Stellantis. Lo sciopero generale del 18 ottobre e le prospettive

Il 18 ottobre migliaia di lavoratori delle fabbriche Stellantis e del settore auto hanno aderito allo sciopero generale indetto da Fiom, Fim e Uilm. Secondo fonti sindacali in ventimila hanno partecipato alla manifestazione per le strade di Roma e l’adesione nelle fabbriche è stata alta, con picchi del 100%.

Gli operai hanno protestato contro la dismissione delle loro aziende. Nell’articolo “Resistere allo smantellamento”, pubblicato su Resistenza n.10/2024, abbiamo messo in fila le cifre del crollo della produzione negli stabilimenti italiani di Stellantis. Questo crollo trascina con sé anche la produzione dell’indotto, della componentistica che li rifornisce.

Al corteo hanno partecipato sia i segretari generali di Fiom, Fim e Uilm che quelli confederali di Cgil, Cisl e Uil. Erano presenti al corteo, alla disperata caccia di visibilità e voti, anche esponenti politici come Schlein, Conte, Calenda e Bonelli.

Tavares continua a chiedere incentivi per mantenere aperti gli stabilimenti in Italia e il ministro Urso finge di fare la voce grossa dicendo: “Stellantis dia all’Italia quello che l’Italia ha dato alla Fiat in questi decenni” (Assemblea generale di Assolombarda del 21 ottobre). Questo giochetto prosegue da mesi sulla pelle dei lavoratori, ma di concreto non si è mai visto nulla da parte di questo governo come dei precedenti.

Mantenere e rilanciare la produzione nel nostro paese è la richiesta della piazza. Una richiesta che si fa a Stellantis, ma soprattutto al governo. Si è fatta strada la necessità di un intervento politico per imporre un’inversione di tendenza. Come è possibile imporla? Proprio per rispondere a questa domanda siamo intervenuti al corteo con un volantino che indicasse una concreta prospettiva di riscossa.

***

Volantino diffuso dal P.Carc in occasione dello sciopero del 18 ottobre

Giù le mani da Stellantis, dall’apparato produttivo del paese e dai lavoratori!

Fare della lotta contro lo smantellamento un problema politico generale.

Nel giro di due anni, Meloni & Co. si sono rivelati come i peggiori scendiletto della Nato, della Ue e dei sionisti di Israele, delle multinazionali e di ogni potentato straniero che ha interessi in Italia. Altro che “patrioti”!

Di “tanta grazia” non potevano non approfittare gli Agnelli-Elkann e i capitalisti francesi di Psa che sono oramai i veri padroni dell’ex Fiat.

I primi hanno portato a compimento il sogno di famiglia coltivato dalla fine degli anni Settanta di diventare un colosso della speculazione finanziaria attivo principalmente nel “fare soldi coi soldi”. I secondi, grazie ai primi, hanno messo le mani sugli stabilimenti ex Fiat sparsi nel mondo e sul relativo mercato e hanno impresso un’accelerazione senza precedenti alla liquidazione degli stabilimenti in Italia. Gli uni e gli altri sono stati aiutati e protetti dall’Unione Europea e dal sistema politico italiano delle Larghe Intese – il cosiddetto Centro destra e l’altrettanto sedicente Centro sinistra – quei partiti che oggi fanno la voce grossa contro gli Agnelli-Elkann e Tavares, ma dietro le quinte permettono che la liquidazione della ex Fiat e del suo ampissimo indotto possa svolgersi pacificamente, cioè a suon di cassa integrazione, prepensionamenti e misere buonuscite ai dipendenti diretti Stellantis e con cassa integrazione e licenziamenti in tronco per gli operai delle aziende dell’indotto.

Per interrompere questo corso delle cose non basta una singola manifestazione o un singolo sciopero, anche se “ben riuscito”. Soprattutto non serve, è dannoso e nocivo, sperare nel fatto che Tavares e gli Agnelli-Elkann si mettano una mano sulla coscienza o che lo facciano l’Unione Europea e i governi delle Larghe Intese di casa nostra. Qual è la coscienza di questa gentaglia lo abbiamo visto nel corso dell’ultimo quindicennio: a partire dall’attuazione del piano del (non compianto) Sergio Marchionne fino allo stato comatoso della gran parte degli stabilimenti ex Fiat rimasti in Italia. Liquidare definitivamente gli stabilimenti dell’ex Fiat fa comodo agli interessi di tutte le multinazionali operanti in Italia, perché se passano gli Agnelli-Elkann, allora domani potranno fare peggio di quel che già fanno tutte le altre multinazionali a cui fa comodo fare fagotto dall’Italia per andare nell’Est Europa, in Asia o in Africa.

La liquidazione dell’ex Fiat è una dichiarazione di guerra delle multinazionali contro la classe operaia e le masse popolari del nostro paese. Con spavalderia e tracotanza, gli Agnelli-Elkann, Tavares & Co. hanno dato le gambe a quella dichiarazione, arrivando ai licenziamenti politici contro avanguardie di lotta (come avvenuto a inizio 2024 con Delio Fantasia e Francesca Felice). Per fermarli, prima che arrivino a svuotare gli stabilimenti e portare via i macchinari nottetempo, è urgente che, a partire dallo sciopero del 18 ottobre, prenda forma anche la dichiarazione di guerra della classe operaia per salvare i posti di lavoro all’ex Fiat, per salvare i diritti di chi lavora, l’apparato produttivo e con esso le condizioni di vita delle masse popolari tutte. Perché il paese fortemente deindustrializzato in cui le multinazionali vogliono trasformare l’Italia è un paese con molta più miseria e povertà di quella già abbondantemente presente. Il momento è arrivato già da un pezzo, ma adesso è urgente fare sul serio. E questo significa tre cose:

1) Far saltare il ricatto del “poco lavoro” e passare all’attacco con scioperi e iniziative di lotta che vadano a intaccare i profitti che gli Agnelli-Elkann continuano a ricavare dagli stabilimenti italiani con il super-sfruttamento di una piccola porzione dei propri dipendenti e mantenendo in cassa integrazione la grande massa.

Un anno fa gli operai Stellantis degli Usa organizzati nel sindacato Uaw hanno mostrato come sia possibile fare male ai padroni con una catena di scioperi a scacchiera che alla lunga ha messo il nemico in ginocchio, colpendone i profitti. È quello che bisogna iniziare a fare in Italia, a Mirafiori, Cassino, Atessa, Pomigliano, Termoli, Melfi, ecc. Non serve andare negli Usa a vedere come si fa. Gli operai ex Fiat sanno già come si fa.

Sono le dirigenze delle organizzazioni sindacali che devono rompere gli indugi e dimostrare nei fatti da che parte stanno. Tirare avanti con scioperi e manifestazioni “a scadenza comandata” è il miglior modo per dare una mano ai padroni nell’attuare i loro progetti. Dare inizio, a partire dal 18 ottobre, a un movimento di lotta a base di scioperi “all’americana” è quello che va fatto per far corrispondere le parole ai fatti.

2) La difesa dei posti di lavoro in Stellantis deve diventare una questione di ordine pubblico. Basta processioni! Servono metodi e strumenti di lotta straordinari! Se il governo Meloni è preoccupato dell’ordine pubblico tanto da emanare disegni di legge liberticidi (come il ddl 1660) occorre allora che l’ecatombe di posti di lavoro prospettata dalla liquidazione dell’ex Fiat diventi proprio un problema di ordine pubblico. E che lo diventi insieme alla manutenzione dei territori e ai risarcimenti alle famiglie flagellate dalla crisi ambientale, ai morti sul lavoro, ai divieti di manifestare, all’acquisto di F35 da parte del governo che tolgono 7 miliardi di euro alla sanità, al coinvolgimento dell’Italia nella Terza guerra mondiale, ecc. Perché quando vige un ordine sociale ingiusto, il disordine è il primo passo per instaurare un ordine sociale giusto.

3) Bisogna rendere ingovernabile il paese al governo Meloni e a qualunque altro governo delle Larghe Intese e imporre con la mobilitazione un governo di emergenza popolare. Un governo che attui la Costituzione del 1948.

Questa è la condizione per rompere i vincoli di sottomissione del governo italiano agli Usa, alla Ue e ai sionisti che ci portano in guerra, ma anche con le multinazionali che come Stellantis depredano l’apparato produttivo del paese. Così si spezza il pilota automatico che ci porta verso la Terza guerra mondiale, ci impoverisce e ci getta nel degrado, ci priva di un lavoro utile e dignitoso.

Solo un governo che sia emanazione e operi al servizio delle organizzazioni operaie e popolari ha le carte in regola per sbarrare la strada alle multinazionali come Stellantis. Solo a queste condizioni la necessità della “transizione ecologica” cesserà di essere una scusa che oggi usano i capitalisti per speculare e per fare fagotto dall’Italia e potrà essere affrontata con la necessaria serietà da parte di un governo che agisce nell’interesse dei lavoratori e delle masse popolari tutte.


Costituire dentro le aziende ex Fiat organizzazioni di operai che si riuniscono, al di là dell’appartenenza sindacale, per passare all’attacco e smettere di subire la guerra dei padroni!

10, 100, 1000 nuovi Consigli di Fabbrica per la salvezza dei posti di lavoro e dell’apparato produttivo del paese!

Il P.Carc è al fianco e sostiene ogni operaio e gruppo di lavoratori deciso a intraprendere questa strada!

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