Da nord a sud serve una nuova liberazione

Il governo Meloni taglia i fondi per il Mezzogiorno

Rilanciamo a seguire un articolo pubblicato su Il Fatto quotidiano lo scorso 27 novembre a cura di Marco Del Corno. Nel pezzo viene sintetizzato il contenuto del rapporto pubblicato dallo Svimez che come ogni anno fa il punto sullo stato economico del Mezzogiorno d’Italia.

I principali dati mostrano che dalle battaglie in corso nel settore Auto, a partire da Stellantis, dipende un pezzo importante della tenuta occupazionale e produttivo del sud e del paese. Parliamo di trecentomila occupati cui si aggiungono le rispettive famiglie a rischio. Numeri che si sommano a un milione e quattrocentomila lavoratori poveri in tutto il meridione (cifra destinata a crescere) e un’emigrazione dilagante delle nuove generazioni verso il nord Italia e l’estero.

A fronte di tutto questo, dopo la parziale bocciatura dell’autonomia differenziata da parte della Corte costituzionale, il governo Meloni con la prossima finanziaria agita una nuova mannaia contro le masse popolari del Mezzogiorno attraverso il taglio di oltre 5 miliardi di investimenti previsti che metteranno a rischio venticinquemila posti di lavoro. Una finanziaria contro cui continuare a scioperare e mobilitarsi fino a far cadere il governo Meloni.

Il governo Meloni è nemico delle masse popolari del nostro paese. Da questo e da nessun altro governo espressione dei partiti delle Larghe intese potrà emergere una soluzione concreta al divario esistente tra nord e sud. Esso ha radici storiche che affondano nella storia del nostro paese e non derivano da criteri astratti e macchiettistici del nord operoso e del sud parassita o alla suddivisione in nordici e sudici varata dal socialista Camillo Prampolini a fine Ottocento.

L’unica soluzione che dia prospettiva, indirizzo unitario e rafforzi tanto le masse popolari del nord che quelle del sud è cacciare i governi dei parassiti e dei servi delle forze che occupano abusivamente il nostro paese sotto la divisa della Nato e sionisti, il doppio petto degli esattori Ue, la sottana del Vaticano e la canna del fucile delle organizzazioni criminali. Serve una nuova liberazione. Serve mobilitarsi per imporre un governo di emergenza delle masse popolari, quello che noi chiamiamo Governo di Blocco Popolare.

***

Svimez, l’economia del Mezzogiorno rallenta. Crollo dei salari reali: – 5,7% in cinque anni. Ma il governo tagliare

L’economia del Mezzogiorno continua a crescere ad un ritmo superiore a quello del resto del paese. Lo fa per il secondo anno consecutivo ma mostrando segni di stanchezza che prospettano la possibilità di un nuovo sorpasso. Emerge dall’annuale rapporto del centro Svimez secondo cui il Pil al Sud è stimato in crescita dello 0,9% nel 2024 contro lo 0,7% del resto del Paese. Il Rapporto descrive come “decisivo” il ruolo del Pnrr. Il piano vale 1,8 punti di Pil nel 2024-2026.

Si riduce tuttavia lo scarto di crescita favorevole al Sud rispetto al 2023 e, dal prossimo anno, si evidenziano i rischi di un ritorno alla “normalità” di una crescita più stentata rispetto al resto del Paese, a causa del rientro dalle politiche di stimolo agli investimenti e di sostegno ai redditi delle famiglie.

La filiera dell’auto è il settore dove si giocherà il futuro industriale del Mezzogiorno. Gli stabilimenti delle regioni meridionali hanno fornito quasi il 90% degli autoveicoli prodotti in Italia nei primi 9 mesi del 2024, ma hanno perso più di 100mila unità sul 2023 (-25%). Lo stabilimento di Melfi ha visto da solo una perdita di quasi 90mila unità. Ad aggravare il quadro, è stato sospeso l’investimento da oltre 2 miliardi per la realizzazione della gigafactory di batterie a Termoli. La filiera estesa nel Mezzogiorno dell’automotive vale quasi 13 miliardi in termini di valore aggiunto e circa 300mila occupati, più della metà in Campania (30%) e Puglia (21%), seguite da Sicilia (21%) e Abruzzo (11%).

La ripresa dell’ultimo triennio ha riportato l’occupazione sui livelli di metà 2008. Tuttavia i salari reali (ossia tenendo conto dell’aumento del costo della vita causato dall’inflazione, ndr) sono crollati ed è cresciuta la povertà anche tra chi ha un impiego, tanto che ci sono 1,4 milioni di lavoratori poveri. Tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024, i salari reali si sono ridotti del 5,7% al Sud e del 4,5% nel Centro-Nord, rispetto al -1,4% della media dell’eurozona.

“Un vero e proprio crollo al Sud, si legge nel documento,- causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità” con più di un lavoratore su cinque assunto con contratti a termine.

Non stupisce così che, negli ultimi 10 anni quasi 200mila giovani laureati abbiano lasciato il Mezzogiorno per il Centro-Nord. E in 138mila si siano trasferiti dall’Italia all’estero. Questa scelta è legata secondo lo studio alle basse retribuzioni: dal 2013 le retribuzioni reali lorde per dipendente sono calate di 4 punti percentuali in Italia e del doppio (-8) nel Mezzogiorno, contro una crescita di 6 punti in Germania. A causa di un fenomeno denominato “degiovanimento e fuga dei giovani”, le scuole primarie sono a rischio chiusura in 3mila comuni per mancanza di bambini e dice: “l’emergenza è l’emigrazione”.

La legge di bilancio all’esame delle Camere taglierà, secondo le stime di Svimez, le risorse destinate al Sud di circa 5,3 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Eppure il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, intervenuto alla presentazione del Rapporto, afferma che “il governo pone priorità assoluta al Mezzogiorno”. Il ministro avvisa però che il Sud “non sempre vuole cambiare”. “Noi lavoriamo, dice, in una terra dove il fatalismo, la rassegnazione, la riluttanza verso la formazione e verso l’aggiornamento, dove il familismo esasperato, dove l’individualismo certo non contribuiscono ad un processo di svolta e di crescita”.

“Dal rapporto Svimez emerge un grande rischio per il futuro di un sud che meriterebbe protezione e opportunità e non i tagli del governo Meloni. Cancellare decontribuzione sud potrebbe far perdere 25mila posti di lavoro, ridurre drasticamente i fondi per l’automotive, tagliare risorse ai comuni, ridimensionare pesantemente il fondo perequativo infrastrutturale”, scrive Marco Sarracino, responsabile Coesione territoriale, Sud ed aree interne nella segreteria del Pd.

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