Cari compagni della Redazione di Resistenza,
sono un lavoratore metalmeccanico di una media azienda sindacalizzata. Non ho vissuto il periodo degli anni Settanta e dei Consigli di Fabbrica, ma lavoro da abbastanza anni da aver avuto l’occasione di sentire parlare molto di quei periodi e di come si stava in fabbrica allora. Vorrei condividere con voi e con i lettori alcune riflessioni che mi sono venute dopo lo sciopero generale del 29 novembre e dopo quello del 13 dicembre per il contratto dei metalmeccanici.
Ovviamente, ho scioperato il 29. Sono iscritto da anni alla Fiom-Cgil e con molta soddisfazione ho finalmente rivisto uno sciopero generale organizzato con tanti spezzoni di fabbrica e un clima unitario, vista la partecipazione anche degli studenti e di alcuni sindacati di base in un unico corteo! Non succedeva da molto tempo. Hanno partecipato anche molti lavoratori che difficilmente erano scesi in piazza in altre occasioni.
Devo però dire che nei giorni seguenti ho iniziato a riflettere su cosa avesse sedimentato quello sciopero. Già a quello del 13 dicembre di quattro ore per il contratto le adesioni sono state minori. Molti dicevano che non potevano permettersi un altro sciopero, altri che farne uno di quattro ore era inutile… Io e altri in fabbrica abbiamo scioperato, ma non è stato come per il 29. Tra l’altro, io stesso sapevo che c’era anche lo sciopero di otto ore indetto da Usb, ma francamente non me la sono sentita di scioperare in solitaria tutta la giornata. A dirla tutta, non capisco neanche la scelta di Usb di non aderire al 29, però questo è un altro discorso.
Tornando alla riflessione su cosa avesse sedimentato lo sciopero, ricordando i racconti di vecchi compagni di lavoro ho pensato a perché il sindacato, per fare degli scioperi generali veri ed efficaci, non organizza più i picchetti ai cancelli. Lo sciopero generale dovrebbe fermare il paese, per essere efficace. Nelle grosse aziende magari scioperano un po’ tutti, ma in quelle medie come la mia non è così. So che una volta si facevano e che quelli delle grosse aziende andavano a dare man forte a quelli delle piccole, che magari non riuscivano a mantenere un picchetto efficace.
Mi chiedo perché non si faccia più così, invece che ripetere scioperi generali che sono tali solo sulla carta. Certo, so che non basterebbe comunque un solo sciopero per raggiungere gli obiettivi, ma penso che promuovere delle forme di lotta più efficaci, che per essere fatte devono essere ben preparate, possa servire per tornare a imparare cos’è l’organizzazione e la partecipazione alla lotta di classe.
Forse è proprio questo il punto. Non è che il sindacato ha paura che gli operai diventino troppo attivi e propositivi? A volte sembra che i funzionari puntino soprattutto a non lasciarti troppa autonomia.
Ora non pensate che io sia un fan dello sciopero a oltranza o balle del genere, anzi. In questi tempi di crisi a volte sembra che se salti una giornata fai un piacere al padrone, tanti miei colleghi dicono che per loro è così e forse non hanno tutti i torti.
Riflettendoci mi sono convinto che bisogna ragionare su altre forme di lotta. Ci sono modi per far male al padrone senza perdere tutto il salario. Fare scioperi a scacchiera, di poche ore a staffetta, un reparto lo fa a una data ora, un altro reparto lo fa due ore dopo e via dicendo. So che una volta erano molto usati… Oppure scioperi di mezz’ora o di un’ora ogni giorno, cambiando ogni volta gli orari e uscendo a presidiare i cancelli. In un’azienda dove lavoravo da ragazzo per una vertenza (vinta!) contro cinque licenziamenti lo abbiamo fatto per un paio di settimane. Anche scioperare per una sola ora alla fine del turno manda in tilt la produzione, più di otto ore di sciopero “concordato”.
Un altro modo sarebbe bloccare seriamente gli straordinari, oppure la rigidità contrattuale: attenersi fermamente alle regole di sicurezza e alle mansioni previste per il livello di ogni lavoratore. Se la fai bene, una cosa del genere rallenterebbe di molto la produzione. Se dovessi aspettare il carroponte ogni volta che sposto una decina di chili di materiale – come dovrebbe essere da regolamento – i capi diventerebbero matti!
Una cosa che non ho mai visto fare è promuovere delle casse di resistenza per sostenere gli scioperi. Salvini continua a cercare di precettare, prima o poi lui o altri riusciranno a farlo se le cose vanno avanti così, bisogna porsi la questione di organizzare la disobbedienza e sostenere economicamente chi magari si ritroverà multato.
Mettendoci un po’ di fantasia credo se ne possano inventare di tutti i tipi, ma personalmente quando propongo cose diverse dal solito trovo scetticismo ed espressioni infastidite, soprattutto da parte dei lavoratori più vicini ai funzionari sindacali. Sembra che parlare di questi argomenti metta in discussione il ruolo del sindacato… magari invece è il contrario: è proprio il non parlare di questi argomenti che allontana i lavoratori dal sindacato.
Certo, parlo di cose che non si possono fare dalla sera alla mattina, bisogna alimentare un clima di coesione e di combattività in fabbrica. E mi sembra che è una cosa che i sindacati di oggi cercano di evitare con cura. Quindi, riflettevo sul fatto che tocca a noi lavoratori iniziare, senza aspettarci che le nostre iniziative siano inizialmente accolte con favore. Se lo facciamo, anche le strutture sindacali dovranno accodarsi per non perdere anche quel po’ di fiducia che stanno faticosamente riconquistando in questi mesi.
UC