107 anni fa, la rivoluzione d’ottobre

La rivoluzione non scoppia, si costruisce

Il 7 novembre del 1917 (25 ottobre nel calendario giuliano) con l’insurrezione culminata con la presa del Palazzo d’inverno è passato alla storia come il giorno della rivoluzione d’ottobre. Nell’immaginario di milioni di lavoratori e di comunisti in tutto il mondo questa data rappresenta il colpo di cannone che diede impulso a decine di rivoluzioni socialiste, di liberazioni dei paesi coloniali e semicoloniali dal giogo dell’imperialismo e una fase di grandi lotte e conquiste di civilità per le masse popolari di tutto il mondo.

Ma come si è arrivati a quella svolta? Uno degli errori principali che le attuali forze del movimento comunista compiono è quella di vedere la rivoluzione d’ottobre come un’insieme di congiunture favorevoli in termini di ingovernabilità del paese dettate dalla debolezza del sistema di potere dello zar, dalle enormi proteste delle masse popolari impoverite dalla guerra e dalla capacità che ebbero i bolscevichi di approfittare della situazione. In definitiva l’idea che la rivoluzione socialista, in Russia come nel resto del mondo, sia un evento che scoppia.

Ultima, in ordine di tempo, ad affermare questa tesi è Piattaforma comunista attraverso una pubblicazione sul loro sito dal titolo Ottobre 1917: la guerra e la rivoluzione proletaria.

Fare un giusto bilancio della prima ondata delle rivoluzioni proletarie del secolo scorso non è solo un esercizio intellettuale o di ricostruzione storica, è innanzitutto un compito dei comunisti funzionale a delineare una strategia e una tattica per portare avanti oggi il compito di fare la rivoluzione socialista.

Concepire la Rivoluzione d’Ottobre con l’insurrezione del 7 novembre 1917 è un travisamento della rivoluzione russa e dell’opera del Partito di Lenin e di Stalin. Essa appare come tale a chi non vede il lavorio compiuto dai bolscevichi nell’epoca che precede il rovesciamento del vecchio potere, che ne rappresenta invece il salto di qualità. Considerato sul piano politico è la giustificazione della politica attendista di chi si professa a favore della socialismo ma non lotta per instaurarlo.

Nella realtà l’assalto al Palazzo d’Inverno, lo scioglimento del Governo Provvisorio costituito nel febbraio 1917 dalla borghesia russa dopo il rovesciamento dello zarismo e l’instaurazione a Pietrogrado del primo governo sovietico, furono solo un tornante di grandissima importanza, ma solo un tornante della rivoluzione russa che sulle macerie dell’Impero zarista ha creato l’Unione Sovietica e ha sollevato nel mondo la prima ondata della rivoluzione proletaria, l’epopea del secolo XX che ha trasformato il mondo intero.

La concezione della rivoluzione che scoppia già all’indomani della rivoluzione d’ottobre trovava consensi e si adattava bene alla concezione e all’attività di tutti gli opportunisti e riformisti. Si conciliava bene con un’attività politica condotta a naso, secondo il senso comune e cogliendo le opportunità di migliorare le condizioni delle masse quando la situazione le presentava. Si adattava bene alla concezione e all’attività di tutti i ribelli e gli avventurieri. Si conciliava infatti con una lotta condotta alla cieca, cercando di contrapporre slancio ed eroismo alle forze e alla repressione delle classi dominanti.

Eppure contro la concezione della rivoluzione socialista come un evento che sarebbe esploso aveva scritto Engels nella sua Introduzione del marzo 1895 alla prima edizione della raccolta di articoli di Marx Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850. Alla fine del secolo XIX, nella Seconda Internazionale la presa di posizione di Engels era rimasta senza eco, soffocata dai suoi stessi destinatari, i dirigenti del Partito tedesco Wilhelm Liebnecht e Karl Kautsky. Essi mutilarono e deformarono il testo di Engels che infatti fu pubblicato integralmente per la prima volta nel 1934 in Unione Sovietica.

Lenin e i suoi, invece, avevano rotto proprio con la concezione metafisica dell’attività politica, con la concezione che la rivoluzione socialista sarebbe scoppiata. Una volta create le condizioni oggettive del socialismo, l’affermazione del socialismo diventava principalmente una questione di lotta politica e per vincere i comunisti dovevano condurre la lotta in campo politico secondo le sue proprie leggi. Ma Lenin e il partito bolscevico non condussero apertamente, nel campo della teoria, la lotta contro la vecchia concezione predominante nei partiti e tra i dirigenti della Seconda Internazionale a proposito della strategia della rivoluzione socialista, della forma della rivoluzione socialista. Troppa era la soggezione intellettuale e sentimentale dei comunisti dell’arretrato, semifeudale impero russo ai comunisti europei e in particolare ai tedeschi, per rendersi conto della necessità di una simile lotta.

La sua necessità divenne palese solo dopo la Rivoluzione d’Ottobre, quando ci si rese conto che contro tutte le attese nessuna rivoluzione socialista scoppiava in Occidente. L’Internazionale Comunista (IC) lanciò allora (V Congresso – 1924)  la bolscevizzazione dei partiti comunisti, che Lenin aveva preannunciato a grandi linee già nella sua relazione al IV Congresso dell’IC, letta nella seduta plenaria del Congresso il 13 novembre 1922: “I compagni stranieri devono digerire un buon pezzo di esperienza russa. Come questo avverrà, non lo so. Forse i fascisti in Italia [che il 22 ottobre avevano fatto la “marcia su Roma” e costituito un nuovo governo, ndr], ci renderanno grandi servizi mostrando agli italiani che non sono abbastanza istruiti, che il loro paese non è ancora abbastanza garantito contro i centoneri. Forse questo sarà molto utile. Anche noi russi dobbiamo cercare i mezzi di spiegare agli stranieri le basi di questa risoluzione [si tratta della risoluzione Tesi sulla struttura organizzativa dei partiti comunisti, sui metodi e il contenuto del loro lavoro, approvata il 12 luglio 1921 nel precedente III Congresso dell’IC, ndr]. Altrimenti essi non saranno assolutamente in grado di applicarla. Sono persuaso che a questo riguardo dobbiamo dire non soltanto ai compagni russi, ma anche ai compagni stranieri, che nel prossimo periodo l’essenziale è lo studio. Noi studiamo nel senso generale della parola. Essi invece debbono studiare in un senso particolare, per comprendere veramente l’organizzazione, la struttura, il metodo e il contenuto del lavoro rivoluzionario. Se questo sarà fatto, sono convinto che le prospettive della rivoluzione mondiale saranno non soltanto buone, ma eccellenti” (Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale, in Opere vol. 33).

Che la bolscevizzazione non abbia avuto nei partiti comunisti dei paesi imperialisti l’effetto sperato è notorio e ne abbiamo spesso parlato, trattando dei motivi per cui nessun partito comunista dei paesi imperialisti ha instaurato il socialismo. In Italia i tentativi fatti in questo campo da Antonio Gramsci furono abbandonati dopo il suo arresto alla fine del 1926.

Ritornando alla pratica della rivoluzione in Russia, non vi è tuttavia dubbio che a Lenin, a Stalin e alla sinistra dei comunisti russi (quelli che non esitarono ad assumere il potere a Pietroburgo nell’autunno 1917 e non esitarono a condurre l’Unione Sovietica ad assumere poi, quando fu evidente che in Europa non scoppiava alcuna rivoluzione socialista, il ruolo di base rossa mondiale della rivoluzione costruendo “il socialismo in un paese solo”) era chiaro che la rivoluzione in Russia non era affatto scoppiata, ma era stata costruita dai comunisti con un accurato lavoro durato anni e guidato dalla concezione comunista del mondo.

Scriveva Lenin nel 1908: “Noi abbiamo saputo lavorare per lunghi anni prima della rivoluzione [del 1905, culminata nell’insurrezione armata del dicembre a Mosca, ndr]. Non a caso ci hanno chiamato uomini di granito. I socialdemocratici [socialdemocratici fino al 1919 si chiamavano tutti i partiti e membri del movimento comunista, ndr] hanno formato un partito proletario che non si lascerà abbattere per l’insuccesso di un primo assalto militare, non perderà la testa e non si lancerà in avventure” (Note politiche, 23 febbraio 1908 in Opere vol. 13).

E ad anni di distanza, nel 1921, ancora scriveva: “La borghesia ritiene giustamente che le “forze” reali della “classe operaia” sono oggi costituite dalla potente avanguardia di questa classe (il Partito comunista russo, che non di colpo, ma nel corso di venticinque anni [Lenin indica quindi come data di avvio della rivoluzione russa il 1898, l’anno della fondazione del Partito Socialdemocratico di Russia che elesse un CC che venne subito dopo arrestato al completo e “non era più stato ricostituito, poiché non c’era nessuno che si potesse accingere a questo lavoro”, scriverà anni dopo Stalin. Ma Lenin avrebbe potuto con pari ragione indicare come data di inizio della rivoluzione russa il 1883, l’anno della fondazione del gruppo Emancipazione del Lavoro, che introdusse il marxismo in Russia, ndr], si è conquistato con i fatti la funzione, la forza e il titolo di “avanguardia” dell’unica classe rivoluzionaria) e poi dagli elementi che il declassamento ha maggiormente indebolito e che sono più suscettibili di cadere nelle oscillazioni mensceviche ed anarchiche.” (Tempi nuovi, errori vecchi in forma nuova, 28 agosto 1921 in Opere vol. 33). Che la rivoluzione russa sia continuata negli anni successivi all’Ottobre è scontato per tutti quelli che conoscono la storia della prima ondata della rivoluzione proletaria.

La concezione affermata nel Manifesto Programma del (nuovo) Partito Comunista Italiano (capitolo 3.3) che la guerra popolare rivoluzionaria è la forma della rivoluzione socialista nel nostro paese è l’applicazione al nostro paese di uno dei sei principali apporti del  maoismo (L’ottava discriminante in La Voce 10 – marzo 2002 e La Voce 41 – luglio 2012) al patrimonio teorico del movimento comunista, ma rispecchia completamente l’esperienza della prima ondata e in particolare della Rivoluzione d’Ottobre.

La Rivoluzione d’Ottobre è stato il primo grande assalto al cielo che le masse popolari hanno condotto, sotto la direzione della classe operaia organizzata nel suo partito comunista, per strappare il potere dalle mani della borghesia e per instaurare la direzione dei lavoratori associati sull’intera società.

L’eroismo degli operai, dei contadini, degli studenti, degli uomini e delle donne delle masse popolari russe che guidate dal partito bolscevico di Lenin hanno “osato lottare e vincere” le forze congiunte dello zarismo e della borghesia imperialista per 40 anni ha ispirato in ogni angolo del mondo la lotta delle masse popolari per l’emancipazione dallo sfruttamento e dall’oppressione; gli insegnamenti della Rivoluzione d’Ottobre e della successiva costruzione del socialismo hanno guidato e illuminato il cammino delle masse popolari verso il comunismo; la scintilla accesa dalle masse popolari russe ha dato fuoco a tutto il mondo: i paesi socialisti sono arrivati a comprendere un terzo della popolazione mondiale e la loro esistenza ha permesso agli operai e al resto dei lavoratori di tutto il mondo di strappare alla borghesia e alle altre classi reazionarie conquiste di civiltà e benessere prima inimmaginabili.

Questa prima grande ondata rivoluzionaria ha “sconvolto il mondo” prima di rifluire a causa dei limiti e degli errori del movimento comunista davanti ai nuovi compiti che proprio i suoi grandi successi ponevano all’ordine del giorno.

Ma quel fuoco non si è mai spento e ha covato sotto la cenere!

Sotto l’incalzare della seconda crisi generale del capitalismo e della barbarie verso cui la borghesia imperialista sta sospingendo l’intera umanità, una nuova ondata della rivoluzione proletaria si sta preparando, il movimento comunista riprende nuovamente forza, nuovi partiti comunisti vanno costruendosi.

L’eco delle cannonate dell’incrociatore Aurora che annunciarono l’attacco al Palazzo d’Inverno è ancora nei cuori di milioni di lavoratori in tutto il mondo e ci sprona ad avanzare nella lotta per il socialismo.

Raccogliamo la gloriosa eredità della Rivoluzione d’Ottobre, per levare più in alto la bandiera rossa che Rivoluzione d’Ottobre fece sventolare in tutto il mondo per cacciare via le forze occupanti del nostro paese, imporre un governo di emergenza popolare delle masse popolari e avanzare sulla strada per fare dell’Italia un paese socialista!

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