Questo è l’ultimo numero di Resistenza del 2024. Sarà diffuso fino alla fine di dicembre e la scelta dell’argomento a cui dedicare l’editoriale non è stata semplice perché – letteralmente – sta “succedendo di tutto”, sia sul piano internazionale che su quello nazionale. Le settimane che abbiamo di fronte sono gravide di sviluppi.
Sviluppi negativi, pensano i pessimisti. In effetti, la Terza guerra mondiale dilaga e grazie al governo Meloni l’Italia ne viene sempre più travolta. Ma governo Meloni o un ipotetico governo del Pd e del “campo largo” non fa nessuna differenza, la guerra e tutto il resto continuerebbero. Se a questo aggiungiamo la devastazione provocata dagli effetti della crisi ambientale che si combinano alla decennale incuria dei territori, lo smantellamento dell’apparato produttivo, le stragi sul lavoro, la distruzione della sanità pubblica, l’aziendalizzazione della scuola e dell’università, ecc. è comprensibile avere una visione pessimistica del futuro. Ma le cose possono essere viste in modo diverso.
È vero che la Terza guerra mondiale dilaga, ma proprio questo alimenta la mobilitazione delle masse popolari che di esserne coinvolte (e di essere complici dei macellai imperialisti) non ne vogliono sapere.
Non solo, proprio il malcontento e la preoccupazione per la guerra che incombe alimentano le mobilitazioni che sono già in corso contro le conseguenze più gravi della crisi generale e contro l’opera del governo Meloni.
Sta a noi decidere di guardare le cose con spirito di conquista anziché con le lenti del pessimismo.
Possiamo vedere la guerra interna al nostro paese (guerra di sterminio contro le masse popolari) e la guerra esterna (la Terza guerra mondiale) come un’opportunità e una spinta a farla finita con il sistema imperialista che le genera. Certo, non è spontaneo, bisogna imparare a farlo e bisogna volerlo fare, ma in definitiva è l’unico modo per poter agire in funzione del cambiamento necessario, in funzione della rivoluzione socialista.
Con questa premessa dedichiamo l’editoriale al tema della costruzione del fronte delle forze politiche e sindacali contro le Larghe Intese e del coordinamento degli organismi operai e popolari.
È l’argomento dirimente per armare di prospettiva tutte le mobilitazioni delle prossime settimane, quali che siano i temi per cui nascono, i loro promotori e gli obiettivi che questi si prefiggono.
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Le mobilitazioni ci sono già in ogni ambito, anzi ce ne sono un’enormità. Mobilitazioni non sono solo le manifestazioni di protesta e gli scioperi (che comunque crescono: solo a ottobre ce ne sono stati oltre sessanta), ma anche tutte le forme in cui si manifesta l’attività delle masse popolari antagonista o comunque autonoma rispetto alla classe dominante.
La fatica a vederle (“in Italia non si muove niente”) è dovuta alla combinazione di quattro fattori:
– il settarismo, che si esprime ad esempio nel prendere in considerazione solo alcuni tipi di mobilitazioni e non altre, solo quelle indette dai sindacati di base e non quelle indette dai sindacati di regime (e viceversa), ecc.;
– l’intossicazione dell’opinione pubblica e la diversione dalla realtà e dalla lotta di classe a opera dei media di regime;
– la reale frammentazione (e il relativo isolamento) degli organismi che le promuovono;
– la sfiducia nella possibilità che i lavoratori e le masse popolari possano farla finita con il corso disastroso delle cose imposto dalla borghesia imperialista.
Il settarismo si cura con la formazione ideologica e politica; l’intossicazione dell’opinione pubblica, la diversione dalla realtà e dalla lotta di classe si combattono con la formazione ideologica e la contro-informazione; la frammentazione (e il relativo isolamento) si contrasta alimentando con ogni mezzo e in ogni ambito il coordinamento degli organismi operai e popolari; la sfiducia si supera con l’organizzazione collettiva e la lotta di classe (si impara a combattere combattendo).
Da qui una prima conclusione che chiama in causa direttamente i comunisti e gli elementi più avanzati dei lavoratori e delle masse popolari: tutto “il sapere” deve essere tradotto nel sostenere e alimentare gli organismi operai e popolari affinché si rafforzino e si coordinino fra di loro.
Sono gli organismi operai e popolari le forze rivoluzionarie del nostro paese in questa epoca, esattamente come i soviet furono le forze rivoluzionarie in Russia nel 1917.
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Ogni mobilitazione, quali che siano i temi per cui nasce, i suoi promotori e gli obiettivi che questi si prefiggono, presenta due tendenze.
Da una parte la tendenza arretrata che, in termini generali, consiste nel limitarsi a rivendicare alla classe dominante e nel circoscrivere la mobilitazione nei limiti della “compatibilità” con le regole e le leggi.
Dall’altra la tendenza avanzata che, in termini (molto) generali, consiste nel portare la mobilitazione sul piano politico – e pertanto sul piano dell’ordine pubblico – e nello sviluppare al massimo grado possibile l’inconciliabilità di interessi fra le masse popolari e la classe dominante.
Laddove le due tendenze non si manifestano apertamente è compito dei comunisti farle emergere. Non per “accanirsi” contro la tendenza arretrata e chi la promuove, ma per dare uno sbocco positivo a entrambe.
In ogni ambiente e situazione c’è una sinistra, una destra e un centro, i comunisti devono rafforzare la sinistra affinché unisca a se il centro e isoli la destra.
Un esempio sui generis di questo discorso riguarda l’intervento in uno sciopero indetto dalla Cgil. È abbastanza inutile dedicarsi a criticare i vertici della Cgil perché sono pompieri e collaborazionisti del governo o del Pd, è invece molto utile dedicarsi a raccogliere le aspirazioni, le frustrazioni, le spinte e le proposte di quei lavoratori che in piazza in occasione dello sciopero ci vanno, ma sanno anche che non basta una processione all’anno per fermare la strage sui posti di lavoro o per tutelare i posti di lavoro.
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Ogni mobilitazione, indipendentemente dalle questioni attorno a cui nasce, dai suoi promotori e dagli obiettivi che questi si prefiggono, raccoglie e dà forma alle contraddittorie aspirazioni delle masse popolari che vi partecipano.
Da nessuna parte, mai, le mobilitazioni di massa sono fenomeni omogenei. Così come esistono una tendenza avanzata e una tendenza arretrata, allo stesso modo esistono sia nella tendenza avanzata che in quella arretrata una combinazione di concezioni, idee, aspirazioni, malumori, intolleranze, ecc.
È compito dei comunisti intervenire per far coincidere gli schieramenti politici con gli interessi di classe.
Un operaio di sinistra ha più interessi in comune con un operaio che ha votato Lega o Fratelli d’Italia che con un alto funzionario dei sindacati di regime che ha votato Pd. L’alto funzionario dei sindacati di regime si spaccia per uno di sinistra, ma porta acqua al mulino della destra. L’operaio della Lega o di Fratelli d’Italia si presenta per quello che è, ma spesso ciò che è è il frutto della disillusione, dei tradimenti, dell’abbrutimento, del senso di impotenza…
L’operaio è un operaio, ha oggettivamente gli stessi interessi di classe degli altri operai. L’alto funzionario dei sindacati di regime dice di aver a cuore gli interessi degli operai, ma spesso è un agente dei fondi pensione, della sanità privata integrativa, della politica del “bisogna tirare la cinghia”, è fautore della collaborazione con gli interessi della borghesia e dei padroni.
Questo esempio può essere ripetuto infinite volte, in ogni ambito. Nelle mobilitazioni contro la crisi ambientale è possibile trovarci lavoratori animati anche dalla fede, alle mobilitazioni contro la Nato è possibile trovare lavoratori “nazionalisti” (anche se è più corretto dire sovranisti).
Costruiamo schieramenti sulla base degli interessi di classe e su questi basiamo la nostra politica!
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Cosa c’entra tutto questo con la necessità e la possibilità di rafforzare il fronte contro le Larghe Intese e il coordinamento fra gli organismi operai e popolari?
Si susseguono mobilitazioni, manifestazioni, scioperi. Si alzerà il livello dello scontro sociale, aumenteranno la repressione e la criminalizzazione. È un processo che non si può fermare, perché è generato direttamente dalla crisi generale del capitalismo e dalle sue conseguenze a livello nazionale e internazionale. È un processo che non va temuto, ma va anzi valorizzato. Va cavalcato perché è la condizione materiale in cui è possibile rovesciare il sistema politico delle Larghe Intese e imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate. Ma per imporlo occorre che le masse popolari siano più organizzate di quanto lo sono già. E questo non si risolve sperando che si organizzino, ma mettendosi a organizzare quelle che non sono ancora organizzate e, soprattutto, alimentando il coordinamento di quelle che invece lo sono già.
Intervenire da comunisti significa approfittare di ogni mobilitazione per rafforzare la rete fra tutte le tendenze avanzate (e se la rete non esiste ancora va costruita, praticamente) e significa imparare a costruire schieramenti politici sulla base degli interessi di classe.
Chiamiamo i comunisti, ovunque collocati, e i lavoratori avanzati a cimentarsi in questa opera per dare slancio alla costruzione delle forze rivoluzionarie, per alimentare la rinascita del movimento comunista, per guardare con spirito di conquista il marasma provocato dalla crisi generale.