Treni. Si Salvi(ni) chi può!

Dall’inizio dell’anno ad oggi sono ben 104 i casi di ritardi o disservizi sulla rete ferroviaria nazionale, il 76% dei quali per guasti tecnici. Nell’ultimo trimestre del 2024 ritardi e cancellazioni hanno interessato il 72% dei treni di Alta velocità, con l’equivalente di quasi 6 mesi e mezzo di ritardi accumulati (4.641 ore). Ogni giorno chi viaggia assiste a un bollettino di guerra che divide il paese.

Salvini, seguito dagli ossequiosi media di regime, grida al sabotaggio per giustificare l’evidente catastrofe della gestione dei trasporti pubblici. Così Nicola Porro e soci sono costretti ad ingegnare inchieste in cui si trasmettono video di misteriosi tentativi di sabotaggio per alimentare l’ipotesi che anche altri fatti accaduti in giro per l’Italia potrebbero far parte di una strategia. Al netto della propaganda e dell’intossicazione, i numeri parlano chiaro. Perfino quelli presentati da RFI (Rete Ferroviaria Italiana) alle commissioni Trasporti della Camera e Ambiente del Senato ammettono che l’82% dei ritardi dell’alta velocità è causato da problemi tecnici quali malfunzionamento della rete, cavi elettrici usurati, centraline in tilt e treni in avaria (il 57% è dovuto a problemi sull’infrastruttura e il 25% a quelli su treni). Mentre solo il 18% è dovuto a cause esterne, tra cui maltempo, intrusioni sulla linea, investimenti ecc.

Il rapporto di Legambiente del marzo del 2024, riferito a dati del 2023, riporta una fotografia allarmante della situazione della rete ferroviaria italiana. Convogli vecchi, tratte chiuse e divari tra nord e sud. Basta pensare che l’età media dei convogli al sud è ormai giunta alla maggiore età, 18 anni! Ai problemi di ordinaria amministrazione, si aggiungono poi i 1200 cantieri aperti per l’uso dei fondi del Pnrr, che provocano innumerevoli malfunzionamenti. Insomma, le condizioni in cui versa la rete ferroviaria del paese è il frutto di decenni di politiche di smantellamento portate avanti all’unanimità dal sistema delle Larghe intese, a cui oggi si aggiunge l’aggravante dell’operato del ministro dei trasporti Salvini!

L’ultima soluzione escogitata dal ministro? Tagliare le corse dei treni del 15%! Ed è solo l’ultima trovata del governo per il trasporto ferroviario nazionale, che si somma al grave attacco inferto dal 10 gennaio del 2024, quando è stata introdotta la riorganizzazione dell’infrastruttura ferroviaria, che è stata per tutto l’anno denunciata e combattuta a gran voce dai lavoratori delle ferrovie con una media di uno sciopero a settimana.

Negli ultimi giorni, proprio l’Assemblea Nazionale Lavoratori della Manutenzione, tra i principali promotori delle mobilitazioni, ha risposto alle accuse del ministro Salvini mettendo in evidenza gli effetti della “sua” riorganizzazione: riduzione dell’organico delle squadre di intervento (da 4/5 a 2 lavoratori per squadra) e diminuzione del personale reperibile. Tutte manovre che hanno indebolito la capacità manutentiva e di intervento in un’infrastruttura già in pessime condizioni e che mettono continuamente a rischio salute i lavoratori.

Con una mano le Larghe Intese assestano colpi mortali alla rete dei trasporti pubblici nazionali e con l’altra reprimono chi cerca invece di salvaguardarla e renderla compatibile con ambiente e salute. Di qualche giorno fa la notizia che lo Stato ha chiesto per i 28 esponenti del movimento No Tav sotto processo un totale di 88 anni di carcere e 7 miliardi di risarcimento per le spese sostenute per reprimere la loro resistenza tra il 2020 e il 2021. Un ulteriore attacco a chi da decenni impedisce la speculazione su infrastrutture pubbliche e lotta per il miglioramento della rete ordinaria, per un trasporto efficiente e sostenibile. Ai compagni del movimento No Tav va la nostra totale solidarietà e complicità.

Gli episodi per cui Salvini e soci gridano al boicottaggio, quindi, non sono certo la causa del disastro della rete ferroviaria. Ma se pure ci fosse un fondo di verità, cioè se davvero alcuni degli episodi denunciati fossero azioni di boicottaggio, sarebbero espressione della della volontà di lavoratori e masse popolari di lottare contro l’accelerazione dello smantellamento del trasporto pubblico operato da Salvini e dal governo Meloni. Azioni e iniziative forse discutibili e condannabili nei salotti televisivi, ma legittime in quanto espressione della resistenza spontanea delle masse popolari e dei loro interessi.

Gridando al complotto e al sabotaggio, Salvini mostra di essere un guappo di cartone e offre involontariamente indicazioni e “ispirazione” (come ad esempio esempio piantare un chiodo nel posto sbagliato) a quanti si mettessero in testa di combinare le diverse forme di resistenza allo smantellamento dei trasporti pubblici: dalle iniziative individuali e di piccoli gruppi al rifiuto organizzato dei lavoratori a operare in condizioni di lavoro pericolose, dagli scioperi (in programma ci sono già quello del 23 gennaio e quello del 25 e 26 gennaio) ai blocchi dei mezzi adibiti a trasporti militari, fino alla realizzazione di piani alternativi di gestione della rete e del traffico da imporre zona per zona, dove il movimento diventa abbastanza forte da mettere sotto scacco Salvini e il governo Meloni.

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