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Con la mobilitazione dei lavoratori
Bloccare la finanziaria di guerra
Cacciare il governo Meloni
Non è affatto vero che la finanziaria è “già approvata”, che “tutto è già deciso” che “le manifestazioni e gli scioperi ormai non servono”. Proprio sulla finanziaria il governo è spaccato, a partire dal fatto che i partiti di maggioranza non riescono a garantire le regalie che avevano promesso ai comitati d’affari a cui sono legati. E nemmeno possono rispettare le promesse dispensate a destra e a manca di contenere i tagli, ben superiori a quanto andavano cianciando Meloni, Tajani, Salvini e compagnia. Ma soprattutto il governo Meloni ha il problema di farla ingoiare ai lavoratori, la finanziaria. Una dimostrazione di ciò sono i tentativi di Salvini di limitare, se non impedire, gli scioperi nei trasporti con le precettazioni, come già sono stati precettati, il 20 novembre, medici e infermieri.
Se i lavoratori rifiutano di ingoiare le misure della finanziaria, la questione si complica perché il loro rifiuto rafforza quello che vanno già manifestando le masse popolari per gli ulteriori tagli alla sanità, alla scuola pubblica, per le speculazioni sui territori (vedi il ponte sullo Stretto, per citarne solo una), per le spese militari e la guerra. Il rifiuto generale può diventare la forza che mette all’angolo il governo Meloni e blocca la sua finanziaria di guerra.
La questione, quindi, non è se serve o meno scioperare, protestare e manifestare; la questione è quale tipo di mobilitazione serve, come è possibile promuoverla e chi può promuoverla.
Landini, il segretario generale della Cgil, ha recentemente detto che “serve una rivolta sociale”. Non è importante stabilire se e quanto ne sia convinto o quanto sarà coerente nella pratica, il fatto è che anche il segretario della Cgil deve fare leva sul malcontento e sull’esasperazione dei lavoratori perché il governo e il padronato non sono più disposti alla conciliazione. Indipendentemente da quello che dice Landini, che serve una spinta, una riscossa, è già convinzione di una parte consistente di lavoratori. Serve che siano loro a prendere l’iniziativa per dare un contenuto pratico a quello che altrimenti, probabilmente, rimarrà uno slogan fine a se stesso.
Lo sciopero di oggi è molto importante per il carattere politico che assume. Anche perché, dopo molti anni, oltre a quello proclamato da Cgil e Uil c’è quello proclamato dalla maggioranza dei sindacati di base: è una giornata di lotta di tutti i lavoratori.
La prima questione è fare in modo che non rimanga uno sciopero isolato, fare subito assemblee di bilancio per spingere i vertici delle organizzazioni sindacali (sia confederali che di base) a opporsi senza riserve e fino in fondo alla finanziaria fino a bloccarla. Se la spinta della base è abbastanza forte e continuativa, i vertici sono costretti a darsi da fare.
La seconda questione è percorrere tutte le strade per alimentare la mobilitazione generale: sostenere la lotta per i rinnovi dei CCNL rompendo i vincoli della concertazione (sono già previsti quelli dei metalmeccanici e della logistica, continueranno quelli nei trasporti. Anzi, i lavoratori di trasporti sono un esempio da seguire!), sostenere le iniziative di lotta degli studenti, del movimento contro la guerra, del movimento in solidarietà al popolo palestinese, quelle contro le speculazioni, ecc.
La terza questione è superare le divisioni sindacali nelle battaglie, gli scioperi e nelle iniziative di lotta; collaborare con tutti i lavoratori che sono disposti ad attivarsi, indipendentemente dalla tessera sindacale che hanno in tasca o che siano iscritti o meno al sindacato. Le divisioni sindacali non portano alcun vantaggio ai lavoratori, ma favoriscono solo padroni e governo.
Finché sarà in sella il governo Meloni, bisogna mobilitarsi (scioperi, proteste, manifestazioni) per rendere ingovernabile il paese fino a cacciarlo e impedire che si installi un altro governo delle Larghe Intese, magari targato Pd e formato dai suoi cespugli, ma che attua lo stesso programma del governo Meloni.
Serve un governo di emergenza popolare formato da persone che godono della fiducia dei lavoratori e delle masse popolari, che agisce su mandato delle organizzazioni operaie e popolari, che attuando la Costituzione del 1948 dà forza di legge alle loro principali rivendicazioni. Quello che deve caratterizzare questo governo non sono le chiacchiere da “amico del popolo”, ma le misure che promuove e attua. Usiamo lo sciopero di oggi per avanzare in questa direzione.