La lotta contro la repressione e il ddl 1660

Il 14 dicembre, a Roma, hanno sfilano 50 mila persone contro il disegno di legge n. 1660 approvato dalla Camera e in esame al Senato (rinominato n. 1236).
La manifestazione è stata promossa dalla rete No ddl Sicurezza – A Pieno Regime,nata a ottobre dello scorso anno. Come si apprende dal suo canale Telegram “da subito tantissime reti eterogenee vi hanno preso parte, costruendo movimenti locali e regionali e mobilitazioni, assemblee pubbliche, presidi, eventi informativi”.
Il 16 novembre a Roma presso l’Università Sapienza, nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia, si è svolta la prima assemblea nazionale in presenza, partecipata da centinaia di persone, durante la quale è stata lanciata la manifestazione del 14 dicembre.
Molteplici le iniziative organizzate in tutta Italia prima e dopo questa mobilitazione. A dimostrazione che a fronte del tentativo di fare un salto nella repressione di chi si mobilita, protesta e manifesta, il governo Meloni trova la resistenza della parte più attiva, cosciente e organizzata delle masse popolari.
La mobilitazione contro il ddl 1660, iniziata mesi fa e che si sviluppa di settimana in settimana è un rivolo della più ampia lotta contro il governo Meloni e il suo programma di guerra, lacrime e sangue. Quanto più il governo Meloni procede nell’attuazione di tale programma, tanto più suscita la resistenza delle masse popolari.
Ci sono, dunque, tutte le condizioni per vincere la battaglia contro il ddl 1660, per far diventare la sua approvazione un problema politico e di ordine pubblico: il ddl 1660 va ritirato e qualora passasse va reso inapplicabile.
La strada è stata aperta da chi è sceso in piazza il 5 ottobre scorso a Roma, in solidarietà con il popolo palestinese, sfidando i divieti del governo e facendone carta straccia, difendendo il diritto di manifestare praticandolo. Bisogna proseguire per questa via.
Si tratta di far valere nella pratica il principio che gli interessi delle masse popolari sono sempre legittimi, anche quando la classe dominante mette fuori legge le strade per affermarli e perseguirli.
Si tratta di imparare a contrastare sistematicamente la divisione fra “buoni e cattivi” a cui la classe dominante fa ricorso per criminalizzare chi pratica azioni di lotta.
Si tratta di alimentare più coscientemente la costruzione di un ampio fronte che raccoglie tutte le forze, gli organismi e i singoli che hanno motivo di e interesse a contrastare tutti i tentativi di restringimento degli spazi di iniziativa politica, che coincidono con i tentativi di smantellare, un passo alla volta, i diritti democratici conquistati nel nostro paese grazie alla vittoria della Resistenza sul nazifascismo.
Tutto questo è utile a vincere la battaglia contro il ddl 1660, ma non è sufficiente a fermare la spirale di guerra, economia di guerra, devastazione del paese, degrado materiale e morale che dilagano a opera della classe dominante e dei suoi governi.
Bisogna dare alle mobilitazioni, alle proteste e alle rivendicazioni uno sbocco politico unitario: con la lotta e le mobilitazioni occorre rendere ingestibile il paese al governo Meloni fino a cacciarlo; con la lotta e le mobilitazioni occorre impedire che al suo posto si installi un altro governo delle Larghe Intese, diverso dal precedente solo all’apparenza (ad esempio un governo del Pd e dei suoi cespugli), e imporre un governo di emergenza popolare formato da persone che godono della fiducia dei lavoratori e delle masse popolari, che agisce su mandato delle organizzazioni operaie e popolari e che, attuandola Costituzione del 1948, dà forza di legge alle loro principali rivendicazioni.

Fare fronte alla repressione è una scuola di lotta di classe
La classe dominante conta molto sul potere deterrente della repressione. Ma la repressione, se affrontata con spirito battagliero, è una scuola di lotta di classe per chi ne è colpito e alimenta la mobilitazione delle masse popolari. Cosa vuol dire spirito battagliero?
1. Imparare a resistere alla repressione. Non desistere dalla mobilitazione, ma dare continuità all’attività politica e sindacale, tenere in mano l’iniziativa politica, non affidarsi “alla giustizia”.
2. Lottare contro la repressione. Denunciare su larga scala le operazioni repressive, gli abusi degli apparati repressivi contro le masse popolari e le loro organizzazioni.
3. Chiedere e dare solidarietà. Chiamare le masse popolari a esprimere solidarietà verso gli organismi e gli individui colpiti dalla repressione. La solidarietà è un’arma perché è un deterrente contro l’aumento dell’azione repressiva, ma anche contro la sfiducia e la rassegnazione al fatto che “il nemico è troppo forte”. La solidarietà educa alla coscienza di classe e alla lotta di classe.

Come organizzarsi?
Discuti con i tuoi compagni, colleghi di lavoro e/o di scuola del contenuto del ddl 1660.
Discuti e diffondi questo articolo nella tua scuola, posto di lavoro, quartiere, casa del popolo, ecc.
Organizza nella tua scuola, posto di lavoro, quartiere, casa del popolo, ecc. un comitato contro il ddl 1660.
Partecipa alle iniziative che si terranno nella tua città e organizzane a tua volta.

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