Fascisti, polizia e mobilitazione popolare. Cosa succede a Brescia?

Non abbiamo sufficienti elementi per parlare apertamente di Brescia come di un laboratorio di mobilitazione reazionaria, ma nel corso degli ultimi mesi si sono combinate due tendenze ben evidenti: da una parte un particolare attivismo delle organizzazioni neofasciste e razziste, che praticamente almeno due volte al mese manifestano nelle strade della città (e intervallano le manifestazioni anche con azioni squadristiche), dall’altra un particolare attivismo repressivo della questura e dei carabinieri contro le mobilitazioni organizzate, ma anche contro singoli cittadini che espongono bandiere palestinesi dalle finestre, come successo a Salò, in provincia.
Quello che succede a Brescia è parte di un andazzo più complessivo: repressione sempre più dispiegata (vedi istituzione delle zone rosse nelle città, proposte di scudo penale per le forze dell’ordine, ecc.) e promozione della guerra fra poveri.

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Il 13 dicembre hanno manifestato 300 fascisti (venuti anche da fuori provincia, in particolare dal Veneto) in una zona della città individuata come degradata.
A scoppio ritardato, la sindaca Castelletti (centro-sinistra) si è mostrata “indignata” e ha contribuito a promuovere un presidio antifascista “semi-istituzionale” che si è svolto il 20 dicembre e a cui hanno aderito anche Anpi e Cgil, oltre che, con alcune riserve, svariate realtà del movimento bresciano.
L’ipocrisia dell’antifascismo padronale della giunta Castelletti è ben evidente: da più di tre anni alcune piazze centrali della città sono proibite alle manifestazioni (con la scusa di non disturbare le attività commerciali), tranne, come in questo caso, per quelle promosse dalla giunta stessa o dai suoi lacchè.
I fascisti hanno rilanciato con l’organizzazione di un “aperitivo tricolore” nella centrale Piazza Vittoria, per il tardo pomeriggio del 28. Stavolta gli antifascisti si sono mossi in anticipo, organizzando un presidio nella stessa piazza. La questura ha imposto lo spostamento dell’aperitivo fascista in un’altra zona della città e pretendeva di proibire anche il presidio degli antifascisti, mettendo sullo stesso piano le due mobilitazioni. L’Anpi provinciale e la Cgil le hanno retto il sacco, si sono dissociati dalla mobilitazione e hanno intimato ai loro iscritti di non partecipare al presidio antifascista.
Il divieto di manifestare è stato però respinto al mittente. Almeno mille persone si sono radunate in Piazza Vittoria, piena di celere e digos che hanno da subito iniziato le provocazioni per impedire l’esposizione di striscioni.
I manifestanti hanno tenuto la barra dritta, mantenendo la piazza e impedendo con determinazione il sequestro degli striscioni, nonostante i calci negli stinchi e le manganellate della polizia. La mobilitazione si è conclusa con un corteo spontaneo nelle vie cittadine.

Il 13 gennaio 2025 c’è stato il presidio di Extinction Rebellion, Ultima Generazione e Palestina Libera in solidarietà alla resistenza palestinese ai cancelli della fabbrica di armi Leonardo, dove si producono anche le bombe fornite all’esercito occupante israeliano e utilizzate nel genocidio di Gaza. I partecipanti al presidio sono stati fermati e trattenuti in questura per oltre sette ore e qui si sono verificati anche gli abusi: le manifestanti sono state costrette a denudarsi e a fare piegamenti sulle gambe (ufficialmente per accertare la presenza di oggetti nascosti).

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Il tentativo di intimidazione, per quanto odioso, non ha sortito gli effetti sperati: appena uscite le compagne hanno denunciato pubblicamente l’accaduto, con grande coraggio e determinazione; la loro denuncia ha portato alla ribalta nazionale il caso e, più in generale, la condotta della questura bresciana.
Per condannare gli abusi dei questurini, la sindaca Castelletti, l’Anpi e la Cgil non hanno dimostrato la stessa rapidità e lo stesso zelo usati per condannare gli antifascisti che hanno manifestato il 28 dicembre. Le loro scarse e timide dichiarazioni sono state infarcite di “se” e “ma”.
Il 17 gennaio i fascisti hanno promosso un nuovo presidio serale presso un parco non lontano dalla sede cittadina del sindacato Usb, che per difendere la zona e la sua sede ha indetto un partecipato contropresidio.
Il giorno successivo, almeno 300 persone si sono radunate sotto la questura per protestare contro gli abusi compiuti la settimana precedente contro le attiviste fermate.
Il 24 gennaio si è svolto un consiglio comunale per discutere una mozione di condanna degli antifascisti che hanno manifestato il 28 dicembre, presentata dalla destra. La mozione è stata bocciata, ma ne è stata approvata un’altra, del centro-sinistra, che era comunque dello stesso contenuto e tenore. Durante la seduta è stata organizzata un’irruzione con striscioni e contestazioni rivolte sia a una che all’altra mozione.

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Brescia è già stata oggetto delle trame della Repubblica Pontificia. La strage di matrice fascista di Piazza della Loggia, nel 1974, ha colpito direttamente e duramente il movimento operaio.
Brescia è la città dove c’è uno storico movimento contro la base Nato di Ghedi, che è fra i principali promotori del Coordinamento Nazionale No Nato. Nella sua provincia, all’aeroporto civile di Montichiari, è attivo un gruppo di lavoratori che si oppongono al traffico di armi e per questo uno di essi, Luigi Borrelli, sta lottando anche contro la sospensione dal posto di lavoro. Nel tessuto produttivo locale è importante la produzione di armi: non solo Leonardo, ma anche Beretta, per fare un nome su tutti.
A Brescia esiste ancora un tessuto operaio capillare e ramificato, che ha delle punte avanzate in termini di capacità di mobilitazione. Lo sciopero generale del 29 novembre, per esempio, è stato ampiamente partecipato.
La città e la sua provincia sono fra le zone più inquinate d’Italia (il caso Caffaro con il pcb, l’inceneritore, discariche disseminate sul territorio, la Terra dei fuochi del nord ecc.) e sono attivi innumerevoli comitati ambientalisti.
Dopo il 7 ottobre 2023 le mobilitazioni in solidarietà con la resistenza palestinese sono state frequenti e nel corso del 2024 si è andato formando un coordinamento cittadino contro il ddl 1660, che ha portato a una manifestazione molto partecipata, il 7 dicembre scorso.
Gli avvenimenti che descriviamo non cadono quindi dal cielo, si inseriscono in una dinamica di attivismo e mobilitazione di cui la classe dominante vuole impedire lo sviluppo.
Dimostrano che quando qualcuno la promuove, la resistenza si sviluppa.
Dimostrano che lo slancio della mobilitazione del 5 ottobre a Roma, quando migliaia di compagni e compagne hanno fatto carta straccia dei divieti di manifestare imposti dal governo Meloni, si è propagato in tutto il paese e ha sostenuto la parte avanzata delle masse popolari nella lotta al legalitarismo.
Dimostrano che la repressione e la mobilitazione reazionaria arrivano quando la mobilitazione rivoluzionaria fa passi avanti. Ma dimostrano anche la necessità di definire uno sbocco politico più chiaro e definito, anche a livello cittadino.
Le Larghe Intese che governano il “sistema Brescia” sono unite, al di là della facciata, per perseguire a ogni costo gli interessi di padroni e speculatori e nel contrastare ogni slancio delle masse popolari, ogni forma di protesta, di organizzazione e ribellione. Poco importa, davvero, se oggi il Comune di Brescia è guidato dal polo Pd delle Larghe Intese: ricalca i passi del governo Meloni e per le masse popolari rappresenta un problema del tutto simile da rimuovere.

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