Sulla parola d’ordine Sciopero generale

Decine di scioperi hanno aperto questo autunno. Solo a ottobre ne sono stati indetti più di sessanta, in vari settori. Il clima di guerra e la prospettiva della finanziaria lacrime e sangue del governo Meloni alimentano la mobilitazione dei lavoratori di tutte le categorie. In questo contesto l’aspirazione a uno sciopero generale si fa strada tra i lavoratori più combattivi e attraversa anche il grosso delle organizzazioni popolari, come quelle che lottano per la difesa dell’ambiente o contro la guerra e la militarizzazione dei territori.

Spinta dalla situazione complessiva, anche la Cgil, nella sua assemblea nazionale del 7 ottobre, ha deliberato la necessità di arrivare allo sciopero generale per impedire la finanziaria e Landini ne ha già parlato in varie interviste. Ovviamente trattano lo sciopero generale come l’ultima arma a disposizione della classe operaia, l’estrema ratio che sarebbe meglio scongiurare. Messa in questi termini, lo sciopero generale è più un’evocazione mitologica, un feticcio che serve a preoccupare qualcuno, a esaltare qualcun altro, ma soprattutto utile ai vertici dei sindacati di regime per nascondersi dietro una foglia di fico. Lo sciopero ci sarà, molto probabilmente convocato da Cgil e Uil e a ridosso dell’approvazione della Legge di bilancio o comunque in un periodo utile per impedire che ce ne sia un altro, per permettere loro di affermare “ci abbiamo provato, ma non c’è stato niente da fare” (come hanno già fatto sulla riforma Fornero, sul Job Act di Renzi, ecc.). Ma attaccare i vertici dei sindacati di regime, sia pure per “smascherarli”, non serve a molto. Quello che serve, invece, è scardinare la prassi a cui hanno abituato la classe operaia negli ultimi quarant’anni, abbattendo le logiche concorrenziali tra sigle e la concezione dello sciopero come rituale. È l’eredità con cui anche i sindacati di base sono sempre più costretti a fare i conti e che li porta a convocare scioperi generali ognuno in date diverse. Per adesso è stato convocato quello di Usb per il 13 dicembre.

Scardinare questa prassi è possibile. È possibile alimentando la concezione che lo sciopero generale lo si prepara e lo si impone attraverso mille iniziative di base: partecipando agli scioperi di categoria indetti dagli altri sindacati; facendo sciopero al di là della sigla che lo promuove; approfittando di quelli che saranno costretti a indire Cgil e Uil e facendo quello che loro non vogliono fare ovvero mobilitare realmente ogni lavoratore, azienda per azienda; intervenendo fra i lavoratori della propria azienda e fra i lavoratori di altre aziende, iscritti e non iscritti alle organizzazioni sindacali; partecipando anche alle manifestazioni, mobilitazioni e iniziative politiche promosse dalle organizzazioni popolari, come quelle in solidarietà alla Palestina, e renderle occasione per promuovere lo sciopero.

Non sono certo pratiche che arriveranno dall’alto, né dai vertici dei sindacati di regime né da quelli di base, ma saranno costretti a ingoiarle se saranno i lavoratori iscritti o non iscritti ai sindacati a metterle in campo e a rendere queste date occasioni per rafforzare la propria capacità di organizzazione e mobilitazione. I lavoratori hanno la possibilità di trasformare lo sciopero generale da rito stantio della burocrazia sindacale a parola d’ordine che orienta la pratica.

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