Reintegro di Simone Casella. Il 13 febbraio la sentenza d’appello

Pisa. La vertenza di Simone Casella è esemplificativa delle difficoltà e delle contraddizioni del maggior sindacato italiano, la Cgil, che ostacolano l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori.
La Cgil raccoglie milioni di lavoratori, molti dei quali disposti a mobilitarsi per recuperare terreno nei rapporti di forza con i padroni, ma anziché essere sostenuti e valorizzati dai dirigenti sindacali, sono liquidati e i più attivi mal tollerati, anche di fronte alle ritorsioni padronali. Come in questo caso.

Simone Casella è un compagno del P.Carc, ex-delegato Filcams Cgil nell’azienda di vigilanza Worsp a Pisa. È stato licenziato nel 2021 per la sua attività sindacale. Ha fatto ricorso, ma il Tribunale, con una sentenza “già scritta” (il giudice non ha tenuto minimamente conto della versione di Simone e delle testimonianze), nel febbraio del 2024 lo ha condannato: conferma del licenziamento e quasi 5 mila euro di spese legali da pagare.
Fino a quel punto, il sostegno della Cgil di Pisa a Simone si è limitato alla messa a disposizione dell’avvocato e poco più, mentre dopo la conferma del licenziamento è evaporato.
Per l’azienda – sostenuta dalla sentenza del Tribunale del lavoro di Pisa e incoraggiata dalla remissività dei vertici della Cgil – la questione era chiusa. E a cose normali lo sarebbe effettivamente stata, ma Simone, sostenuto dal P.Carc e da una rete di solidali che è andata allargandosi, non si è prestato a incassare il colpo passivamente.

Il 24 giugno si è svolto un incontro con i vertici pisani della Cgil alla Camera del Lavoro. Insieme a Simone erano presenti anche altri delegati e, fuori, un presidio di iscritti Cgil e altri lavoratori e lavoratrici da Pisa, Massa e Lucca.
Simone ha spiegato le motivazioni per cui la sentenza del Tribunale non poteva essere accettata: è una sentenza politica che colpisce un delegato esattamente perché svolge il suo compito e la sua funzione di delegato! E, a maggior ragione, non è accettabile neppure la linea remissiva della Cgil pisana: come fa il sindacato a ritenersi credibile se non è disposto neppure a difendere i suoi delegati?
La questione è semplice: la Cgil deve sostenere fino in fondo Simone nella lotta per il suo reintegro a livello sindacale, a livello politico e a livello economico e mettere al servizio della lotta tutti i suoi strumenti e le sue risorse. Sì, perché fare ricorso contro la sentenza di primo grado non è solo costoso, ma espone Simone al rischio di dover pagare ulteriori 14 mila euro di spese legali, nel caso in cui il ricorso non fosse accolto.
La Cgil che ha fatto? “In caso di condanna, valuteremo se e come intervenire”. Simone ha comunque deciso di fare ricorso. Il sostegno che non gli ha assicurato il sindacato per cui era delegato lo ha trovato in ciò che ha seminato durante la sua attività politica e sindacale, a partire da chi, senza “distinguo” e senza cercare scuse pretestuose per sottrarsi, ha già mostrato di sapere da che parte stare durante la prima fase della lotta per il suo reintegro: Rsu e Rls di aziende della Toscana e non solo (sia della Cgil che di sindacati di base), compagni e compagne che hanno sostenuto con una sottoscrizione economica o organizzando una cena, persone che letteralmente “ci hanno messo la faccia” con la campagna fotografica, persone che hanno firmato, che hanno partecipato ai presidi, ecc. Tutto questo ha alimentato la decisione di continuare la battaglia.

La sentenza del ricorso sarà emessa il 13 febbraio dal Tribunale di Firenze. Indipendentemente dall’esito, la mobilitazione per il reintegro di Simone è una piccola, ma significativa esperienza di mobilitazione dal basso in vari sensi.
È dal basso che si trovano le forze e il sostegno per ribellarsi a un’ingiustizia, come è stato il licenziamento di Simone.
È dal basso che si trovano le motivazioni per non rassegnarsi a un’ingiustizia, come è stata la sentenza di primo grado del Tribunale di Pisa.
È dal basso, sempre, che bisogna trovare la spinta e la motivazione per scuotere i vertici della Cgil, sospesi in un “mondo parallelo” per cui hanno risposto a Simone “se sosteniamo te, poi dobbiamo sostenere tutti” (Esatto! È proprio quello il ruolo del sindacato!).
È dal basso, infine, che continuerà a manifestarsi l’esigenza di organizzarsi e mobilitarsi per difendere ogni sindacalista, ogni delegato, ogni lavoratore che fa il suo lavoro, che fa gli interessi della sua classe. Bisogna attrezzarsi per dare l’unica risposta possibile a questa esigenza: organizzarsi, mobilitarsi e insorgere contro i padroni.

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