unione Sindacale di Base) e in Piazza Vittorio Emanuele II alle 15 (promossa dal M5s).

Alcuni esempi? Il Coordinamento Nazionale No Nato ha lanciato per le giornate del 4-5-6 aprile (in occasione del 76° anniversario dalla nascita della Nato) l’appello a costruire una mobilitazione capillare nel paese: Dichiariamo il 4 aprile Giornata contro la NATO e la guerra!

I Giovani palestinesi hanno indetto una mobilitazione nazionale per la Palestina per il 12 aprile a Milano. Ecco l’appello che hanno rivolto ai lavoratori del nostro paese.

Appuntamenti importanti che preparano il campo per le grandi iniziative di lotta che il movimento di resistenza delle masse popolari italiane metterà in campo nelle giornate del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno!

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