Si è concluso il 22 gennaio a Milano il processo a carico di Pablo Bonuccelli e Claudia Marcolini, accusati della scritta “Fontana assassino” che apparve nel maggio 2020 sui muri di Milano.
I compagni erano stati accusati sulla base della rivendicazione politica della scritta e per il tribunale di Milano “il fatto non sussiste”. In attesa delle motivazioni della sentenza, fra 90 giorni, una prima valutazione.
Quando la presenza della scritta divenne una notizia “da prima pagina” si andavano appena definendo le piene responsabilità della giunta regionale della Lombardia, capeggiata da Fontana, nella gestione dell’emergenza pandemica, benché fossero già note la decisione di non istituire la zona rossa nella provincia di Bergamo al principio della pandemia e l’ordinanza che disponeva il trasferimento degli anziani malati di Covid, dimessi dagli ospedali ma ancora positivi, nelle RSA.
Del resto, la gestione criminale della pandemia è un capitolo che per la legge borghese non si è neppure mai aperto: il Tribunale dei Ministri di Brescia, il 24 luglio 2023, ha archiviato per “insussistenza dei reati contestati” la posizione di tutti gli indagati , fra cui Fontana (e qualche giorno prima anche Conte – all’epoca Presidente del Consiglio – e Speranza – Ministro della sanità).
Quando la scritta comparve sui muri di Milano fu una voce che squarciava l’ipocrisia delle istituzioni e della autorità borghesi. Una verità di cui era proibita la divulgazione, infatti il circo dei media di regime e tutto il fronte dei partiti e degli esponenti delle Larghe Intese si sperticarono per condannare la scritta, i suoi autori e il suo contenuto e per esprimere solidarietà e vicinanza a Fontana. Fra i tanti spiccò il sindaco di Milano, Sala (cosa che alimentò altre scritte, fra cui “Fontana assassino, Sala Zerbino” per la quale c’è stato un altro processo recentemente conclusosi anch’esso con l’assoluzione degli imputati).
Nonostante l’intossicazione dell’opinione pubblica e la criminalizzazione (la scritta veniva presentata dai media come una minaccia e come un’istigazione alla violenza, addirittura i giornali riportarono la notizia che le indagini erano state affidate al pool antiterrorismo della Procura di Milano), la questione politica che una semplice scritta aveva sollevato emergeva dal fango del teatrino della politica borghese.
La Prefettura, la stampa, i politicanti borghesi e i loro leccapiedi avevano creato un caso che non riuscivano più a sgonfiare, ma che se non si fosse in qualche modo sgonfiato avrebbe rischiato di alimentare la ribellione e la mobilitazione delle masse popolari.
Il primo secchio di acqua sul fuoco lo ha gettato lo stesso Attilio Fontana che è stato saggiamente consigliato di non sporgere denuncia per la scritta. Tirandosi fuori da questa bolla mediatico/giudiziaria ha evitato il rischio di essere chiamato in causa nel processo – come i compagni imputati avevano già annunciato di voler fare. Il secondo secchio d’acqua lo hanno gettato “gli investigatori” che ci hanno messo più di due anni prima di notificare il rinvio a giudizio per Pablo e Claudia: erano sparite le accuse di terrorismo, era sparita l’istigazione a delinquere e alla violenza, non c’era traccia neppure di una generica “diffamazione” (mancando la denuncia di Fontana); il processo è stato istituito per imbrattamento.
La Procura di Milano ha trasformato un’inchiesta per terrorismo in un processo per imbrattamento per proteggere Fontana da quello che sarebbe emerso in un eventuale processo contro di noi! Infatti non saremmo rimasti composti e in silenzio sul banco degli accusati, ma avremmo chiesto pubblicamente conto dei motivi per cui nessuna autorità borghese ha condannato Fontana come primo responsabile della gestione criminale della pandemia in Lombardia! Ecco, dunque, il motivo di un “misero” processo per imbrattamento.
Lettera degli imputati, 28 dicembre 2022
Un processo durato tre anni, una farsa stancamente tirata per le lunghe in modo che la sentenza arrivasse in tempi lontanissimi rispetto al fatto contestato e al clima politico che lo ha generato, in una fase in cui sui responsabili della strage che è passata alla storia come “pandemia da Covid” anziché come “risultato della devastazione della sanità in favore del profitto” era già passata la spugna dell’archiviazione.
Durante il processo, il Pubblico Ministero ha provato a dimostrare che la rivendicazione politica della scritta equivalesse al concorso morale nel reato di averla fatta, ma la Giudice non se l’è sentita di mettere la firma su un’aberrazione giuridica che sarebbe stata solo un’ulteriore gatta da pelare in un’inchiesta e un processo che avevano già superato la soglia del ridicolo.
Dunque arriviamo alla sentenza: l’assoluzione di Pablo e Claudia “perché il fatto non sussiste”.
È una vittoria, sia chiaro. Una vittoria a fronte delle innumerevoli manifestazioni di accanimento giudiziario contro militanti e attivisti, una vittoria perché chiude un processo lungo, benché ridicolo, per un reato che normalmente prevede una multa. Una vittoria che ci spinge a organizzarci ancor più e meglio contro una deriva repressiva di cui la lotta contro il DDL 1660 (ora 1236) è parte integrante, consapevoli che la repressione è sempre un’arma a doppio taglio. Una vittoria che permette di tornare a parlare ancora oggi, nonostante il disinteresse mediatico, delle responsabilità di Attilio Fontana nella gestione criminale della pandemia e della complicità di cui ha goduto da parte di tutto il sistema politico delle Larghe Intese. Responsabilità che non si limitano a quel periodo.
In questi anni, Fontana e la sua giunta (sostenuti da tutte le Larghe Intese) hanno perpetrato in maniera criminale (come allora) lo smantellamento della sanità pubblica (le lunghe liste d’attesa, la mancanza di medici di base e l’ulteriore distruzione delle strutture territoriali sanitarie) e di altri servizi (i trasporti, ALER, ecc.); hanno trasformato la Lombardia in locomotiva produttiva di guerra e morte: dal primato dei morti sul lavoro alla produzione di armi, alla promozione di quartier generale della base Nato di Solbiate Olona (VA) e sostegno agli USA nello stoccaggio di armi nucleari alla base di Ghedi (BS). Quindi, questa vittoria che non è solo “nostra”, ma di tutti coloro che ogni giorno sono in prima fila per far fronte agli attacchi di Fontana e la sua giunta e che in questi hanno ci hanno espresso vicinanza e sostegno.
La solidarietà è un’arma e la dobbiamo usare per cacciare questi criminali e imporre un un’amministrazione a livello locale di emergenza popolare!