Venerdì 29 novembre il 70% dei lavoratori ha aderito allo sciopero generale indetto da Cgil, Uil e dalla maggior parte del sindacalismo di base. In alcune importanti aziende l’adesione è arrivata al 100%. Alla Leonardo di Pomigliano d’Arco è arrivata all’80% e davanti ai cancelli si sono svolte iniziative in solidarietà alla Palestina. Nelle 43 piazze che sono state organizzate dai due sindacati confederali ha partecipato mezzo milione di persone. A questi vanno aggiunte le migliaia di persone che hanno partecipato alle piazze del sindacalismo di base. Mentre il 30 novembre il vasto movimento in solidarietà alla resistenza Palestinese ha invaso Roma con circa 20.000 persone e in contemporanea il corteo promosso da API a Milano ha visto la partecipazione di oltre mille persone.
Ascolta a questo LINK le corrispondenze operaie e le voci dei lavoratori in piazza lo scorso 29 novembre!
Tra le tematiche principali che lavoratori e delegati hanno espresso: la necessità di costruire un’unità reale del sindacalismo che pianti le sue radici nel lavoro quotidiano dentro le aziende; l’urgenza di dettare una linea politica di lotta e di conquista del sindacato, contro quella conciliatoria, per fermare leggi ingiuste e bloccare la spirale di guerra in cui il governo trascina il paese. Soprattutto la necessità di occuparsi di avere invece leggi giuste e utili a lavoratori e masse popolari come la tutela della aziende, l’ adeguamento di stipendi e CCNL, lo stop alla complicità al genocidio palestinese. Dalle stesse parole dei lavoratori emerge il ruolo che proprio loro possono e devono avere: dalla costruzione dell’unità nelle aziende e tra le aziende nei territori fino alla creazione di leggi, come quella contro le delocalizzazioni del CdF della Gkn, e al boicottaggio della guerra.
“Il sindacato in generale deve muoversi, mobilitarsi, a costo di sbagliare o poter sembrare eccessivo, perché niente può essere eccessivo in questa situazione di emergenza. A Siena in pochi mesi ci siamo ritrovati con migliaia di posti in meno con la Beko, Amadori e adesso Jsk. Il sindacato deve fare il suo mestiere, in ogni luogo di lavoro e di precarietà deve fare un’azione incisiva e senza compromessi. Sennò non ne possiamo uscire fuori. Noi su Siena non stiamo fermi.. tutti quanti ci siamo trovati d’accordo, le divisioni sindacali non esistono più, siamo un collettivo e stiamo cercando di andare avanti. A Siena non siamo “imparati” rispetto a queste cose perché è sempre stata un’isola felice però ci fidiamo l’uno dell’altro e cerchiamo di andare avanti nella lotta.”
Gianni Bassani, ex Whirlpool, oggi Beko di Siena, Cobas lavoro privato, presente con i colleghi di lavoro, al di là di divisioni sindacali, nella piazza fiorentina dei confederali.
29 e 30 novembre sono state due date importanti per la mobilitazione dei lavoratori e di tutte le masse popolari che cercano soluzioni al catastrofico corso delle cose. Alcuni passi, anche importanti, sono stati fatti: per la prima volta lo sciopero generale ha visto quasi la totale unità dei sindacati, quindi dei lavoratori; la piazza del 30 novembre – al netto delle manovre per depotenziarla e dividere le forze – è arrivata a un accordo, concentrandosi nello stesso luogo.
Alcuni passi appunto, ma altri devono essere fatti perché divisione e concorrenza sono emerse con forza. Sono emerse il 29, con le piazze principalmente divise tra confederali e sindacati di base e addirittura con lo sciopero generale di Usb in un’altra data, e sono deflagrate nella piazza del 30 novembre, con il tentativo di una parte dei promotori – quelli che hanno promosso l’assemblea del 9 novembre – di intestarsi il corteo schierando il servizio d’ordine per chiudere e isolare GPI e UDAP. Creando così due diversi cortei.
Esempio positivo, in controtendenza rispetto alle divisioni che si sono create, è quello del sindacato Si Cobas che in alcune città hanno partecipato alle piazze chiamate dai confederali, andando oltre la natura o la posizione della testa di questi sindacati e ricercando invece unità con la loro base, sulla base degli interessi di classe che muovono operai e lavoratori. Il movimento operaio non ha bisogno di essere diviso e depotenziato ma compattato e rafforzato.
“Lo sciopero generale è stato un vero sciopero. Non abbiamo alcuna fiducia e non pensiamo assolutamente che i sindacati confederali potranno anche solo minimamente dare continuità a questa giornata, utilizzata solo per migliorare capacità di contrattazioni sempre più scarse e supportare il centro-sinistra istituzionale nell’opposizione (che non fa) al governo Meloni. Ma abbiamo incontrato tanti lavoratori e lavoratrici, a cui abbiamo detto di unirci negli scioperi e nei picchetti, a cui abbiamo detto di non fermarci e di continuare a lottare contro l’economia di guerra, e abbiamo incrociato in tantissimi che gridavano al fianco del popolo palestinese, che rilanciavano un altro sciopero generale come necessario.” – Laboratorio Politico Iskra
Serve un salto. Perché nessuna giornata da sola è risolutiva, ma una soluzione è necessaria. Perché serve un complessivo movimento di disobbedienza e ribellione a tutte le leggi e regole, che alimenta ingovernabilità per le classi dominanti e allo stesso tempo organizzazione per imporre soluzioni dal basso. Che promuove in definitiva una mobilitazione per cacciare l’attuale governo e che nel farlo costruisce l’alternativa in grado di impedire al resto delle Larghe intese di imporre la loro soluzione di governo. Serve un fronte di forze che si muova compatto su questo obiettivo, che su questo costruisca unità e lotta.
Per dare gambe a questa rivolta sociale, il prossimo passo concreto da fare è organizzare in ogni azienda, in ogni scuola e università, in ogni casa del popolo, circolo e centro sociale un bilancio di queste due giornate di lotta, di quali limiti bisogna superare per avanzare, di quali sono i prossimi passi da mettere in campo a livello locale e più generale.
In ogni luogo di lavoro vuol dire battagliare per organizzare assemblee di bilancio dello sciopero, trovare spazi e agibilità per farlo e coinvolgere nuovi colleghi per far conoscere i contenuti dello sciopero, per fare bilancio di ciò che è stato fatto e per definire quali passi mettere in campo unendo le diverse appartenenze sindacali.
In ogni territorio e scuola vuol dire fare un bilancio serio della costruzione del 30. Vuol dire trattare nelle assemblee e nei coordinamenti quale è la linea di condotta adeguata a rafforzare sia la resistenza palestinese che quella del nostro paese per fermare guerra esterna e interna; quali sono i passi che portano a rafforzare il movimento e quali altri mettere in campo.