Prima assemblea nazionale dei giovani del P.Carc. Intervista a Chiara Pastacaldi

Il 23 febbraio si svolgerà a Firenze la prima assemblea nazionale dei giovani del P.Carc.
L’iniziativa è, contemporaneamente, il risultato dell’intervento che il Partito ha svolto nel corso degli ultimi anni fra i giovani delle masse popolari, in particolare studenti, e l’occasione per estendere e approfondire l’intervento.
Abbiamo intervistato Chiara Pastacaldi, membro della Direzione Nazionale e Responsabile Nazionale del Lavoro Giovani.

Partiamo dalla decisione di organizzare la prima assemblea nazionale dei giovani…
Anzitutto, la situazione oggettiva in un certo senso richiede un’iniziativa del genere. Se guardiamo all’anno che si è appena concluso è ben visibile il ruolo assunto dagli studenti e dai giovani in generale nella lotta di classe: l’Intifada studentesca, in solidarietà con il popolo palestinese, si è combinata con le lotte contro le riforme della scuola di Valditara e dell’università della Bernini. Quel sommovimento è confluito nella lotta contro il ddl 1660 perché le misure repressive che il governo Meloni cerca di imporre riguardano anche il movimento studentesco e giovanile.
Il fermento con cui si è chiuso il 2024 caratterizza anche l’inizio del 2025, basti vedere le manifestazioni che in varie città hanno riversato nelle strade la rabbia dei giovani per l’omicidio di Ramy, a Milano.
Poi c’è anche un aspetto più soggettivo, che riguarda il P.Carc. L’intervento fra gli studenti e i giovani proletari si è sviluppato e praticamente in tutte le Federazioni esiste un’attività – più e o meno continuativa, a seconda delle zone – di propaganda nelle scuole e nelle università.
L’esposizione mediatica degli ultimi mesi [riferimento agli sviluppi della pubblicazione dell’Avviso ai Naviganti n. 145 del (n)PCI, presentato dai media come “liste di proscrizione di sionisti” – ndr], benché l’intento dei media fosse la criminalizzazione della Carovana del (n)Pci e del P.Carc, ha ottenuto il risultato opposto e molti giovani si sono incuriositi e avvicinati. Abbiamo giovani membri che hanno costruito collettivi studenteschi o che sono attivi in collettivi promossi da altri… insomma, con questa assemblea puntiamo a fare “un salto”.

È un’assemblea aperta solo ai membri del P.Carc o è rivolta anche all’esterno?
È un’assemblea che ha più referenti. È rivolta ai giovani membri del Partito, nel senso che negli ultimi anni abbiamo fatto varie riunioni on line, ma non è stato possibile vedersi appositamente per discutere fra i giovani del Partito. Però è un’assemblea che guarda anche all’esterno: sia a quei giovani che già si sentono comunisti sia a quelli che, più “semplicemente”, si mobilitano e cercano una strada per cambiare il corso delle cose, perché si rendono conto che la società così com’è non va bene.

Perché un giovane o una giovane comunista dovrebbe partecipare all’assemblea se non è membro o simpatizzante del P.Carc?
Beh, io credo che anche solo l’occasione di conoscere l’analisi e la linea di un partito comunista che, ad esempio, ha fatto un bilancio scientifico della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria e del movimento rivoluzionario degli anni Settanta possa essere motivo di attenzione e interesse per chi ha la falce e il martello nel cuore…
Inoltre penso che l’assemblea sia un’occasione per toccare con mano la qualità del dibattito che si sviluppa fra organizzazioni comuniste diverse, per mettere sul piatto le problematiche comuni e trovare soluzioni comuni.

Quindi l’assemblea è aperta anche ad altre organizzazioni?
Sì, esatto. Stiamo invitando anche collettivi studenteschi, organismi giovanili con i quali sviluppiamo collaborazioni sui territori e anche organismi giovanili di altri partiti del movimento comunista.
Questo perché come P.Carc non ci sentiamo e non ci poniamo in concorrenza con le altre organizzazioni del movimento comunista. Al contrario, vogliamo instaurare una politica da fronte: dibattito franco aperto sulle questioni ideologico-politiche, anche e soprattutto su quelle rispetto a cui non c’è unità – altrimenti saremmo nello stesso partito comunista –, ma anche unità d’azione sulle questioni importanti e concrete e, infine, reciproca solidarietà contro la repressione.
Stiamo già collaborando con organizzazioni giovanili del movimento comunista all’interno di collettivi studenteschi, stiamo unendo le forze per organizzare i giovani delle scuole superiori, cerchiamo di sviluppare un dibattito su come organizzare i giovani, su come fare propaganda del socialismo… Quindi da parte nostra c’è la massima apertura.

Perché il P.Carc non ha una giovanile, ma un settore di lavoro?
Partiamo dal presupposto che non siamo contrari a priori alle giovanili di partito, ma non pensiamo che la questione principale per il nostro Partito, oggi, sia creare una giovanile. Crediamo che la cosa principale, e a questo è dedicato il settore Lavoro Giovani del P.Carc, sia integrare pienamente tutti i membri, anche i giovani e giovanissimi, nella lotta politica, nel far marciare la nostra linea politica.
Tradotto nello specifico intervento sui giovani delle masse popolari, ciò significa la nascita di collettivi studenteschi in ogni scuola e università, organismi che si rafforzino, facciano rete e si coordinino con organismi operai e popolari. Noi vediamo oggi in questi organismi quegli embrioni del nuovo potere che in Russia furono i soviet.
A noi interessa innanzitutto marciare su questa linea e promuoviamo il protagonismo giovanile nell’attuazione di questa linea. Non serve una giovanile per questo. I giovani del P.Carc fanno politica, si formano, diventano dirigenti del movimento popolare e dirigenti di partito nel Partito stesso.
Le giovanili dei partiti e delle organizzazioni del movimento comunista possono essere protagoniste di questo processo, ci poniamo proprio l’obiettivo di valorizzare il lavoro importante che fanno perché crediamo che l’obiettivo comune deve essere politico: imporre un governo di emergenza popolare come strada per avanzare nella rivoluzione socialista in Italia. Non portare i giovani solo a rivendicare al governo Meloni o un altro governo delle Larghe Intese, ma indirizzarli e spronarli nella lotta per imporre un governo di emergenza popolare. In questo le giovanili che esistono possono avere un ruolo prezioso.

La borghesia imperialista lavora molto per alimentare contraddizioni in settori delle masse popolari, come se fossero contraddizioni di classe. La contraddizione generazionale (giovani contro vecchi) è da sempre utilizzata per omettere quella di classe, come se il problema di chi dirige la società sia giovani contro vecchi anziché la lotta fra la classe operaia e le masse popolari, da una parte, e la borghesia imperialista, dall’altra. Questo argomento è emerso nel lavoro di preparazione dell’assemblea?
La questione esiste ed è bene ricordare sempre che la contraddizione principale è quella tra proletariato e borghesia imperialista. Detto questo, è chiaro che all’interno della nostra classe esistono anche contraddizioni secondarie, che vanno senz’altro lette nell’ottica di classe: quella fra giovani e adulti è una, quella fra uomo e donna è un’altra.
Anche quelle secondarie sono contraddizioni importanti, tant’è vero che per mettervi mano il modo migliore è quello di favorire l’assunzione di un ruolo da protagonista nella lotta di classe da parte dei giovani, delle donne, ecc.
Mettere le mani in pasta nella lotta di classe è davvero l’unico modo efficace per evitare che le contraddizioni secondarie – che sono sempre concrete – diventino antagoniste e alimentino la guerra fra poveri: “giovani contro vecchi”, “donne contro uomini”, ecc.
Nel P.Carc usiamo il principio della discriminazione positiva: a parità di competenze, dedizione alla causa e capacità fra un giovane e un adulto, nell’assunzione di ruoli viene favorito il giovane, stessa cosa con le donne.
Questo, pensiamo, sia il modo per riconoscere la doppia oppressione e trattarla in modo avanzato.
Talvolta emerge la questione di considerare i giovani una “categoria politica”, come se fossero una classe. È una concezione che depotenzia il ruolo rivoluzionario che in realtà i giovani hanno. E questo emerge anche dalla storia: solo lottando fianco a fianco alla classe operaia gli studenti sono soggetti rivoluzionari…

All’inizio dell’intervista hai richiamato, fra le mobilitazioni, quelle contro l’omicidio di Ramy, il ragazzo ammazzato dai carabinieri a Milano. Grande criminalizzazione “perché non si era fermato a un posto di blocco, era un ladro”, ecc. Le manifestazioni con gli striscioni “vendetta per Ramy” hanno cercato di portare la rabbia sotto le caserme e i commissariati a Torino, a Bologna, a Roma, ma grandi manifestazioni ci sono state anche a Milano.
Come può attecchire il messaggio, la linea, la prospettiva di cui i comunisti sono promotori in contesti in cui i giovani o sono carne da macello, carne da cannone, oppure sono abbandonati a se stessi, a forme di ribellione del tutto legittime, ma prive di sbocchi positivi? Avete fatto una riflessione su questo?
Questa è la nostra sfida. È la sfida dei comunisti, ma in particolare di noi giovani comunisti che abbiamo coscientemente deciso di legarci al movimento comunista proprio per la prospettiva che offre, non che promette.
È la prospettiva più luminosa, l’unica positiva che esiste per i giovani proletari, ed è alla portata di tutti, a condizione di riuscire a incanalare la rabbia nell’organizzazione, di trasformare la rabbia che tutti i giovani proletari provano di fronte al fatto che niente va bene in mobilitazione costruttiva e rivoluzionaria, legandosi al movimento comunista.
La storia ci offre tantissimi esempi: nella Resistenza per liberare il nostro paese dal nazifascismo, ma anche prima, con la fondazione del Partito Comunista stesso, poi nel movimento rivoluzionario degli anni Settanta…
La prospettiva che mettiamo sul piatto è quella di unirsi al movimento comunista per fare dell’Italia un paese socialista, perché in definitiva è nel socialismo che i giovani potranno avere un ruolo positivo all’interno della società e quindi potranno realizzare quelle che sono le loro aspirazioni e dispiegare positivamente tutte le loro energie. Quindi sì, la nostra sfida è proprio questa. Alla fine si tratta di contendere alla borghesia la direzione della mobilitazione spontanea dei giovani delle masse popolari, mobilitazione che esiste indipendentemente da noi, per incanalarla nel fiume della mobilitazione rivoluzionaria, strappandola alla mobilitazione reazionaria.

Se il movimento comunista del nostro paese non prende forza da quelli che oggi sono i giovani proletari delle masse popolari, se quelli che hanno già la falce e martello nel cuore non si mettono nella condizione e non si pongono l’obiettivo di conquistarne altri alla stessa causa, possiamo parlare quanto vogliamo di rinascita del movimento comunista, ma alla fine non usciamo dal nostro cerchio ristretto, non credi?
Si è così. E con l’assemblea vogliamo proprio contribuire a superare lo scetticismo che viene promosso su ampia scala dalla classe dominante fra i giovani. Superare lo scetticismo e fare il passo di legarsi al movimento comunista. È chiaro che niente nasce grande e forte, quindi anche il nostro partito si deve rafforzare.
Facciamo un appello ai giovani affinché contribuiscano a farlo crescere e a portare ovunque le nostre parole d’ordine perché vogliamo arrivare in tutte le scuole del nostro paese, in tutte le università e per farlo servono giovani che si cimentano, che impegnano le loro energie per la riscossa della classe operaia e delle masse popolari attraverso la linea che abbiamo elaborato e che sottoponiamo alla verifica e alla sperimentazione pratica di chiunque vuole cimentarsi in quest’opera. Un’opera grandiosa, ma anche nuova, perché la rivoluzione socialista in un paese imperialista come l’Italia non è mai stata fatta.

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