Volantino in diffusione alla manifestazione del 30 novembre in solidarietà alla resistenza e al popolo palestinese

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La Terza guerra mondiale è in corso
Serve un salto nella mobilitazione delle masse popolari

L’Italia, al carro della Comunità Internazionale degli imperialisti Usa, dei sionisti e della Ue, è pienamente complice dell’occupazione della Palestina, del genocidio del popolo palestinese, del massacro dei popoli del Medio Oriente e della spirale di guerra in cui la Nato sta trascinando il mondo.
Posto che ogni iniziativa che denuncia i crimini dei sionisti, che boicotta gli interessi dell’entità sionista e che sostiene il popolo palestinese è giusta e legittima, la più efficace forma di solidarietà che possiamo compiere in Italia con la causa dell’autodeterminazione del popolo palestinese e dei popoli del Medio Oriente è rovesciare il governo che collabora con l’entità sionista e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Chiunque cerca di eludere la questione, per interesse, opportunismo o insipienza politica, sta solo mestando nel torbido. Quali che siano le intenzioni dei promotori, ogni mobilitazione che non pone apertamente l’obiettivo di cacciare il governo Meloni e di impedire che si formi un altro governo delle Larghe Intese (ad esempio formato dal Pd e dai i suoi cespugli della sinistra borghese) è una mobilitazione che disarma il campo delle masse popolari, anziché alimentarlo e rafforzarlo.
Ogni organizzazione politica e sindacale e ogni movimento sociale si valuta, va valutato, non principalmente dalle parole d’ordine più o meno radicali che usa, ma da quanto e come alimenta, favorisce, sviluppa la lotta per rovesciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Imporre un governo che fa gli interessi delle masse popolari è lo sbocco politico unitario di tutte le mobilitazioni e le proteste. Si susseguono manifestazioni e iniziative di lotta, si alzerà il livello dello scontro sociale, aumenteranno la repressione e la criminalizzazione. È un processo che non si può fermare, perché è generato direttamente dalla crisi generale del capitalismo e dalle sue conseguenze a livello nazionale e internazionale. È un processo che non va temuto, ma va cavalcato perché è la condizione materiale in cui è possibile rovesciare il sistema politico delle Larghe Intese e imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate. Ma per imporlo occorre che le masse popolari siano più organizzate di quanto lo sono già. E questo non si risolve sperando che si organizzino, ma mettendosi a organizzare quelle che non sono ancora organizzate e, soprattutto, alimentando il coordinamento di quelle che invece lo sono già.

Se il 5 ottobre il corteo non fosse stato fatto, se non fossero stati violati i divieti, se non ci fosse stato il tentativo di sfondare i cordoni di polizia, il movimento popolare nel suo complesso – non solo il movimento in solidarietà con il popolo palestinese – sarebbe oggi in condizioni di maggiore debolezza a vantaggio della classe dominante, del ministero dell’interno, delle questure e delle prefetture.


Anche spontaneamente la lotta di classe spinge alla convergenza delle mobilitazioni. L’esigenza di uno sbocco politico alternativo e antagonista a quello della borghesia trasuda da ogni angolo. Quello che decide tutto non sono, per adesso, “i grandi numeri delle manifestazioni”, ma la lotta per affermare in ogni mobilitazione la linea avanzata, positiva, d’avanguardia che sviluppa il protagonismo delle masse popolari contro ogni tipo di sottomissione alla classe dominante: la linea della lotta anziché quella della conciliazione, la linea della solidarietà di classe anziché quella della dissociazione, la linea dell’unità delle forze anziché quella della concorrenza, la linea delle mille iniziative di base che rendono ingestibile il paese ai governi della borghesia anziché quella dei permessi in questura e degli accordi col prefetto.

Il movimento in solidarietà al popolo palestinese si è sviluppato nel nostro paese in un contesto in cui le grandi centrali della mobilitazione popolare (sindacati di regime, grandi associazioni nazionali, ecc.) si distinguono per l’azione di conciliazione con la classe dominante, per il pompieraggio delle mobilitazioni, per la propaganda dell’“equidistanza” (né con i sionisti né con Hamas), per la criminalizzazione delle lotte e del movimento di solidarietà con la Palestina (divisione tra i buoni e i cattivi). D’altro canto, i partiti e le organizzazioni politiche anti Larghe Intese e i sindacati di base faticano a “rompere gli indugi” e ad assumere un ruolo propulsivo, avviluppati fra sfiducia, attendismo, spirito di concorrenza.
La mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese ha quindi creato le condizioni affinché sorgesse una nuova leva di avanguardie di lotta che hanno rianimato la più generale mobilitazione nel nostro paese. Da ottobre 2023, il movimento in solidarietà con il popolo palestinese è stato uno dei principali fronti di lotta contro il governo Meloni e tutti i partiti delle Larghe Intese, contro i complici dei sionisti e i guerrafondai del nostro paese. Un fronte che si è combinato con le lotte operaie, con quelle studentesche, con il più generale movimento contro la guerra e contro la Nato, con quelle contro il ddl 1660, ecc.

Su queste due basi, lotta per affermare in ogni mobilitazione le linea avanzata e promozione del coordinamento di coloro che sono alla testa delle mobilitazioni, si creano le condizioni affinché le masse popolari organizzate impongano un proprio governo di emergenza. È una questione di lotta di classe, non di appartenenza politica, sindacale, di gruppetto…

Bisogna cacciare il governo Meloni e imporre un governo che sia espressione delle istanze e delle esigenze delle masse popolari, a partire da quelle misure che esse già oggi rivendicano contro il genocidio in Palestina, contro la militarizzazione del paese e il traffico di armi. Un governo, ad esempio, che

riconosce come colonia di occupazione, illegittima e terroristica del territorio palestinese il sedicente Stato di Israele;

rende pubblici gli accordi segreti con gli Usa, con la Ue, con i sionisti, con il Vaticano e le organizzazioni criminali e disattende, annulla e ritira quelli non conformi agli interessi delle masse popolari e dei popoli oppressi del mondo;

interrompe collaborazione, scambi e sostegno alle aziende dell’entità sionista che operano in Italia;

sostiene in ogni ambito la resistenza palestinese;

applica su larga scala l’articolo 11 della Costituzione “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, impedendo il coinvolgimento italiano nelle operazioni della Nato e dei sionisti;

agisce subito per interrompere l’occupazione militare Usa e sionista del nostro paese vietando le esercitazioni con armi nucleari e all’uranio impoverito nelle basi Nato e Usa sul territorio italiano e impedisce che quelle basi siano usate come retrovia per missioni di guerra.

I popoli non chiedono ai loro oppressori
il permesso di liberarsi; non cercano il consenso di chi collabora con i loro oppressori; non avendo alcuna scorciatoia da percorrere si sollevano e combattono. Questo è l’insegnamento più importante che in oltre 70 anni di eroica resistenza il popolo palestinese consegna ai popoli del mondo.

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