Pubblichiamo il comunicato che annuncia la nascita di “Fare rete”. Invitiamo ad aderirvi e a contribuire al suo consolidamento e crescita.
“Fare rete” contro la repressione politica e sindacale sui luoghi di lavoro
“Fare rete” è un comitato costituito da lavoratori e lavoratrici, delegati e Rls colpiti dalla repressione aziendale con l’obiettivo di condividere con altri lavoratori e lavoratrici esperienze di lotta e organizzazione, conoscenze e strumenti per difendersi dalla repressione padronale e per cominciare a passare dalla difesa all’attacco.
La fase di profonda crisi del capitalismo spinge i padroni, da una parte, a trasferire sempre più la loro attività nella sfera finanziaria o nella produzione di armamenti, nelle grandi opere speculative e nel turismo predatorio, lasciando andare a scatafascio le aziende, chiudendole e delocalizzandole, dall’altra, nelle aziende che tengono in funzione, a premere sull’acceleratore dello sfruttamento, a rimuovere le misure di sicurezza considerate costosi ostacoli al profitto, ad aumentare i ritmi e la produttività, a ricorrere sempre più a lavoratori precari e quindi più ricattabili.
A ciò va aggiunto il governo Meloni, che ha dichiarato apertamente che intende lasciare le mani libere ai padroni di “lavorare”, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi: dismissione delle fabbriche ex Fiat e di interi settori produttivi come la Siderurgia e l’Elettrodomestico, stragi di lavoratori come quelle del deposito Eni e del cantiere Esselunga a Firenze (la lotta per la sicurezza è fra le prime cause di licenziamento), la compressione dei salari e la cancellazione dei diritti.
Il licenziamento individuale per motivi politico-sindacali è uno degli strumenti più efficaci di cui dispone il padronato per cercare di depotenziare le lotte e i conflitti all’interno delle aziende. I padroni licenziano delegati, Rls, lavoratori combattivi, ma anche quelli che soltanto “si permettono” di eccepire, magari in modo estemporaneo, su questioni legate al rispetto delle leggi e del contratto di lavoro oppure li sanzionano, li mobbizzano e li spostano in reparti confino per scongiurare il rischio che “contagino” altri lavoratori e li trascinino a opporsi alle manovre e ai soprusi.
I padroni e le loro autorità infatti fanno passi avanti nello sfruttamento, nella riduzione del personale, nelle chiusure solo man mano che riescono a seminare tra i lavoratori l’idea che non c’è niente da fare, a convincere anche i meno docili che l’unica cosa che resta da fare è sperare di essere tra i meno colpiti, a isolare i più ribelli. La forza dei padroni sta principalmente nel fatto che i lavoratori mancano di un’organizzazione ramificata e salda, di un orientamento giusto e unitario, di una direzione decisa a vincere. Ma tutte queste cose possiamo costruirle.
Intendiamo quindi avviare una campagna 1. di denuncia degli attacchi repressivi che si contano in modo quotidiano e numerosi da un capo all’altro del paese, 2. di solidarietà con tutti coloro che sono colpiti, a prescindere dalla tessera sindacale, 3. di confronto e coordinamento per condividere strumenti ed esperienze di lotta come le sentenze vittoriose, i contatti di avvocati, i metodi, gli insegnamenti e gli appigli che si sono rivelati vincenti, 4. di organizzazione e di mobilitazione collettiva.
Comprensibilmente, questi licenziamenti non trovano spazio nei media mainstream, che spesso tendono a nascondere queste notizie o a derubricarle come licenziamenti per giusta causa, quindi uguali a tutti gli altri.
Il licenziamento politico-sindacale, piuttosto che i provvedimenti disciplinari comminati per lo stesso motivo, non possono essere risolti esclusivamente all’interno dei tribunali, dove, tra l’altro, spesso i ricorsi vengono rigettati con ingenti spese legali accollate al singolo lavoratore a favore del padronato. Devono essere affrontati anche e soprattutto all’interno del movimento operaio e della società. Serve, quindi, un’importante campagna di sensibilizzazione a livello nazionale che tenga conto dei quotidiani episodi di repressione politico-sindacale, che denunci questi abusi e che racconti anche le storie delle vittorie dei lavoratori, soprattutto quando queste sono frutto della mobilitazione, della solidarietà operaia e popolare, dell’incalzo senza tregua alle istituzioni e anche alle organizzazioni sindacali.
Serve mettere in rete tutte le esperienze accumulate finora per metterle a disposizione delle tante vertenze operaie.
Il comitato “Fare rete” è a disposizione per sviluppare questo lavoro.
La repressione aziendale è una questione collettiva e non deve essere più ridotta a “disgrazia” e a questione individuale, dobbiamo organizzare e mobilitare la forza che hanno i lavoratori quando sono uniti, agiscono con una linea giusta e all’altezza della situazione. Sicuramente è un compito non facile, ma è di primaria importanza per il futuro dei più giovani, per la tutela dell’apparato produttivo del paese, per la difesa dei diritti e delle conquiste strappate con la Resistenza e poi negli anni Settanta con la lotta dei Consigli di Fabbrica.
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