L’appello a manifestare il 15 marzo “per l’Europa e i valori europei” lanciato dai servi italiani di Ursula Guerrafondayen ha dato luogo alla manifestazione di piazza del Popolo di cui in altro articolo abbiamo descritto composizione e contenuti.
Da quel palco il circo di teatranti e intellettuali al soldo dei loro padroni e padrini hanno inneggiato al riarmo, al suprematismo europeo e altri temi reazionari del genere (vedi gli interventi di Vecchioni, Scurati, Augias e simili). Temi che non hanno avuto reale presa neanche tra quelli che erano in piazza…
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Nella stessa giornata si è tenuta a Roma la contromanifestazione a quella di Piazza del Popolo, indetta da Potere al Popolo e Rifondazione Comunista in piazza Barberini. Mobilitazione cui anche il Partito dei Carc ha aderito e partecipato, insieme ad altre organizzazioni come Usb, Cambiare Rotta, Osa, FGC, l’opposizione interna alla Cgil, Coordinamento Nazionale No Nato, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, CUB, Risorgimento socialista, Movimento Migranti e Rifugiati, Movimento per il diritto all’abitare di Roma, il Centro Internazionale Crocevia Donne De Borgata, PCI, ARCI Roma, l’Anpi provinciale romana e altre forze politiche e sociali.
In piazza erano presenti circa 10mila militanti delle diverse forze politiche e organizzazioni aderenti. All’inizio della mobilitazione sono stati mostrati diversi cartelli e striscioni e lanciati slogan contro le politiche di riarmo, di estensione della terza guerra mondiale in corso e i tentativi di intruppare i lavoratori e il resto delle masse popolari del nostro paese in questa guerra.
Sullo striscione di testa la scritta era “Non un euro per la loro guerra”. La contestazione alle politiche di riarmo promosse dalla Ue molto netta che si è espressa anche bruciando delle bandiere europee, dando fuoco alle stelle europee con dei fumogeni e aprendo una gigantesca bandiera della pace accanto alla celebre fontana del Tritone di piazza Barberini.
Sui cartelli issati durante la manifestazione diversi i volti dei leader europei, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, coperti dalle impronte di mani insanguinate e sotto la scritta “Guerrafondaio/a”.
Per quanto i caporioni dei gruppi imperialisti Usa e Ue siano divisi e in reciproca concorrenza, sono perfettamente allineati sul fatto che il prezzo della crisi e dei suoi effetti debba ricadere sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari.
Quando Ursula Von der Leyen parla del piano da 800 miliardi per il riarmo europeo sta prima di tutto dichiarando guerra ai lavoratori e alle masse popolari dei paesi della Ue.
Quando Elly Schlein e Fratoianni affermano di essere contrari al piano da 800 miliardi per il riarmo, ma che è necessario un piano per la difesa comune europea, stanno solo cercando di camuffare la dichiarazione di guerra dei vertici Ue contro le masse popolari, ma la dichiarazione di guerra resta.
Quando Giorgia Meloni dice di essere contraria al piano di riarmo europeo perché “il nome non è adatto” sta apponendo la sua firma in calce alla dichiarazione di guerra contro le masse popolari, ma cerca di spacciarlo per qualcosa di diverso.
Un’altra mobilitazione si è tenuta inoltre a Napoli. Dove la Rete Napoli per la Palestina ha sfilato verso il Consolato Usa di Napoli per protestare contro le politiche di guerra, il riarmo europeo e tutte le politiche guerrafondaie promosse dal governo Meloni, dai sionisti, dai vertici Usa e Ue.
In piazza erano presenti anche il tavolo Uniti contro la guerra e il Coordinamento nazionale No Nato che proprio a Napoli il 16 marzo, in Galleria Principe, hanno tenuto la presentazione pubblica del coordinamento e l’istituzione del suo nodo locale.
Altre iniziative di lotta e di mobilitazione si sono tenute in altre città d’Italia. Tutte spinte dal rifiuto di mobilitarsi contro la guerra degli imperialisti Usa e Ue. Tutte indette per dare gambe a un’opposizione sociale alle politiche guerrafondaie del governo Meloni e delle larghe intese di destra e di sinistra. Un rifiuto che è emerso, come detto, persino tra diversi partecipanti della mobilitazione indetta a Piazza del Popolo.
Le “grandi manovre” per intruppare i lavoratori e le masse popolari italiane nella mobilitazione reazionaria e guerrafondaia sotto le bandiere Ue hanno dimostrato di fare acqua da tutte le parti. Ma rallegrarsi di questo non basta. Il rifiuto generalizzato verso la guerra non ha ancora un centro di promozione della mobilitazione capace di disarcionare i guerrafondai dalla guida del paese e imporre un cambio di rotta.
Questo pone ai partiti e alle organizzazioni del movimento comunista, ai sindacati alternativi e di base, ai movimenti, agli organismi operai e popolari la questione – la necessità e l’urgenza – di compiere un salto, un’assunzione di responsabilità e una presa in carico: costruire un fronte unitario per dare uno sbocco politico alle mobilitazioni, alle rivendicazioni e alle proteste. Serve costituire un centro autorevole di mobilitazione che, come fece il vecchio CLN, organizzi – qui e ora – la resistenza per una nuova liberazione.
Promuovere la convergenza a partire dalle prossime mobilitazioni
Il 28 marzo ci sarà lo sciopero nazionale dei metalmeccanici per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro e si svolgeranno manifestazioni in tutte le provincie ed è uno snodo fondamentale per costruire il fronte dei lavoratori contro la guerra e l’economia di guerra.
Il 29 marzo ci sarà l’assemblea “Né con Trump, né con Bruxelles – Mandiamoli #tuttiacasa” indetta da Ottolina TV a Roma.
Il 5 aprile ci sarà la manifestazione nazionale a Roma promossa da Usb con la parola d’ordine “Alzare i salari, abbassare le armi” e nelle giornate del 4, 5, 6 aprile si svolgeranno le iniziative territoriali del Coordinamento Nazionale No Nato che ha lanciato l’appello “Dichiariamo il 4 aprile Giornata contro la NATO e la guerra!”.
Il 12 aprile c’è da costruire la manifestazione nazionale a Milano in solidarietà al popolo palestinese e contro la guerra indetta da Udap e Gpi.
Poi c’è il 25 Aprile. E poi ci sono le mille altre iniziative e mobilitazioni di livello locale, grandi e piccole: dalle mobilitazioni per il clima promosse da Fridays for future, Extinction Rebellion e Ultima generazione che molto hanno fatto (e fanno!) nell’applicare il giusto principio che è legittimo tutto ciò va negli interessi delle masse popolari anche se è illegale, fino allo sviluppo di quanto hanno seminato le mobilitazioni dell’8 Marzo e della parola d’ordine Lotto, boicotto, sciopero! con cui migliaia di donne delle masse popolari sono scese in piazza.
Per avanzare in quest’opera possiamo partire da quello che ci divide, continuando ad alimentare settarismo e spirito di concorrenza in nome delle più o meno legittime riserve reciproche. Oppure possiamo partire da ciò che la situazione oggettiva ci pone di fronte, dalle necessità e dalle possibilità di unire il fronte politico, sindacale e sociale alternativo ai governi della guerra e della miseria.
La guerra può essere fermata. Il riarmo può essere impedito. Fermiamole con la lotta, l’unità e l’organizzazione. Dipende da noi!