Nell’autunno rovente che sta investendo il paese, lo sciopero generale del 29 e la mobilitazione nazionale per la Palestina del 30 novembre hanno un peso specifico in termini oggettivi e di potenzialità che esprimono. Nonostante l’intossicazione dei media di regime tenti di nasconderle, nel solo mese di ottobre si sono tenute oltre 100 manifestazioni, più o meno grandi, contro lo smantellamento dell’apparato produttivo, il decreto sicurezza, la legge di bilancio del governo Meloni, l’autonomia differenziata di Calderoli e per il sostegno alla resistenza palestinese. Al di là delle intenzioni dei promotori, sono tutte iniziative che hanno come bersaglio comune le misure antipopolari del governo Meloni e soci e per questo devono convergere.
Quella a sostegno della resistenza palestinese è la stessa lotta degli operai e dei lavoratori che si mobilitano contro la guerra che subiscono dal governo Meloni. Stessa lotta, stessa soluzione. Organizzarsi e mobilitarsi per cacciare il governo Meloni oggi è il passo decisivo per fermare la complicità del nostro paese al genocidio in corso in Palestina, per bloccare le politiche guerrafondaie e fermare la guerra di sterminio che, anche senza bombardamenti, miete vittime ogni giorno in Italia, ad esempio per malasanità e omicidi sul lavoro. Questa è la lotta comune su cui organizzazioni di operai e lavoratori, popolari, politiche, sindacali, di movimento devono mettere le proprie energie e capacità.
In questo scenario le giornate del 29 e del 30 novembre sono occasioni che vanno colte e a cui va dato seguito. Sono operazioni che vanno condotte sull’esempio del 5 ottobre, giornata in cui sostenere la resistenza palestinese violando i divieti, ha significato arginare la repressione del governo Meloni, far salire di tono la lotta contro il Ddl 1660 e ottenere una prima vittoria. Il 29 e il 30 novembre il vasto e composito movimento che nel paese è in fermento può fare un passo ulteriore.
Rilanciamo l’appello dei Giovani Palestinesi d’Italia e dell’Unione democratica arabo palestinese ad aderire allo sciopero generale del 29 novembre e farne terreno di battaglia per saldare la lotta per la Palestina con quella contro le politiche del governo Meloni. Questo è un esempio positivo di come affrontare le prossime mobilitazioni e di come lo stesso spirito di conquista deve essere esteso anche alla giornata del 30 novembre. Tale esempio avrà un impatto ancora maggiore nella lotta di classe se il messaggio di riscossa e di mobilitazione, quello di continuità con la giornata del 5 ottobre, sarà portato dalle forze del movimento di solidarietà con la Palestina non solo nelle piazze dei sindacati di base ma anche in quelle indette dalla Cgil. Anche lì ci sono lavoratori e lavoratrici che cercano una via di riscossa e di ribellione allo stato di cose presenti.
Il 29 novembre i lavoratori di diverse sigle sindacali, confederali e di base, sciopereranno contemporaneamente per bloccare capillarmente la produzione delle aziende e il trasporto di merci in tutto il paese compreso quello delle armi e i principali nodi del trasporto di queste. Farlo significa lottare unitariamente contro tutte le politiche di guerra del governo Meloni: dalla finanziaria lacrime e sangue fino agli investimenti nell’industria militare per sostenere un genocidio e a scapito di Ccnl, sanità, scuola e tutela dei territori, passando per il tentativo di depotenziare le lotte operaie criminalizzando picchetti e manifestazioni.
Anche il 30 novembre è necessario portare in una stessa piazza le diverse parole d’ordine. L’unità è necessaria e va costruita nella pratica, su un obiettivo comune e non su parole d’ordine migliori di altre. Il 30 novembre deve essere un’altra giornata di lotta che renda ingovernabile il paese al governo Meloni, capace di assestargli un altro colpo. Questa è l’unità che serve e che va praticata territorio per territorio, passo dopo passo, in ogni ambito in cui si può colpire il nemico.
Ai grandi proclami sull’unità che serve per sostenere la resistenza palestinese e lottare contro il governo guerrafondaio della Meloni, deve seguire l’unità nella pratica. Tutto il movimento di solidarietà con la Palestina deve convergere in un’unica piazza perché il nemico è comune e l’obiettivo delle lotte deve esserlo altrettanto. Ciascuno in piazza si faccia portare della linea più avanzata e di lotta di cui è portatore, uniti nel fronte “che cento fiori fioriscano, che cento scuole di pensiero gareggino”. Sarà la pratica e gli sviluppi della lotta di classe a mostrare quale via sarà la più avanzata e aderente agli interessi delle masse popolari. Per noi comunisti italiani liberare l’umanità dall’oppressione e dalle guerre degli imperialisti vuol dire innanzitutto fare la nostra parte nel nostro paese: liberarsi dagli imperialisti che abbiamo a casa nostra, dall’occupazione di quelli americani e dal governo occulto del Vaticano. In poche parole significa far cadere il sistema delle larghe intese che governa il paese mietendo vittime da decenni.
Cacciare il governo Meloni ma impedire a qualunque altro governo espressione degli stessi interessi di formarsi, opponendo a questo un’alternativa che dalle mobilitazioni in corso deve nascere!