Sulla stampa dilaga la criminalizzazione delle mobilitazioni di piazza a seguito delle manifestazioni che a Torino, Roma, Bologna e altre città si sono svolte contro i tentativi di insabbiamento dell’omicidio di Ramy – con tanto di fake news sull’assalto alla sinagoga di Bologna – Giorgia Meloni in persona è intervenuta sui social per condannare le “ingiustificate violenze di piazza” e vari esponenti del suo governo annunciano leggi per garantire maggiori tutele alle Forze dell’ordine, ma la questione vera è chi tutela le masse popolari dalla violenza e dagli abusi delle Forze dell’ordine?
Il 13 gennaio si è svolto a Brescia un presidio di fronte alla Leonardo, fabbrica di armi, di distruzione e di morte, “vanto” dei guerrafondai nostrani e dei collaborazionisti con il genocidio in corso in Palestina, gallina dalle uova d’oro per i trafficanti di armi in giacca e cravatta.
L’intervento della Polizia per sgomberare il presidio produce il fermo in Questura per tutti i manifestanti, durato sette ore, alcuni fogli di via da Brescia e gli abusi contro le donne fermate, costrette a denudarsi e a fare piegamenti per permettere ai poliziotti di “fare controlli”.
La Questura di Brescia sgomita per essere riconosciuta il fiore all’occhiello del governo di nostalgici del Ventennio e dei nipoti dei fucilatori di partigiani. Solo alcune settimane fa era salita alla ribalta per i pestaggi contro gli antifascisti che avanzavano la pretesa di aprire uno striscione in Piazza Vittoria, con gli abusi sulle donne fermate si porta avanti nel mostrare “l’assoluta e urgente esigenza” di nuove leggi che tutelino le Forze dell’ordine, che ne garantiscano l’impunità quando cercano di terrorizzare chi si organizza, si mobilita e lotta.
Esprimiamo solidarietà agli attivisti fermati, a quelli che sono stati sanzionati con il foglio di via e alle attiviste che hanno subito abusi. Non solo. Le compagne che hanno rotto gli indugi e hanno pubblicamente denunciato gli abusi sono un esempio. A loro va non solo la solidarietà, ma la riconoscenza di tutti coloro che prendono parte alla mobilitazione popolare perché il loro esempio aiuta a rispondere alla questione di fondo – chi tutela le masse popolari dalle Forze dell’ordine?
Non ci sono codici, articoli, cavilli e tribunali che possono tutelare le masse popolari più e meglio dell’organizzazione e della mobilitazione, della solidarietà e della lotta.
È molto utile che un deputato di Avs, Grimaldi, si sia interessato di quanto successo a Brescia e abbia presentato un’interrogazione parlamentare, ma quella interrogazione rimarrà carta straccia se non sarà supportata dalla mobilitazione e, dove serve, dalla sollevazione. Come dimostra l’omicidio di Ramy: solo “i disordini” del giorno del suo omicidio e dei giorni seguenti hanno impedito che sul suo omicidio calasse il silenzio. Funziona sempre così. È una legge di questa fase storica: nessuna istituzione tutela le masse popolari, nessuna legge garantisce i loro diritti, nessuna giustizia cade dal cielo.
Per questo – anche per questo – ci stringiamo attorno alle compagne che hanno subito abusi nella questura di Brescia, non solo perché sono vittime della violenza dello Stato, ma anche perché sono passate da accusate ad accusatrici, indicando una strada.
In questa fase è estremamente importante imparare a resistere e lottare la repressione, sviluppare la solidarietà di classe, alimentare il fronte di lotta contro i tentativi di imporre uno Stato di polizia. Sono dunque preziose tutte le attività che vanno in questa direzione come quelle della Rete Liberi di Lottare e della Rete No DDL sicurezza: entrambe hanno tenuto le loro assemblee nazionali l’11 e il 12 gennaio, entrambe hanno ribadito la volontà di rilanciare e alimentare la lotta contro il DDL 1660. Noi aggiungiamo: fare della lotta contro questa misura liberticida un altro fronte della più complessiva lotta per cacciare il Governo Meloni.