Non sono ancora state depositate le motivazioni della sentenza, pertanto ci limitiamo a una prima analisi per condividere con tutti coloro che hanno sostenuto Lino un risultato importante.
Il 29 novembre scorso, presso il Tribunale di Lanciano, la quarta udienza del processo contro il compagno Lino Parra del P. CARC si è conclusa con il suo proscioglimento perché “il fatto non sussiste”.
L’accusa mossa a Lino era di aver denunciato, durante un volantinaggio alla Sevel di Atessa del giugno 2021, lo sfruttamento, le condizioni di insicurezza sul posto di lavoro, i continui omicidi di lavoratori. In quell’occasione Lino chiamava gli operai a organizzarsi perché è solo invertendo gli attuali rapporti di forza che le normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, di cui oggi i padroni fanno carta straccia, possono essere veramente applicate. Del resto, la legalità è un prodotto storico che registra i rapporti di forza vigenti tra le classi: quando il movimento comunista era forte nel nostro paese, i lavoratori hanno strappato conquiste importanti su diversi fronti: dallo Statuto dei lavoratori al Servizio Sanitario Nazionale e tanto altro ancora. A fronte di determinati rapporti di forza, quindi, è possibile strappare miglioramenti e conquiste. ma senza illusioni di sorta, perché nel sistema capitalista ogni conquista è precaria e i padroni faranno di tutto per eliminarla. Per questo motivo oltre a portare l’appello a organizzarsi contro gli omicidi nei luoghi di lavoro Lino chiamava gli operai anche a lottare per imporre un proprio governo e lottare per il socialismo!
Nell’azione di propaganda che i compagni stavano facendo davanti alla Sevel di Atessa sono subito intervenuti agenti di polizia per identificare i compagni, con il chiaro intento di intimidirli. Da qui è partita la denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale che ha portato a tenere il compagno Lino sotto due anni di processo.
Ebbene, la vicenda di Lino Parra – come tante altre vicende di repressione, abusi e soprusi volti a tacitare le “voci dissidenti” – mostra quanto i padroni vorrebbero rendere reato anche il solo dire la verità davanti ai cancelli di una fabbrica. Ma mostra anche un’altra cosa, ben più importante della denuncia del cattivo presente: la repressione può diventare un boomerang per chi ce la scaglia addosso a patto che rispondiamo con una giusta linea e che l’applichiamo con determinazione.
Resistenza. Non cedere alle intimidazioni e alla repressione tenendo in mano l’iniziativa. Nel caso del processo a Lino era evidente la volontà di fiaccarci imbastendo un processo dispendioso logisticamente ed economicamente e quindi il tentativo di farci desistere dal condurre la battaglia, arretrare e rassegnarsi. Ebbene, a questo tentativo abbiamo risposto usando il processo di Lino per alimentare le nostre relazioni con gli operai, a partire da quelli della Sevel recandoci dopo ogni singola udienza davanti ai cancelli della fabbrica.
Lotta. Denunciare su larga scala operazioni repressive, mostrando che esse non sono il frutto della cattiveria di singoli (l’agente di polizia o il funzionario prefettizio), ma espressione di un sistema sociale basato su sfruttamento e oppressione di classe e che intende silenziare coloro che “dicono le cose come stanno” e agiscono di conseguenza.
Il processo contro Lino è stato un processo politico, come politica è la questione della sicurezza sui posti di lavoro e sbaglia o imbroglia chi vuole derubricarla solo a una questione di mancata applicazione delle norme. Il problema della sicurezza dei lavoratori non è principalmente un problema di leggi ma di rapporti di forza cioè politico: di lotta di classe. Allo stesso modo un processo politico va affrontato avvalendosi di tutte le leve tecniche del caso, ma è la direzione politica che conta veramente sia nei termini di usare l’attacco repressivo per rafforzarci, sia nei termini di incidere anche nelle decisioni dei giudici.
Solidarietà. Chiamare con forza le masse popolari (a partire dagli elementi più avanzati) e gli organismi del movimento comunista cosciente e organizzato a ogni forma di solidarietà con gli organismi e individui colpiti dalla repressione. La solidarietà è un’arma che si è espressa in questi due anni di mobilitazione a sostegno di Lino. Questa solidarietà ha di fatto disarmato le intimidazioni, ha alimentato la rete e l’organizzazione, il coordinamento con altri compagni, lavoratori, delegati e licenziati politici come il compagno della sezione di Pisa del P.CARC Simone Casella, ex delegato FILCAMS licenziato dalla Worsp e Delio Fantasia delegato del sindacato di base FLMU CUB, storico punto di riferimento e avanguardia di lotta dello stabilimento Stellantis di Cassino e redattore del giornalino operaio Avanguardia Proletaria. La solidarietà è anche un deterrente contro la rassegnazione e la disperazione e, se sappiamo valorizzarla adeguatamente, alimenta il movimento generale per porre fine fine al disastroso corso delle cose oggi sempre più necessario. In tutto il mondo la lotta di classe avanza nell’ambito dello scontro tra la via della Terza guerra mondiale e quella della rivoluzione proletaria (socialista e di nuova democrazia). Il governo Meloni è succube della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti Usa, sionisti, Ue e associati e opera in continuità con i governi delle Larghe Intese che l’hanno preceduto. Il governo Meloni continua a imporre misure lacrime e sangue alle masse popolari e cerca di reprimere l’iniziativa popolare e le proteste suscitate dalla sua stessa condotta vietando mobilitazioni e scioperi. Il tentativo di approvare in via definitiva il disegno di legge 1660 va in questa direzione. Ma far fronte alla repressione è possibile: la manifestazione del 5 ottobre a Roma ha indicato come dobbiamo comportarci (difendere i diritti praticandoli), ha dimostrato che possiamo disinnescare le misure repressive del governo Meloni e portare lo scontro di classe a un livello superiore cioè al livello che serve per cacciare i guerrafondai, padroni e affamatori delle masse popolari che ci opprimono e che ci uccidono nei posti d lavoro!
Dedichiamo questi due anni di lotta e celebriamo questa vittoria pensando a Luana D’Orazio, ai tre giovani operai assassinati a Ercolano, a Lorenzo Parelli e a tutti i delegati sindacali e compagni licenziati per aver fatto quello che a giugno 2021 è stato fatto alla SEVEL di Atessa volantinando e parlando con gli operai per organizzarli e trasmettere loro la consapevolezza che il futuro non ce lo regala nessuno ma sta a noi conquistarlo.
La nostra opera è tortuosa ma possibile e necessaria!