Con la scusa di gestire l’ordine pubblico in occasione dei festeggiamenti di Capodanno il governo Meloni muove un altro passo nella sperimentazione della gestione securitaria della società e nella militarizzazione dei territori. Lo ha fatto attraverso l’istituzione in varie città delle “zone rosse” che sin da subito dal giorno di Capodanno in città come Milano sono state allungate fino a fine marzo. Evidentemente ci si attende lunghi festeggiamenti per l’anno nuovo.
Quella che era presentata come una misura di pubblica sicurezza per un giorno “delicato” dell’anno è in realtà un tentativo di far entrare dalla finestra quello che il governo fatica a far entrare dalla porta del ddll1660, del decreto Caivano, del protocollo Albania-Italia e di tutte quelle misure antisociali con cui cerca di mettere pezze all’ormai manifesta incapacità per la borghesia di dare alla società un indirizzo unitario, di contenere la ribellione e l’insubordinazione generale, di mantenere un minimo di controllo sulle masse popolari.
A proposito del Decreto Caivano è bene dire che si tratta di un modello con cui il governo porta avanti contro le masse popolari del paese. In quest’ultimo anno di Decreto Caivano la presenza dello Stato invece che aiutare le masse popolari, le colpisce ulteriormente mettendo in campo sgomberi delle occupazioni abitative. Interviene con 30 milioni per dare una “pittata di vernice” al parchetto e al centro sportivo, ma lascia senza lavoro e senza casa la popolazione cui per giunta ha tolto il reddito di cittadinanza. Ai clan è stato fatto il solletico con qualche sequestro di auto, di un paio di appartamenti e di qualche migliaio di euro. Col paravento delle attività sociali, il sostegno dei “preti coraggio” che con quei progetti ci mangiano e la necessità di gestire l’ordine pubblico, il Decreto Caivano è un attacco persecutorio contro le masse popolari e alimenta il terreno fertile per la criminalità organizzata.
Le zone rosse in tutta Italia. Subito dopo Capodanno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha inviato una direttiva ai prefetti per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi o con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento. Chiunque risponda alla vaga descrizione di “soggetto pericoloso” può essere seduta stante fermato, identificato, allontanato dalla zona rossa e sottoposto a Daspo. Una definizione piuttosto arbitraria che come già evidente non avrà altro obiettivo che perseguitare gli oppositori politici, gli immigrati e le fasce più oppresse della popolazione.
Contro questo provvedimento si è espresso persino il Consiglio direttivo della Camera Penale di Milano: “Non possiamo, da avvocati penalisti, non preoccuparci per i riflessi che il provvedimento determina sulle garanzie individuali […]allarma il fatto che diritti tutelati a livello costituzionale e convenzionale, anche attraverso una esplicita riserva di legge, quali quelli alla libertà personale (l’allontanamento forzoso la viola senza dubbio) e di movimento, vengano compressi con provvedimenti dai contenuti tutt’altro che tipici, che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi, concreto pericolo per la sicurezza pubblica?), e di durata non corrispondente alle presunte ragioni di urgenza legittimanti il provvedimento di natura eccezionale […] si sottrae spazio al controllo democratico garantito dal procedimento legislativo e, attraverso interventi di soft law, s’interviene su libertà fondamentali del cittadino”.
Come per il ddl1660, la legge bavaglio e tutte le misure securitarie messe in campo dal governo Meloni la principale arma che abbiamo è quella di boicottarle e violarle sistematicamente fino a renderle carta straccia. Questa lotta è iniziata mesi fa e si sviluppa di settimana in settimana. Questo perché la lotta contro misure repressive è un rivolo della più ampia lotta contro il governo Meloni e il suo programma di guerra, lacrime e sangue. E tanto più il governo Meloni con le sue misure antipopolari seminerà vento, tanto più sarà travolto dal vento della riscossa popolare.
Il governo Meloni pagherà cara e amara questa mossa se le organizzazioni delle masse popolari, i loro sindacati, partiti e coordinamenti sapranno rendere anche questa misura carta straccia: questo significa difendere i diritti democratici praticandoli, quindi violando ogni divieto anti-costituzionale com’è stato fatto lo scorso 5 ottobre a Roma dove è stata la mobilitazione popolare a bocciare il DdL 1660 (prima del Senato), a mostrare alla classe dominante che se le masse popolari intraprendono la via della ribellione, dell’insubordinazione e della mobilitazione, non c’è decreto che tenga. Ogni zona rossa sia zona riscossa!