Risposta aperta a l’Antidiplomatico

Caro Alessandro Bianchi,
è doveroso da parte nostra chiarire alcune questioni per mettere nella giusta dimensione la lettera di Severgnini e la tua premessa ad essa.
Il testo, nel complesso, è fuori luogo. In particolare lo è quando citi il nostro “violento e altamente lesivo comunicato che lo chiamava in causa (Sevegnini-ndr) senza citarlo”.
Vediamo di chiarire le cose a partire dai concetti elementari.

Nell’articolo che in modo deformato chiami in causa (senza neppure mettere un link o una citazione, a proposito di trasparenza delle fonti) si afferma, letteralmente, il seguente concetto:

“Il principale focolaio della tesi per cui il 5 ottobre gli scontri sono stati organizzati dalla questura a opera di agenti infiltrati (e/o fascisti e neonazisti infiltrati) è l’Antidiplomatico. Questa tesi, intrisa di legalitarismo e pacifismo senza principi tipici del vecchio Pci di Berlinguer, è deleteria, prima di tutto perché la divisione fra buoni e cattivi è una delle principali armi del nemico e della sua propaganda”.

Nella formulazione non è stato chiamato in causa Severgnini semplicemente perché non è stato l’unico a sostenere questa tesi. E neppure il primo. Tale tesi è stata affermata inizialmente in un articolo di Agata Iacono. Non è stata citata Agata Iacono perché non è stata l’unica, è stata seguita a stretto giro da Severgnini. Entrambi hanno in comune il fatto di condividere la stessa tesi e di averla veicolata tramite il medesimo media, l’Antidiplomatico. Pertanto l’Antiplomatico è culla / focolaio di questa tesi. E infatti, fra le tante posizioni che ospita, nessuna è mai andata a confutarla.

Sarebbe stata sufficiente un po’ di serietà per evitare polemiche inutili e stucchevoli (attacchi a Severgnini senza nominarlo? Ma figuriamoci…). E un po’ di onestà intellettuale per riconoscere quello che è scritto nel testo originariamente: un focolaio della tesi degli infiltrati è l’Antidiplomatico. Ed è così: ne fanno fede data e ora del primo articolo pubblicato in cui parlate di infiltrati… Un articolo che ha contribuito ad alimentare pubblicamente una posizione che riteniamo sbagliata e dannosa che non ha i riscontri oggettivi che dovrebbe avere.
Quando si parla di “infiltrati” nelle manifestazioni di piazza sarebbe utile indicarli chiaramente, mostrarli, denunciarli in modo che, se davvero infiltrati sono, si “sputtanino”. Se non si portano elementi per riconoscerli e per indicare per conto di chi operano, al di là delle intenzioni, si finisce solo con lo “sputtanare” il movimento popolare.
Noi critichiamo una specifica concezione, non la persona che l’ha formulata e scritta o il sito che l’ha pubblicata. È una questione politica.

Adesso tu, Bianchi, puoi dire che l’Antidiplomatico “è una testata giornalistica plurale” e ciò è un bene oltre che essere vero. E come ogni testata giornalistica “fa politica” con le opinioni che veicola e le posizioni che esprime. Se alcune opinioni, posizioni e concezioni sono sbagliate, è giusto criticarle. Come abbiamo fatto.

Quindi datevi una regolata che non ci sono né attacchi violenti, né denigrazioni. Se sostenete la linea “degli infiltrati” assumetevene le responsabilità e prendetevi le critiche. Ribattete. Discutete. Portate elementi concreti per dimostrarla, se ne avete. Ma non denigrate e non cercate di alzare cortine di fumo. Non è serio e non è utile.

Avere posizioni sbagliate non esime nessuno dallo svolgere un lavoro apprezzabile nel complesso, o su alcune questioni, su alcuni temi. L’Antidiplomatico svolge un lavoro molto prezioso, in genere e su molti temi. Anche per alimentare quel lavoro è utile sviluppare la dialettica, la polemica, la critica.
Non ci siamo sognati di denigrare il vostro lavoro, non provate a denigrare il nostro quando invece può essere – e vuole essere – uno stimolo a combattere il pensiero unico e ad alimentare un fronte di resistenza, formazione e informazione.

Senza polemica, tuttavia è utile rilevare che del poco edificante circo che avete messo in piedi, non è chiaro che posizione abbiate rispetto alla lotta che si sta conducendo contro l’ipotesi che il 30 novembre ci siano a Roma e sullo stesso tema 2 manifestazioni distinte e in concorrenza.
L’articolo che criticate parlava soprattutto di quello… e il motivo per cui è chiamata in causa la tesi “degli infiltrati” è che essa è fra gli argomenti usati da chi vuole isolare i promotori della manifestazione del 5 ottobre. Ecco che le cose escono dal mondo virtuale e diventano molto concrete… e bisogna decidere da che parte si sta e che ruolo si vuole avere.

Infine, una parola sulla lettera di Severgnini, giusto una.
Siamo un partito serio. Le posizioni del partito sono pubbliche. NON è MAI successo che in pubblico affermiamo una cosa e “in privato” ne affermiamo un’altra. Anzi, conduciamo una specifica lotta per fare quello che diciamo e quello che proclamiamo, per essere conseguenti con quello che diciamo. Non siamo avvezzi a comportamenti clericali che mettono in contrapposizione la teoria con la pratica o che forniscono 3 versioni diverse per lo stesso fenomeno a seconda della convenienza.
Pertanto è impossibile che “in privato” (a chi?) qualcuno del P.Carc pensi e dica che in piazzale Ostiense abbiamo resistito agli idranti e alle cariche per difendere 30 fascisti infiltrati o 30 carabinieri. Per poi affermare in pubblico che la linea “degli infiltrati” è deleteria.
L’unica cosa seria di cui discutere è che la tesi “degli infiltrati anche quando e dove non ci sono” è il modo ELEMENTARE con cui le autorità repressive dividono i movimenti fra buoni e cattivi. Pertanto sì, va censurata, corretta e contrastata.

La conclusione a questa risposta, che non avrà in alcun caso ulteriore seguito, è un richiamo alla serietà e alla serenità del dibattito. Viviamo tempi duri, le nostre migliori energie vanno messe nella resistenza e nella riscossa. Il che prevede anche il confronto, il dibattito aspro, la critica dura. Ma seria. Perché dalla situazione o le masse popolari organizzate ne escono tutte insieme, oppure non se ne esce. La confusione fa comodo solo al nemico.

Buon lavoro

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