I prossimi 23 e 25 novembre Non Una di Meno tornerà a invadere le piazze del paese. Il 23 novembre lo farà con una manifestazione nazionale, a Roma e a Palermo; mentre per il 25 novembre mobilitazioni e iniziative si riverseranno in ogni territorio, in maniera capillare.
La chiamata è a “disarmare il patriarcato”. A scendere cioè in piazza per fermare la violenza che colpisce soprattutto le donne delle le masse popolari e che il governo Meloni alimenta. Per fermare la violenza di genere, le morti e le malattie che la distruzione della Sanità pubblica, l’attacco al diritto di aborto, la devastazione ambientale e lo smantellamento dell’apparato produttivo provocano ogni giorno. Per fermare le politiche di guerra e genocide attuate sulla pelle delle masse popolari del nostro paese. Per rigettare politiche repressive e affermare quale è la vera sicurezza che serve alle donne delle masse popolari.
Nelle ultime settimane è rimbalzata la notizia di una giovane iraniana, Ahou Daryaie, che si è tolta i vestiti restando in biancheria intima nel cortile della sua università in Iran, come forma di protesta. Non entriamo nel merito della vicenda, ci limitiamo a riportare qui la posizione espressa nell’articolo Non in nostro nome, Donne contro la guerra pubblicato su contropiano.org. Troppo spesso il corpo delle donne è stato usato in maniera vergognosa dagli imperialisti per coprire e legittimare le sue guerre sanguinarie. Ci hanno provato (con scarsi risultati!) con il genocidio in Palestina, diffondendo notizie di stupri o gridando all’oscurantismo delle forze della resistenza palestinese. Ci provano adesso, nuovamente, per legittimare le politiche criminali di Israele e colpire l’Iran, che ha un peso nell’appoggio alla resistenza palestinese. Ogni paese ha sue proprie forme di governo, di culto, di resistenza; sta alle masse popolari di questi paesi decidere il loro futuro; non certo ai paesi imperialisti, che li usano come grimaldelli per i propri crimini! Rifiutiamo l’uso strumentale del corpo delle donne e il “femminismo padronale” degli imperialisti che su questo, sui nostri sentimenti e aspirazioni, costruiscono morte!
23 e 25 novembre saranno quindi due giornate di lotta in cui studentesse, lavoratrici, disoccupate e pensionate devono mobilitarsi e organizzarsi insieme per far valere tutta la loro forza e proseguire unite il cammino avviato con la manifestazione nazionale dello scorso 25 novembre a Roma e con lo sciopero dell’8 marzo per fermare questo governo di guerrafondai e nostalgici del ventennio.
Oltre quelli del 23 e del 25 sono già fissati altri appuntamenti di lotta contro il governo e le sue misure criminali: la giornata di sciopero generale del 29 novembre, promossa dalla gran parte delle sigle sindacali, e la manifestazione in solidarietà alla resistenza palestinese del 30 novembre.
23, 25, 29 e 30 novembre rappresentano già una marcia serrata e battente contro il governo e in cui le donne devono assumere un ruolo unite, organizzate e coordinate per rendere l’intero paese ingovernabile.
Allora siamo marea anche il 29 e 30 novembre. Contribuiamo a rendere lo sciopero generale una giornata per bloccare l’intero paese e quella del 30 novembre una nuova giornata di vittoria contro il governo Meloni.
Costruiamo queste giornate di lotta dentro ogni scuola, ospedale e azienda. Parliamone sia dentro che fuori dal posto di lavoro con le colleghe, organizziamo assemblee nelle aziende chiedendo a e coinvolgendo delegate e delegati.
Promuoviamo la costruzione di gruppi di lavoratrici e connettiamoli con quelli che oggi già si mobilitano contro questo governo, perché con le donne della nostra stessa classe non siamo sole.
Portiamo in piazza e a scioperare tutte quelle che possiamo coinvolgere.
Facciamo montare la nostra rabbia con quella di chi oggi già lotta per il proprio lavoro, per salvaguardare scuole, ospedali, territori e contro la repressione.
Dalle mobilitazioni del 23 e del 25 novembre passa il filo rosso che lega le iniziative delle scorse settimane, alle prossime già in programma e che consiste nella lotta alle misure lacrime e sangue del governo guerrafondaio della Meloni. Ogni piazza, ogni iniziativa, ogni posto di lavoro deve diventare un problema costante di ordine pubblico per il governo.
Diventiamo marea che travolge il governo Meloni, fino a farlo cadere e a imporne uno che sia espressione delle nostre mobilitazioni!