I neri hanno dormito troppo a lungo, ma attenti!
Chi ha dormito troppo a lungo e si sveglia non dormirà mai più
Lamine Senghor (1889 – 1927)
Educatevi ed armatevi con la scienza tra i denti
Cheikh Anta Diop (1923 – 1986)
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Il movimento comunista rinasce e la mobilitazione delle masse popolari cresce ovunque nel mondo, anche in Africa. Questo scritto è solo una raccolta di prime e sparse note e impressioni sui movimenti di questo continente che nel nostro paese è poco conosciuto, più che in altri paesi imperialisti, perché l’Italia ha avuto un ruolo marginale nella colonizzazione dell’Africa. Questo scritto, quindi, è uno dei nostri primi passi, e suo scopo è fare mente alla ricchezza di questa terra e del popolo che la abita, e fare sentire questa ricchezza come ne abbiamo avuto sentore noi, per intraprendere un percorso di conoscenza e di sviluppo dei legami con l’Africa, le sue mobilitazioni delle masse popolari, il suo movimento comunista.
Secondo la teoria detta poligenetica la specie umana ha avuto inizio in più parti del pianeta. Cheick Ante Diop, scienziato senegalese, sostiene invece la teoria monogenetica, secondo la quale la specie umana è nata in un punto e da qui si è espansa nel resto del pianeta. Secondo lo scienziato culla dell’umanità è l’Africa: europei, asiatici e infine tutti gli esseri umani hanno gli africani come progenitori.
Questo, tra le altre cose, ci dicono i compagni africani in un documento che accompagna la Conferenza su panafricanismo e antimperialismo tenute a Dakar a fine ottobre cui hanno preso parte due compagni del Partito dei CARC. In questo documento riferiscono anche del potenziale demografico del continente, tale da prevedere un incremento della popolazione da 1,4 miliardi a 2,5 miliardi di persone nell’arco di vent’anni. Ci informano inoltre del processo che ha portato tre paesi del Sahel, Mali, Burkina Fasu e Niger a liberarsi dal controllo degli imperialisti, delle loro istituzioni e forze armate e a unirsi nell’alleanza dei paesi del Sahel, e di come anche il Senegal ha avviato un processo di liberazione dall’oppressione neocoloniale con la vittoria alle elezioni del partito Pastef, dopo quattro anni di sollevazioni popolari represse con il sangue.
Alla Conferenza di Dakar su panafricanismo e antimperialismo
Due compagni del Gruppo di Lavoro Internazionale hanno partecipato alla Conferenza su panafricanismo e antimperialismo tenutasi a Dakar dal 24 al 28 ottobre 2024. Dall’Italia, oltre al Partito dei CARC, hanno partecipato o inoltrato contributi altri organismi quali Resistenza Popolare e il Partito Comunista Italiano. Sono intervenuti esponenti di organismi comunisti, antimperialisti, panafricanisti oltre che dall’Africa stessa, da Europa, Asia e dalle due Americhe. Temi al centro della discussione il legame tra panafricanismo di lotta e internazionalismo antimperialista e Terza guerra mondiale e la lotta antimperialista. La Conferenza è stata organizzata dalla Piattaforma mondiale antimperialista (PAM), coordinamento sorto a ottobre del 2022, cui partecipano organismi di tutto il mondo, che ha come obiettivo prioritario la lotta contro l’imperialismo, cioè contro la Comunità internazionale dei gruppi imperialisti e sionisti e che ha già al suo attivo, oltre a questa di Dakar, conferenze tenute a Parigi, Atene, Belgrado, Washington, Caracas, Seul.[1] Questo primo accesso in Africa del Partito dei CARC per i due compagni è stato faticoso, ma entusiasmante: ci ha mostrato la rinascita del movimento comunista mondiale in un continente tanto particolare e tanto grande quale è l’Africa, e ce ne ha reso partecipi.
La Dynamique unitaire panafricaine, il West African People’s Organization e le organizzazioni e i partiti dell’Africa
Primo degli eventi in programma è stato una conferenza stampa della Dynamique unitaire panafricaine (DUP), organismo che raccoglie 23 organizzazioni africane e che si batte per un panafricanismo di lotta senza compromessi per liberare il continente dagli imperialisti, in particolare da quelli degli USA e dell’Europa.
Il momento in cui ci siamo confrontati sul panafricanismo e in cui i compagni africani hanno avuto ruolo preminente è stato nella Conferenza del 26 ottobre. Hanno parlato esponenti di DUP (tra i quali uno del Burkina Faso e uno del Camerun), del Partito africano per l’indipendenza della
Guinea-Bissau, del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia del Burundi, di Suluhu, movimento delle isole Comoro, del Fronte democratico del Congo, della Coalizione della diaspora togolese per l’alternativa e la democrazia, del Partito comunista del Kenya, dell’Organizzazione dei popoli dell’Africa occidentale, del Partito africano per l’indipendenza della Guinea e di Capo Verde e Diagne Roman, del Senegal, direttore della rivista Ferentbirane.
Diagne Roman, insieme a Aboubakar Assalane, anch’egli tra coloro che hanno diretto la Conferenza, , è componente del Consiglio di Coordinamento dell’Organizzazione dei Popoli dell’Africa Occidentale (WAPO) costituitasi a dicembre del 2022, che include esponenti di Niger, Nigeria, Guinea Bissau, Senegal, Capo Verde e altri. I paesi dell’Africa Occidentale stanno svolgendo un ruolo di avanguardia nella lotta contro gli imperialisti, avvalendosi del sostegno della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese a fronte del tentativo da parte degli imperialisti USA, come fecero in Vietnam, di sostituirsi agli imperialisti francesi che non riescono più a tenere campo.
Crimini del colonialismo e del neocolonialismo
Tra gli intervenuti, un ruolo da protagonista è stato quello di Augusta Espanya, di DUP. La compagna ci ricorda che la spartizione del continente africano in seguito alla Conferenza di Berlino del 1885, fenomeno in continuità con cinque secoli di tratta degli schiavi, cioè della deportazione di circa venti milioni di africani, ha sancito i termini del dominio coloniale sulle popolazioni dell’Africa. Il dominio coloniale – dice la compagna – continua anche dopo la fine delle colonie con il neocolonialismo.
Anna Martel, membro dell’Organizzazione Comunista della Germania, nel suo intervento alla Conferenza ha dato informazioni sui crimini degli imperialisti tedeschi.
Il 2 ottobre 1904, quasi esattamente 120 anni fa, il generale Lothar von Trotha emanò il suo crudele ordine di sterminio contro i popoli Herero e Nama: “All’interno dei confini tedeschi, ogni Herero con o senza fucile, con o senza bestiame, sarà fucilato. Non voglio più prendere donne o bambini, ma li ricondurrò al loro popolo o li farò fucilare”. Nel 1908 i colonizzatori tedeschi avevano ucciso fino a 95.000 Herero e Nama nell’attuale Namibia. Quelli che sopravvissero furono ulteriormente sfruttati nei campi di concentramento e di lavoro per gli interessi del colonialismo tedesco. I teschi delle vittime furono esportati per scopi di ricerca razzista e la terra fu occupata da coloni tedeschi, che ancora oggi possiedono il 70% del territorio namibiano. I crimini commessi dalla Germania nelle sue colonie servirono in seguito come modello per i suoi crimini durante il periodo del fascismo hitleriano.
Leonard Nyangoma, del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia in Burundi (CNDD), ci ha spiegato come le potenze coloniali hanno sfruttato e a volte inventato differenze etniche ai fini di mantenere il proprio dominio, e sono responsabili delle guerre fratricide delle quali ultima è stata quella tra Tutsi (quelli che in Italia sono noti come Watussi) e Hutu, dove nel 1994 in tre mesi e mezzo sono state uccise da 500mila a un milione di persone. “Controllare il Burundi e il Ruanda per mantenere il controllo sui minerali strategici del Congo – ha detto Nyangoma – è il vero problema alla base delle guerre civili che hanno devastato e continuano a devastare la nostra regione dei Grandi Laghi.”
Il neocolonialismo si distingue dal primo colonialismo perché i paesi prima occupati dagli Stati imperialisti hanno ottenuto indipendenza, ma solo formalmente. Gli imperialisti hanno stabilito accordi di asservimento dopo l’indipendenza, mantenendo i legami economici, monetari, sociali, militari, politici, culturali e istituzionali con le ex colonie ed eliminando, con ogni mezzo necessario, i dirigenti che portavano speranza e difendevano gli interessi dei popoli africani alla guida dei movimenti di liberazione, in lotta per una vera indipendenza.
I martiri della lotta per l’indipendenza dell’Africa
Tra questi dirigenti ricordiamo Patrice Lumumba, (2 luglio 1925 – 17 gennaio 1961), fondatore del Movimento nazionale del Congo e Primo ministro del paese dopo la conquista dell’indipendenza. Aveva studiato ed era diventato giornalista, e nel settembre del 1954 ricevette lo statuto di “immatriculé“, cioè “registrato” per merito civico: il riconoscimento ufficiale da parte dell’amministrazione coloniale belga che l’indigeno era un evolué. All’epoca era stato rilasciato a 200 persone su 13 milioni di abitanti. Subito dopo la dichiarazione dell’indipendenza, gli imperialisti americani e belgi fomentarono e alimentarono la secessione del Katanga, diretta dal vecchio compagno di Lumumba Mobutu, che con un colpo di Stato prese il potere, arrestò Lumumba e lo consegnò ai militari belgi, che lo fecero a pezzi e lo sciolsero nell’acido.
Ricordiamo Amilcar Cabral (12 settembre 1924 – 20 gennaio 1973), fondatore del Partito africano per l’ indipendenza della Guinea Bissau e del Capo Verde. Quest’anno è il centenario della sua nascita e la Conferenza a Dakar lo ha celebrato. Più oltre alcuni cenni del patrimonio che ci ha lasciato sono estratti dal discorso di Iancuba Djola N’Djai, del Partito africano per l’Indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde (PAIGC)
Ricordiamo Ruben Um Nyobe, (10 aprile 1913 – 13 settembre 1958) avanguardia della lotta di liberazione del Camerun, dirigente dei lavoratori, promotore del movimento di liberazione delle donne. Fu ucciso dagli imperialisti francesi. Al suo nome fa riferimento quello che è chiamato “umismo”, idea secondo cui il Camerun aveva bisogno di una “rivoluzione della mente” che consentisse agli indigeni di spazzare via la paura dei colonialisti francesi.
Thomas Sankara (21 dicembre 1943 – 15 ottobre 1987), cambiò il nome dell’Alto Volta in Burkina Fasu. Diventò Primo ministro del paese nel 1982. Durante il suo governo furono vaccinati 2.500.000 bambini contro morbillo, febbre gialla, rosolia e febbre tifoide, furono creati Posti di salute primaria in tutti i villaggi del paese, fu aumentato il tasso di alfabetizzazione furono realizzati 250 bacini d’acqua, scavati 1.000 pozzi e avviate 300 trivellazioni, realizzate 334 scuole, 284 dispensari-maternità, 78 farmacie, 25 magazzini di alimentazione e 3.000 alloggi, creati l’Unione delle donne del Burkina (UFB), l’Unione nazionale degli anziani del Burkina (UNAB), l’Unione dei contadini del Burkina (UPB) e i Comitati di difesa della rivoluzione (CDR), che divennero ben presto la colonna portante della vita sociale. Furono avviati programmi di trasporto pubblico (autobus), combattuti il taglio abusivo degli alberi, gli incendi del sottobosco e la divagazione degli animali, costruiti campi sportivi in quasi tutti i 7.000 villaggi del Burkina Faso, riformato il sistema fiscale e abbassate le tasse scolastiche da 10.000 a 4.000 franchi per la scuola primaria e da 85.000 a 45.000 per quella secondaria, create unità e infrastrutture di trasformazione, stoccaggio e smaltimento di prodotti con una costruzione all’aeroporto per impostare un sistema di vasi comunicanti attraverso l’utilizzo di parte di residui agricoli per l’alimentazione. Quasi tutte queste riforme, estremamente innovative per un paese africano degli anni Ottanta, furono annullate dal regime di Blaise Compaoré, compagno di Sankara fino dagli inizi della sua militanza e suo assassino. Compaoré governò il paese dal 1987 al 2014, data in cui fu costretto alle dimissioni dalla mobilitazione popolare, e fu condannato all’ergastolo nel 2022 per l’assassinio di Sankara.
Celebriamo il Centenario della nascita di Amílcar Cabral
La celebrazione del Centenario della nascita di Amilcar Cabral è stata uno dei momenti importanti della Conferenza di Dakar. Un compagno del suo partito, Iancuba Djola N’Djai, il Partito africano per l’Indipendenza della Guinea-Bissau e di Capo Verde (PAIGC), ha citato alcune sue parole che riporto al fine di porre l’attenzione verso questo che è stato uno dei massimi dirigenti e teorici del movimento di liberazione dell’Africa, parole che mostrano l’altezza del suo contributo al pensiero comunista a livello internazionale.
Cabral scrive: “Gridare insulti contro l’imperialismo non lo sconfiggerà. Non elimineremo l’imperialismo gridando insulti contro di esso. Cosa sia migliore o peggiore contro l’imperialismo, qualunque sia la sua forma, si giudica a partire dal prendere le armi e combattere (…) la nostra sfida è quella di non limitarci a gridare contro l’imperialismo, ma piuttosto di lottare per sconfiggerlo...” Questa citazione vale per chi si spende nel lanciare slogan contro gli imperialisti e ritiene questo sia il miglior modo per assolvere il proprio ruolo nella lotta di classe e per qualificarsi come rivoluzionario.
Cabral ci ricorda che “… ogni pratica produce una teoria, e che se è vero che una rivoluzione può fallire anche se si basa su teorie perfettamente concepite, nessuno ha ancora fatto una rivoluzione di successo senza una teoria rivoluzionaria…”. A questo Iancuba Djola N’Djai ha aggiunto: “Coloro che assimilano le teorie rivoluzionarie e le mettono in pratica in maniera sincera nel nostro popolo si trasformano in rivoluzionari consapevoli. I rivoluzionari logicamente coscienti si attraggono l’un l’altro con un’energia magnetica, come lo siamo noi oggi in questa conferenza.” L’unire logica e magnetismo, cose che nei paesi imperialisti sia nel senso comune sia anche in massima parte del movimento comunista movimento si tengono separate come si tengono separati pensiero e sentimento, è cosa che ha colpito entrambi i componenti della nostra squadra.
Amilcar Cabral dice:
“… dobbiamo riconoscere che noi stessi e gli altri movimenti di liberazione in generale (riferendoci qui soprattutto all’esperienza africana) non siamo riusciti a prestare sufficiente attenzione all’importante problema dell’ideologia nella nostra lotta comune.
La carenza ideologica, per non dire la totale mancanza di ideologia, all’interno dei movimenti di liberazione nazionale – dovuta fondamentalmente all’ignoranza della realtà storica che questi movimenti pretendono di trasformare – costituisce una delle maggiori debolezze della nostra lotta contro l’imperialismo, se non la più grande debolezza in assoluto. Riteniamo, tuttavia, che sia già stato accumulato un numero sufficiente di esperienze diverse per poter definire una linea generale di pensiero e di azione con l’obiettivo di eliminare questa carenza. Una discussione approfondita su questo tema potrebbe essere utile e permetterebbe a questa conferenza di dare un contributo prezioso al rafforzamento delle azioni presenti e future dei movimenti di liberazione nazionale. Questo sarebbe un modo concreto di aiutare questi movimenti, e a nostro avviso non meno importante del sostegno politico o dell’assistenza finanziaria per le armi e simili…”
Le parole di Cabral riecheggiano quelle di Antonio Gramsci, che il 1° novembre del 1923 scrive:
Perché i partiti proletari italiani sono sempre stati deboli dal punto di vista rivoluzionario? Perché hanno fallito quando dovevano passare dalle parole all’azione? Essi non conoscevano la situazione in cui dovevano operare, essi non conoscevano il terreno in cui avrebbero dovuto dare la battaglia. Pensate: in più di trenta anni di vita, il partito socialista non ha prodotto un libro che studiasse la struttura economico-sociale dell’Italia. Non esiste un libro che studi i partiti politici italiani, i loro legami di classe, il loro significato. (…)
Noi non conosciamo l’Italia, così com’è realmente e quindi siamo nella quasi impossibilità di fare previsioni, di orientarci, di stabilire delle linee d’azione che abbiano una certa probabilità di essere esatte. Non esiste una storia della classe operaia italiana. Non esiste una storia della classe contadina. (…)
Ecco la nostra debolezza, ecco la principale ragione della disfatta dei partiti rivoluzionari italiani: non avere avuto una ideologia, non averla diffusa tra le masse, non avere fortificato e coscienze dei militanti con delle certezze di carattere morale e psicologico. (…)
Che fare dunque? Da che punto incominciare? Ecco: secondo me bisogna incominciare proprio da questo; dallo studio della dottrina che è propria della classe operaia, che è la filosofia della classe operaia, che è la sociologia della classe operaia, dallo studio del materialismo storico, dallo studio del marxismo.
(Vedi in https://www.nuovopci.it/classic/gramsci/letaredvocegiov.html)
Le posizioni del Partito comunista del Kenia
Alla Conferenza di Dakar a fine ottobre, partecipa Booker Omole, vicesegretario del Partito comunista marxista del Kenia. Una lotta ideologica porta il compagno a essere segretario già in novembre. A Dakar il compagno dice:
Oggi ci confrontiamo con le stesse forze imperialiste contro cui Cabral ha combattuto, questa volta con un’intensità ancora maggiore. Le potenze imperialiste francesi e statunitensi continuano a strangolare il nostro continente, con la regione del Sahel e il Senegal come primi obiettivi della loro influenza militare, economica e politica. È fondamentale riunirci qui in solidarietà, non solo per commemorare le nostre vittorie passate, ma anche per tracciare il cammino da seguire nella lotta contro l’imperialismo moderno.
La mobilitazione di massa e l’unità ideologica sono la strada per la liberazione dell’Africa, dice il compagno
Solo attraverso l’unità della classe operaia, dei contadini e di tutti i popoli oppressi possiamo costruire un futuro socialista. Per questo l’educazione rivoluzionaria è fondamentale. Dobbiamo creare una popolazione politicamente consapevole, soprattutto tra i nostri giovani, che comprenda l’importanza del marxismo-leninismo come principio guida nella nostra lotta contro l’imperialismo.
La lotta ideologica nel partito del Kenia è già in corso nelle giornate della Conferenza di Dakar. Il compagno ha chiaro il principio della lotta tra due linee nei partiti comunisti. Dice:
Compagni, la nostra rivoluzione non è ostacolata solo dalle forze esterne dell’imperialismo, ma anche da avversari interni che cercano di far deragliare il nostro cammino verso un Kenya socialista. Il Partito comunista del Kenya (PCK), come molti movimenti rivoluzionari, ha dovuto affrontare il duplice pericolo del revisionismo e dell’opportunismo. Queste tendenze corrosive sono emerse in momenti chiave della nostra storia, indebolendo la nostra determinazione, diluendo i nostri principi marxisti-leninisti e compromettendo la nostra capacità di guidare le lotte di massa del popolo keniota.
La lotta interna al nostro partito è stata necessaria per preservare l’integrità del nostro movimento. Alcune fazioni hanno cercato di indebolire la nostra ideologia in cambio di vantaggi a breve termine, personali o settari. Questi elementi, lungi dall’essere alleati della nostra causa rivoluzionaria, sono diventati ostacoli al nostro progresso. Distraggono dalla nostra missione principale di costruire un Kenya socialista, minando non solo il PCK ma anche il più ampio movimento socialista in tutto il continente.
Il secondo Congresso, a metà novembre, sancisce la vittoria della sinistra e la affermazione di Booker Omole come Segretario.
L’esultanza dei membri del partito alla conclusione del Congresso nel video che segue
Tra le dichiarazioni firmate dai partecipanti alla Conferenza una è del Partito keniota. Condanna l’uccisione di 78 manifestanti, giovani della cosiddetta Generation Z (Gen Z) che nell’estate del 2024 hanno condotto per settimane la lotta contro la legge finanziaria che il presidente William Ruto intendeva attuare.
Il Museo delle Civiltà Nere a Dakar
Il Museo delle Civiltà nere si erge su un terreno di 22.000 metri quadri. La Repubblica Popolare Cinese lo ha costruito e lo ha donato al Senegal. Il Museo ha una superficie totale costruita di 14665 metri quadri, ha spazi riservati a mostre ed eventi, una sala di proiezione digitale, spazi per archivio, uffici e sezioni logistiche. Lo stabile principale è di quattro piani e alto 23 metri. La costruzione è iniziata nel dicembre 2013 e terminata nel dicembre 2015. Qui teniamo la parte finale della Conferenza. Qui insieme ai compagni africani discuteremo, tra le altre cose, del legame tra panafricanismo combattente e internazionalismo antimperialista.
Interventi su panafricanismo e antimperialismo
A testimonianza del livello del dibattito teorico in corso in Africa riporte note da quanto abbiamo ascoltato dagli esponenti di partiti e organizzazioni africane sul tema del panafricanismo e dell’antimperialismo.
Augusta Espanya nella sua introduzione ha detto che questa conferenza si tiene in Senegal perché questo paese vuole uscire dall’area imperialista francese, che qui si parla di panafricanismo combattente, altra cosa dal panafricanismo opportunista utilizzato da esponenti della classe dominante africana per favorire il giogo degli imperialisti. Sradicare l’influenza della borghesia tra i lavoratori è il nostro compito di panafricanisti rivoluzionari – dice – e questo è il senso dell’esistenza della DUP. Precisa che la DUP lavora con la Piattaforma Antimperialista Mondiale per creare legami con il movimento antimperialista e sviluppare una analisi sull’imperialismo, il colonialismo e il neocolonialismo, che questa conferenza è una conferenza di lotta e di lavoro, in cui vengono discusse strategie e non è una conferenza per intellettuali. Augusta Espanya come esponente DUP chiude dicendo che dobbiamo sviluppare la lotta nel paese dove siamo, che sradicare la borghesia tra i lavoratori è il nostro compito di panafricanisti rivoluzionari, che questo è il senso dell’esistenza della DUP. Fa l’esempio di Henri Curiel[2] che ha usato la sua intelligenza per la liberazione del popolo algerino, ha costruito una rete che si estendeva sia nei paesi coloniali che colonizzatori. Sostiene infine che nei paesi africani la libertà di espressione è un problema e infine pone l’accento sull’importanza della lotta alla repressione.
Un esponente del PAIGC è intervenuto portando l’esperienza della Guinea-Bissau, dicendo che la situazione sta peggiorando per le masse popolari e il partito di governo è a favore degli imperialisti; tuttavia, hanno molte organizzazioni di massa e sono presenti alle elezioni. Si chiedono se devono seguire l’esempio del Senegal dove c’è un presidente di sinistra che democraticamente eletto ha posto fine a una lunga dittatura.
Il delegato del Burkina Faso è intervenuto evidenziando che siamo nella fase dell’imperialismo e in questa fase il capitalismo ricorre sempre più ai massacri per perpetuarsi. Sostiene inoltre che oggi il capitalismo sta morendo e noi dobbiamo accompagnarlo alla tomba. Annuncia la conferenza di novembre 2024 in Niger degli organismi appartenenti a WAPO.
Djamila Mies Poacari Zali è membro dell’organizzazione Suluhu, delle isole Comoro, e dell’African National Council. Dice che il Senegal ha un ruolo rispetto alla indipendenza delle isole Comoro, polemizza sull’uso del panafricanismo da parte della classe dirigente africana per unirsi al saccheggio perpetuato dagli imperialisti, sostiene che la DUP aiuta la liberazione nazionale delle isole Comoro. Conclude con un messaggio di solidarietà al presidente eletto delle isole Comoros, Ahmed Abdajjah Mohamed Sambi, incarcerato da 6 anni e 6 mesi e condannato all’ergastolo dopo un colpo di stato che ha posto al potere un presidente a favore degli imperialisti.
L’ intervento di Diagne Roland del Comitato Nazionale Preparatorio di questa conferenza descrive la situazione del Senegal in breve. È un paese al cui governo sta un partito sovranista che oggi si trova dover definire quale strada seguire, un paese che viene da decenni di colonialismo. È necessario sviluppare il dibattito rispetto alla “liberazione sociale”, ed esperienze come quella del Niger che fa parte dell’Alleanza degli Stati del Sahel[3]) non sono in contrapposizione con l’esperienza del Senegal. Alla liberazione del paese dal neocolonialismo si può arrivare sia per via di colpo di Stato militare come in Niger sia per via pacifica, tramite elezioni, come in Senegal.
Booker Omole, del Partito comunista del Kenya inizia con una indicazione di metodo importante, e cioè la critica il dibattito all’infinito che è costume comune per molte organizzazioni comuniste. Altra indicazione di metodo è che il disaccordo entro un partito o tra partiti non è semplice guerra di opinioni ma lotta contro opportunismo e revisionismo. Nel suo partito, infatti, è in corso una lotta contro l’opportunismo. Booker anticipa che il secondo congresso ufficializzerà la tendenza maggioritaria che si è creata nella divisione del
2022 e che ha posizioni giuste sull’imperialismo.[4] La stessa PAM esiste per portare avanti questa posizione, quella secondo cui in Ucraina e Palestina sono in atto aggressioni degli imperialisti USA e sionisti con al carro loro gli altri gruppi imperialisti mondiali, e che la Federazione russa e la Repubblica popolare cinese reagiscono sono oggetto di aggressione sul piano militare, economico e politico, quindi sono da considerare componenti importanti del fronte antimperialista internazionale. Il titolo di una delle dichiarazioni che concluderanno la giornata sarà, infine: “L’aggressione del campo imperialista è una minaccia per la Palestina, l’Africa, le nazioni oppresse e il mondo intero”
Parla quindi della connessione tra imperialismo e guerra, afferma che il regime al potere in Kenya è agente del neocolonialismo. Afferma che il Kenya è una base militare dell’imperialismo e che al momento della dichiarazione di indipendenza, i britannici hanno imposto che i kenioti si dessero una struttura militare ma al servizio degli imperialisti perché se non fossero stati in grado di farlo, allora gli stessi britannici avrebbero provveduto mantenendo una struttura militare nel paese. I kenioti lo fecero e ora forniscono uomini per le aggressioni imperialiste in altri paesi. Aggiorna sul fatto che oggi sono gli imperialisti USA a controllare il paese, e lo tengono stretto dentro la NATO.
Quanto agli interventi della Cina a Nairobi, aggiungerà che l’approccio reazionario è quello dei leaders politici che tendono ad arricchirsi “usando” la Cina, viceversa l’approccio rivoluzionario deve incentrarsi su come “usare” la Cina a favore del popolo: sostanzialmente definisce Russia e Cina come alleati tattici di questa fase per la costruzione del socialismo.
Hassan, esponente del Niger alla presidenza, afferma che il suo paese ha risorse strategiche (terre rare) e che gli stati del Sahel in realtà sono uno stato unico (i confini divisivi sono stati disegnati dagli imperialisti). Aggiunge che la dinamica del Senegal porta alla luce del ruolo delle elezioni e di come le forze rivoluzionarie si pongono rispetto a esse. Kafui Kan-Senaya del Ghana, precedente segretario di WAPO, parla del problema principale che a suo avviso è la debolezza delle organizzazioni di sinistra e cita un intellettuale di grande spicco per tutta l’Africa, esperto di economia, di politica e di filosofia, il senegalese Cheikh Anta Diop.
Dauda di Ligue Démocratique/Debut (del Senegal) sostiene che bisogna partire da Marx e adattarlo alle condizioni concrete del Senegal, e che c’è necessità di scuole di partito poiché c’è un forte disconnessione delle forze rivoluzionarie dalle masse. Si chiede quindi come fare per riconquistare queste masse.
Cristina Serafini Mfanga del Forum Socialista della Tanzania fa un intervento sul ruolo delle donne nel movimento comunista in Africa, sostenendo che bisogna contrastare i programmi educativi degli imperialisti costruiti solo per farci il lavaggio del cervello.
Arte
C’è una immagine stereotipata dei comunisti come soggetti sordi alle emozioni che genera l’espressione artistica nelle sue varie forme, nell’arte figurativa, nella letteratura, nella musica, nella danza. Questo è anche dovuto al fatto che riuscire ad avere padronanza nelle tecniche di produzione artistica ed educazione nel recepire l’arte è cosa che le classi dominanti hanno sempre riservato a se stesse e negato alle classi oppresse, quelle da cui massima parte dei comunisti sorgono. Questo spiega una certa rigidità entro il movimento comunista, rispetto alle emozioni che l’arte suscita, attitudine che svanirà quanto più riusciremo a conquistare il campo dell’espressione artistica, a conquistarci questa attività specificamente umana. Nel frattempo, contrastiamo due attitudini sbagliate, quella da “volpe e uva”, di chi mostra di disprezzare le espressioni artistiche quasi fosse tutte inficiate dall’influenza della borghesia e quindi false, e quella da “Ulisse e le sirene”, come se l’arte ci facesse dimenticare la via dritta come facevano ai naviganti le sirene con il loro canto.
Questo premetto perché in Africa i comunisti non hanno pregiudizi simili. Per loro è naturale chiudere un congresso con danze collettive che coinvolgono tutti i partecipanti fino ai massimi dirigenti.
Per noi, a Dakar, il “momento artistico” è stata la serata alla cena finale, quando tutti hanno cantato Bandiera rossa in italiano, e Bella Ciao in italiano, swahili e francese.
Bella è stata anche l’escursione al monumento del Rinascimento africano, enorme statua in bronzo su un colle di Dakar, che rappresenta una donna, un uomo e un bambino uniti verso il futuro. È alto 49 metri, alla testa dell’uomo si sale con l’ascensore e si vedono la città e l’oceano. È opera di un artista senegalese ma è stato realizzato (in bronzo) da una impresa nordcoreana. Polemiche hanno accompagnato la sua costruzione perché sarebbe stata una spesa enorme a fronte della miseria in cui versa la popolazione, è realismo socialista, forma d’arte che sarebbe incompatibile con la cultura africana, si vedono i seni della donna, cosa che non torna al clero musulmano.
Noi comunisti, invece, lo abbiamo apprezzato.
[1] PAM da giugno 2023 pubblica il primo di ogni mese la rivista Platform, che raccoglie articoli dai membri del coordinamento o firmatari della Dichiarazione di Parigi del 2022, su cui PAM si fonda. Per informazione vedi https://wap21.org/?cat=8.
[2] Henri Curiel (1914 – 1978), è un ebreo egiziano, attivo a livello internazionale dalla Francia, dove risiedeva, dove era membro del Partito Comunista e dove venne assassinato nel 1978 da soggetti non identificati.
[3] “Sahel” significa “confini del deserto” e “Sahara” è il termine per “deserto”
[4] Da Wikipedia leggiamo che la fazione minoritaria di destra nel 2022 decide di espellere Booker Omole, che quindi nella lotta tra due linee ha ruolo protagonista. Il PPC del Kenia nasce come partito socialdemocratico nel 1992 e diventa comunista tramite una serie di lotte ideologiche.