Contro lo scetticismo, la sfiducia e il “sarebbe bello, ma non è possibile”

Lotta di classe!

Sempre meno le masse popolari e i lavoratori si sentono rappresentati nel sistema politico del nostro paese e in effetti non lo sono. Anzi, mentre cercano la strada per far fronte al disastroso corso delle cose, sono progressivamente emarginati dalle “liturgie” del teatrino della politica borghese: possono partecipare alla farsa elettorale solo passivamente e in modo sempre più marginale, limitati da leggi e regolamenti. Infatti l’astensionismo dilaga a ogni tornata elettorale.
Intanto, però, le cose peggiorano. Gli effetti della crisi generale del sistema capitalista si aggravano, la Terza guerra mondiale si allarga, cresce la devastazione dell’ambiente, la precarietà dilaga, la coesione sociale si frantuma e i diritti che solo qualche anni fa sembravano “acquisiti” e intoccabili oggi vengono smantellati.

Sempre più le masse popolari e i lavoratori si sentono dispersi, disgregati, disorganizzati. E, in effetti, lo sono. Tuttavia, non è vero che “la lotta di classe è finita e l’hanno vinta i padroni”: la lotta di classe c’è, ma deve salire di tono per arginare l’iniziativa dei padroni, devono salire di tono le iniziative degli organismi di base operai e popolari e le lotte dei sindacati di base e alternativi. Se salgono di tono, allora saranno spinte – e costrette – a muoversi anche le organizzazioni sindacali confederali e quei pezzi di “società civile” che si portano appresso.
Sono essenzialmente due i motivi che ostacolano lo sviluppo della lotta di classe: il primo è la difficoltà, da parte degli stessi promotori, a individuare lo sbocco politico unitario per le mobilitazioni e le lotte e il secondo è la dilagante sfiducia che tale sbocco sia possibile e alla portata delle masse popolari. Ovviamente i due aspetti sono legati.
La sfiducia nella forza e nelle possibilità delle masse popolari ostacola la definizione di uno sbocco politico unitario per la mobilitazione e la lotta di classe; la mancanza di un obiettivo politico definito, concreto – e realizzabile – alimenta la disgregazione, taglia le gambe agli slanci e inficia la combattività, cioè ostacola lo sviluppo della lotta di classe.

Noi sosteniamo che per far salire di tono la lotta di classe è necessario definire un obiettivo politico unitario e di prospettiva per le mobilitazioni operaie e popolari che sono già in corso, quali che siano le motivazioni particolari per cui sono in corso. Tale obiettivo è la costituzione del Governo di Blocco Popolare. E sosteniamo che perseguendo quell’obiettivo le mobilitazioni già in corso saliranno di tono e coinvolgeranno anche settori delle masse popolari e di lavoratori che oggi ancora non si mobilitano. Lo faranno perché porsi e porre un obiettivo di conquista e di prospettiva è più mobilitante e coinvolgente che limitarsi a parare alla meglio i colpi del nemico.
Sosteniamo che le manovre e le iniziative che il governo Meloni e le Larghe Intese adottano per estromettere le masse popolari dalle decisioni politiche possono e devono essere aggirate portando le organizzazioni operaie e popolari a occuparsi direttamente di politica, di governo dei territori e di governo del paese.
Quanto più le iniziative e le mobilitazioni delle organizzazioni operaie e popolari risponderanno all’esigenza di affermare gli interessi di tutte le masse popolari a discapito degli interessi delle élites tanto più la lotta di classe sarà strumento di governo dei territori e del paese, oltre che essere – e prima di essere – strumento di rivendicazione o di protesta.
Noi sosteniamo che per spingere il paese su binari diversi da quelli che oggi sono imposti dalle élites, bisogna portare il paese a essere gestito da un governo di emergenza delle organizzazioni operaie e popolari.

Quando esponiamo la nostra linea e i nostri obiettivi, quando facciamo propaganda del Governo di Blocco Popolare, raccogliamo sistematicamente un generico consenso (sarebbe giusto, sarebbe bello, ci vorrebbe proprio questo), combinato a una montagna di scetticismo e di sfiducia (le formule più gettonate sono “non ci sono le condizioni”, “le masse non lottano più come una volta”). E questo anche – ma forse è meglio dire soprattutto – da parte di lavoratori e lavoratrici, compagni e compagne, elementi delle masse popolari che sono già attivi e, in certi casi, promotori e protagonisti della lotta di classe in corso.
È a tutte queste persone che, idealmente, ci rivolgiamo, a tutti coloro con i quali condividiamo iniziative, mobilitazioni, partecipazione agli scioperi e alle manifestazioni, campagne politiche e battaglie, benché i referenti di questo ragionamento siano effettivamente più ampi.

Non vi chiediamo di avere fede in noi e in quello che diciamo e facciamo. Non cerchiamo di convincervi che abbiamo ragione e voi torto sulla base del vostro scetticismo e della vostra sfiducia rispetto alla linea del Governo di Blocco Popolare. Vi chiamiamo a prendere misure concrete per conquistare una maggiore fiducia in voi stessi e nelle masse popolari; una maggiore fiducia in ciò che fate e nella forza delle masse popolari.
Perché ciò che rende difficile OGGI il cambiamento del sistema politico italiano, che ostacola lo sviluppo della lotta per imporre il Governo di Blocco Popolare, NON è la forza (solo supposta) dell’attuale classe dirigente e del suo sistema di potere, ma lo scetticismo e la sfiducia che dilagano fra coloro che hanno l’interesse e la forza di imporre quel cambiamento. Superare la sfiducia, il disfattismo e l’attendismo è fra i compiti principali dei comunisti, dei lavoratori e dei giovani di avanguardia.

Le immagini che vengono dalla Striscia di Gaza, rasa al suolo dai sionisti, con le masse popolari e le organizzazioni della Resistenza palestinese che “risorgono” dalle macerie, dovrebbero far riflettere sulla potenza che le masse popolari esprimono quando hanno alla testa organizzazioni decise a vincere

Misure concrete e dove trovarle

1. Riprendiamo il ragionamento sulla necessità di sostenere tutte le iniziative che contribuiscono a far salire di tono la lotta di classe, indipendentemente da chi le promuove.
È un argomento che abbiamo trattato anche nel numero 1/2025 di Resistenza (nell’articolo “Questioni di metodo”) e che abbiamo trattato in lungo e in largo nella nostra letteratura: esso attiene alla linea di massa, il cui uso non riguarda affatto solo il P.Carc, benché nel P.Carc si facciano grandi sforzi per conoscerla, studiarla e applicarla sistematicamente.
Una misura concreta è porsi coscientemente l’obiettivo di valutare quali sono le tendenze avanzate nel movimento delle masse popolari e sostenerle, rafforzarle, indicarle come esempio ad altri, emularle, replicarle ed estenderle anche se sono promosse da organismi, organizzazioni e partiti con cui non ci sono affinità o con cui esistono divergenze di analisi e linea e talvolta persino “ostilità”.
È un atteggiamento serio e responsabile cimentarsi nell’uso della linea di massa e fare il bilancio di ciò che si è fatto, che si è imparato e ottenuto prima di concludere che “non si muove niente”, “nessuno fa niente”, “quello che fanno gli altri è tutto sbagliato”.

2. Data la crisi politica che imperversa, la rottura del sistema politico delle Larghe Intese attraverso la costituzione di un governo di emergenza popolare è un’esigenza oggettiva, non una trovata propagandistica. Il grosso delle iniziative e delle mobilitazioni in corso offre varie dimostrazioni di ciò, a partire dal fatto che esse sono tutte classificabili in due categorie.
Esistono mobilitazioni, iniziative, battaglie che vanno già nella direzione del Governo di Blocco Popolare – spingono in quel senso e fanno emergere quella necessità – anche se i loro promotori non ne sono consapevoli o non sono d’accordo.
Ne sono esempio le crescenti rivendicazioni politiche che stanno nelle piattaforme dei sindacati di base, le mobilitazioni inquadrate ne “La via maestra” promosse dalla Cgil (ad esempio per la difesa della sanità pubblica o per l’attuazione della Costituzione del 1948); la lotta degli operai della ex Gkn (che sono arrivati a scrivere una legge contro le delocalizzazioni e hanno chiaro sia che la vertenza può essere risolta solo sul piano politico – “mobilità sostenibile” – sia che nessuna azienda può salvarsi da sola, senza mettere mano alla salvaguardia dell’apparato produttivo); le mobilitazioni studentesche contro le riforme Valditara e Bernini; le mobilitazioni contro il genocidio sionista in Palestina.
Anche la Controfinanziaria della Rete Sbilanciamoci è una manifestazione della spinta spontanea verso il Governo di Blocco Popolare: la legge finanziaria alternativa a quella imposta dalle Larghe Intese ci sarebbe già, quello che manca è il governo che la attua!
La questione, dunque, non è che “non ci sono le forze” per imporre il Governo di Blocco Popolare, la questione è assumersi la responsabilità di includere in questa prospettiva iniziative e mobilitazioni che altrimenti rimarrebbero fini a se stesse. Chiaro che lamentarsi a posteriori che rimangono fini a se stesse lascia il tempo che trova. Non solo.

Esistono mobilitazioni, iniziative, battaglie che alimentano la crisi del sistema politico delle Larghe Intese e che possono andare nella direzione del Governo di Blocco Popolare solo se si interviene coscientemente per farle confluire verso quell’obiettivo. Esempio emblematico sono le elezioni borghesi e le campagne referendarie.
Non ha alcun senso partecipare alle elezioni – e neppure astenersi e/o fare propaganda per l’astensione – senza legare l’intervento alla mobilitazione per alimentare la lotta per il Governo di Blocco Popolare approfittando delle contraddizioni che le elezioni, qualunque esse siano, aprono nel sistema politico.
Discorso simile riguarda la partecipazione a quelle che i settori più militanti definiscono “le passeggiate della Cgil” e le manifestazioni che, nonostante la crisi della sinistra borghese, continuano a essere rappresentative della tradizione antifascista che anima le masse popolari.
Effettivamente non ha alcun senso partecipare per “fare numero” e tanto meno per “portare acqua al mulino dei promotori”, ha invece molto senso partecipare con l’obiettivo di sfruttare tutte le contraddizioni che aprono le manifestazioni “contro il razzismo del governo Meloni e le sue misure securitarie” indette dai vertici razzisti del Pd, quelle “contro il fascismo” indette dai promotori della pacificazione e del revisionismo storico, quelle “per la pace” indette dai trafficanti di armi e dai guerrafondai. Contraddizioni che solo chi vuole rovesciare il sistema politico delle Larghe Intese può – e DEVE – usare.

Succedono cose che non dovrebbero succedere

Alzare di tono le mobilitazioni, le iniziative e le lotte promosse dagli organismi operai e popolari è una necessità per alzare di tono la lotta di classe ed elevare la coscienza, l’organizzazione e la combattività delle masse popolari.
Il governo Meloni tratta con i guanti bianchi gli Agnelli -Elkann, che stanno ricattando lo Stato (finanziamenti pubblici o chiusura di Stellantis) e prolunga di qualche anno ancora la morte lenta degli stabilimenti ex Fiat, prendendo in giro decine di migliaia di operai e le loro famiglie. È una cosa che succede sotto i nostri occhi. E che non deve più succedere.
Le manovre per aumentare l’impunità per le forze dell’ordine – ad esempio con l’introduzione di uno scudo penale – nell’ottica di facilitare la repressione delle masse popolari e aumentare gli strumenti di pressione, oppressione e intimidazione si svolgono sotto i nostri occhi. Proprio mentre invece servono misure straordinarie per arginare la precarietà e la povertà dilaganti, per garantire a ogni adulto un lavoro dignitoso e a ogni famiglia quanto serve per vivere.
Il sostegno delle autorità e delle istituzioni italiane al genocidio in Palestina, come anche la persecuzione contro chi si è mobilitato e si mobilita contro il sionismo (con tanto di linciaggio mediatico che equipara l’antisionismo all’antisemitismo e inchieste e arresti per “terrorismo islamico” che sono vere e proprie montature giudiziarie) si svolgono sotto i nostri occhi, così come i finanziamenti alla guerra in Ucraina, la militarizzazione delle scuole e della società intera.
Vediamo personaggi lugubri, speculatori, infami, sfruttatori, profittatori, ladri, assassini e farabutti di ogni risma sfoggiare ricchezze e pontificare; si sentono intoccabili, siedono in parlamento, nei ministeri, nei consigli di amministrazione di aziende pubbliche e private, vivono di privilegi e impunità, promuovono odio razzista e classista.
Lo fanno tutti i giorni, sotto i nostri occhi e non temono nessuna conseguenza, perché la legalità borghese è dalla loro parte, è fatta per proteggerli, non per condannarli.
Succedono cose che non devono succedere e per non farle succedere è necessario che le organizzazioni operaie e popolari diventino la principale forza di governo del paese.

Costruire le condizioni per il Governo di Blocco Popolare

Riuscire a costituire e imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate non riguarda affatto la disponibilità delle Larghe Intese a “lasciar fare”, ma il lavoro sulle condizioni necessarie per instaurarlo. Costituirlo e imporlo è possibile a patto

1. che il Governo di Blocco Popolare diventi un obiettivo cosciente per un numero via via maggiore di organismi operai e popolari;

2. che nascano nuove organizzazioni operaie e popolari oltre a quelle che già esistono, che si moltiplichino e si rafforzino;

3. che le organizzazioni operaie e popolari già esistenti e quelle che via via nasceranno si coordinino tra loro (dando vita a coordinamenti nazionali, regionali e locali) per assumere un ruolo politico nella gestione e nel governo dei territori;

4. che l’attività e la mobilitazione degli organismi operai e popolari contribuiscano ad alimentare dal basso l’ingovernabilità del paese, che già si sviluppa dall’alto come effetto della crisi politica.

Se il Governo di Blocco Popolare non diventa un obiettivo perseguito coscientemente dalle forze del movimento comunista e rivoluzionario, la costruzione di organismi operai e popolari e il loro coordinamento rimangono “zoppi”, limitandosi alla lotta rivendicativa e alla protesta. Ma se il Governo di Blocco Popolare rimane un obiettivo astratto o una parola d’ordine slegata dall’attività pratica degli organismi operai e popolari, allora rimane una parola d’ordine vuota.
Per costringere le Larghe Intese a ingoiare il Governo di Blocco Popolare bisogna rendere ingovernabile il paese ai loro governi, alle loro istituzioni e alle loro autorità con

1.la diffusione della disobbedienza e dell’insubordinazione alle autorità e alle istituzioni della classe dominante;
2. le attività del “terzo settore”, come le attività di produzione e distribuzione di beni e servizi, organizzate su base solidaristica locale;
3. l’appropriazione organizzata di beni e servizi (espropri, “io non pago”, ecc.) che assicura a tutta la popolazione i beni e i servizi a cui la crisi blocca l’accesso;
4. gli scioperi e gli scioperi alla rovescia, principalmente nelle fabbriche e nelle scuole;
5.le occupazioni di fabbriche, di scuole, di stabili, di uffici pubblici, di banche, di piazze, ecc.;
6. le manifestazioni di protesta e il boicottaggio delle attività delle pubbliche autorità;
7. il rifiuto organizzato di pagare imposte, ticket e mutui;
8. lo sviluppo – sul terreno economico, finanziario, dell’ordine pubblico, ecc. – di azioni autonome dal governo centrale da parte delle Amministrazioni locali sottoposte alla pressione delle masse e sostenute dalla loro mobilitazione. Ogni Amministrazione locale è un centro di riferimento e di mobilitazione delle masse, dispone di impiegati e di esperienza, di locali, di soldi e di strumenti: tutte armi importanti per organizzare lo sforzo unitario necessario per far fronte agli effetti della crisi, in primo luogo per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”.

***

Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale. Nessuna azienda deve essere chiusa.
Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato.
Eliminare attività e produzioni inutili o dannose, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti.
Riorganizzare tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la partecipazione universale dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.

Queste sono le misure generali che raccolgono e combinano tutte le principali rivendicazioni dei lavoratori e delle masse popolari. La loro attuazione non cade dal cielo e non ci sarà “regalata” da nessun governo delle Larghe Intese.
Per la loro attuazione serve il Governo di Blocco Popolare.

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