Sul rinnovo dei contratti nazionali

Basta un’occhiata sommaria al 20° Report periodico dei contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti depositati nell’archivio del Consiglio nazionale economia e lavoro (Cnel), aggiornato alla fine del 2024, per rendersi conto di quanti sono i lavoratori in attesa di rinnovo contrattuale in Italia.
Al netto delle differenze fra i vari settori, i dati ci dicono che la platea di lavoratori che possono essere spinti sulla via della mobilitazione e dell’organizzazione è ampia.

Lo stato dei Ccnl al 31 dicembre 2024. Tutto il settore pubblico è praticamente con il contratto scaduto, spesso con attese annuali di rinnovo. Parliamo di lavoratori che vanno dagli uffici centrali a quelli periferici dell’amministrazione pubblica e dello Stato, dalla sanità alla scuola, arrivando fino ai vigili del fuoco, alle forze armate e alla polizia. Un totale di più di 3 milioni e 100 mila dipendenti che sono con il contratto nazionale scaduto.
Nel settore privato spicca per importanza il rinnovo del Ccnl dei metalmeccanici, ovvero più di 2 milioni di lavoratori fra piccola, media e grande impresa. A questi si aggiungono altri settori produttivi: edilizia (573 mila lavoratori), trasporti (logistica 546 mila e autoferrotranvieri 112 mila), tessile (200 mila), sanità e assistenza socio-assistenziale ed educativa privata (275 mila), pulizie e multiservizi (389 mila), telecomunicazioni (131 mila), industria della carta (56 mila), e altri minori. Un totale di dipendenti senza contratto che supera la cifra di 4 milioni e 330 mila.
E’ un elenco non esaustivo, ma che già offre un’idea di quello di cui stiamo parlando. Secondo i dati Istat a ottobre 2024 in Italia erano attivi circa 20 milioni di lavoratori dipendenti. Di questi 7 milioni e 430 mila sono in attesa del rinnovo del loro Ccnl, più di un terzo.

Non possiamo mettere sullo stesso piano, chiaramente, la lotta per il Ccnl dei metalmeccanici con quella per il Ccnl della polizia. È comunque importante tenere presente che il dato oggettivo rappresentato dalla mancanza di rinnovi contrattuali nel settore delle forze armate o di polizia è indubbiamente un segnale di debolezza nel campo nemico e una potenziale contraddizione che gioca a favore del campo delle masse popolari.
Anche il malcontento che può serpeggiare nei settori della pubblica amministrazione e negli uffici governativi è un elemento che direttamente può avere un ruolo nella lotta per mandare a gambe all’aria il governo Meloni e sostituirlo con il Governo di Blocco Popolare.
Detto questo, il ruolo principale, dirigente, lo mantiene la mobilitazione della classe operaia. Per il ruolo oggettivo che svolge nella società capitalista la classe operaia è quella che può spingere, elevare e trainare la mobilitazione del resto delle masse popolari e portare a maturazione le contraddizioni che si incuneano anche nel campo nemico.
Storicamente il ruolo del Ccnl dei metalmeccanici ha un significato e un’importanza particolari. Non a caso i sindacati di regime, con in testa Landini e la Cgil, stanno manovrando per mantenere in sordina la mobilitazione dei metalmeccanici. Dopo lo sciopero generale del 29 novembre e la “rivolta sociale” annunciata da Landini, Fiom, Uilm e Fim stanno tenendo la mobilitazione sul contratto dei metalmeccanici sul basso profilo.
A fronte dell’indisponibilità totale dei padroni a sedersi al tavolo delle trattative, le otto ore di sciopero proclamate (!) sono state portate avanti spezzandole in due blocchi di quattro ore effettuate nell’arco di due mesi.
Le manifestazioni che le hanno accompagnate non sono state per nulla costruite coinvolgendo la base operaia e, come se non bastasse, ai lavoratori delle fabbriche più combattive, dove hanno prolungato la prima giornata di sciopero a otto ore, è stato “imposto” di non scioperare durante la seconda giornata perché avevano già “consumato” tutto il pacchetto di ore proclamate!
In una fase in cui il carovita erode i salari, già è ridicola e insufficiente la rivendicazione di 280 euro di aumento! Se questo è il livello della mobilitazione che intendono mettere in campo Fiom, Fim e Uilm non se ne porterà a casa neanche uno!

La sfida è non mollare l’osso della mobilitazione, spingere la base operaia a continuare a fare pressione sui dirigenti sindacali per rilanciare in grande stile la lotta per il contratto!

Il carovita morde sempre più, il salario vale sempre meno. È ora di riprendere ciò che spetta ai lavoratori che da trent’anni campano con i salari più bassi d’Europa.

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