Eversione o liberazione?


Insorgere per imporre un governo di emergenza popolare

Anche fra i comunisti è diffusa la convinzione che per suscitare la ribellione dei lavoratori e delle masse popolari sia utile insistere sulla denuncia del cattivo presente e sulla spiegazione delle sue cause.
Noi siamo di un altro avviso. Per quanto riguarda la denuncia del cattivo presente, i lavoratori e le masse popolari sono già perfettamente consapevoli che, ad esempio, non è possibile mantenere dignitosamente una famiglia con un salario di 1.300 euro e vivono direttamente tutti i giorni le conseguenze della crisi generale e dell’agenda Draghi, la cui attuazione continua con Meloni & Co. Limitarsi alla denuncia serve a poco.
Per quanto riguarda la spiegazione delle cause del cattivo presente – come anche indicare chi ne è responsabile – è un’opera molto utile, ma da sola non basta.
Noi siamo dell’avviso che, oltre a spiegare le cause del cattivo presente e denunciarne i responsabili, bisogna lavorare in modo da favorire l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari, bisogna dare risposte ai problemi che ostacolano la loro mobilitazione e bisogna dare la prospettiva di un futuro che è possibile conquistare lottando ora, senza aspettare “tempi migliori” o che la soluzione cada dal cielo. I tempi migliori non arriveranno da soli e sotto la direzione della borghesia la situazione non può che peggiorare.
Siamo dell’avviso che per contrastare la sfiducia e la rassegnazione dilaganti bisogna parlare chiaramente degli obiettivi che perseguiamo e del come li perseguiamo, delle difficoltà che incontriamo nel raggiungerli e delle forze che dobbiamo ancora accumulare per avanzare e conquistare posizioni.
Siamo dell’avviso, infine, che sia necessario considerare e mostrare sempre i punti di forza e i punti deboli del nemico in modo da non cadere nell’errore di sottovalutarlo, ma neppure in quello di sopravvalutarlo. Che la classe dominante sia invincibile e onnipotente è una concezione tanto diffusa quanto deleteria.
Questi sono alcuni dei modi in cui si traduce il procedere con ottica da guerra che ci guida.

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Nei mesi scorsi il P.Carc e il (n)Pci sono stati al centro di una vasta manovra di criminalizzazione mediatica.
A fine agosto il (n)Pci ha pubblicato l’Avviso ai naviganti n. 145: una denuncia nominale di individui, circoli, comitati d’affari e aziende di agenti dell’entità sionista operanti in Italia. Cioè una rete di elementi, pienamente integrati nel sistema di potere italiano, che opera in nome e per conto degli interessi di un altro paese, lo Stato terrorista di Israele.
Giornalisti, politicanti e opinionisti di regime hanno reagito come se fossero stati morsi dalla tarantola: hanno spacciato il documento come “la schedatura degli ebrei in Italia” e hanno spacciato l’antisionismo per antisemitismo, paragonandoci ai “nuovi nazisti”.
Sulla scorta di ciò, l’intossicazione di regime è proseguita insieme alla criminalizzazione: veniamo indicati come i principali promotori di un piano eversivo per “scatenare il caos nel paese” sfruttando le manifestazioni e gli scioperi.
Non abbiamo nulla da ribattere a chi ha trovato il suo posto nel mondo mestando nel torbido e intossicando l’opinione pubblica al servizio della classe dominante. Anzi, lo diciamo chiaramente: siamo per sovvertire questo sistema criminale di gestione della società.
Non abbiamo nulla da cui dissociarci e non temiamo che la campagna di criminalizzazione possa dare agli organi repressivi il pretesto per attaccarci. Agli organi repressivi non serve un pretesto.
Affrontiamo la campagna di criminalizzazione e la repressione con la linea di condotta di rivoltare gli attacchi contro chi li orchestra e li promuove, di promuovere la più ampia solidarietà di classe, di educarci ed educare alla resistenza e lotta contro la repressione.
In questa ottica valorizziamo ai nostri fini anche la canea mediatica, la criminalizzazione, le accuse di eversione e di “simpatie per il terrorismo” che ci rivolge il nemico.
Se a fronte della canea mediatica e ai suoi bavosi promotori qualcuno che non aveva rapporti con il P.Carc o il (n)Pci ha istintivamente parteggiato per il P.Carc e per il (n)Pci, se qualcuno ha sperato che davvero ci fosse chi si pone irriducibilmente contro l’attuale sistema politico, se qualcuno è stato incuriosito dal fatto che da qualche parte c’è un “piano eversivo” per rovesciare le Larghe Intese, allora la canea mediatica ha svolto un ruolo positivo e possiamo avvalercene.
Questo è un altro modo in cui si traduce il procedere con ottica da guerra che ci guida.

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La forza di un piano d’azione non deriva dalla certezza che sia infallibile. Ogni piano è fallibile. La sua potenza ed efficacia si basano sul fatto che il piano è costantemente migliorabile finché non funziona. Tutte le difficoltà nel realizzarlo, come tutte le temporanee sconfitte, sono la principale scuola per chi lo promuove, finché il piano non funziona.
Noi abbiamo un piano d’azione per costringere le Larghe Intese a ingoiare l’installazione di un governo che non vorrebbero ingoiare (e che faranno di tutto per non ingoiare). Abbiamo un piano per rompere il sistema politico delle Larghe Intese e imporre un governo che sia espressione degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
Non è un atto di fede, né un articolo da vendere al mercatino delle soluzioni politiche, è un piano d’azione che porterà risultati quanto più viene perseguito, affinato, migliorato, sviluppato.
Il nostro obiettivo è imporre con la mobilitazione un governo di emergenza formato da persone che godono della fiducia delle masse popolari, che agisce su mandato delle organizzazioni operaie e popolari, che attuando la Costituzione del 1948 dà forza di legge alle loro principali rivendicazioni.
Quello che deve caratterizzare questo governo non sono le chiacchiere da “amico del popolo”, ma le misure che promuove e attua.
Imporre un simile governo è possibile, passando dalle elezioni o meno, solo a condizione che le organizzazioni operaie e popolari rendano ingovernabile il paese a qualunque altro governo espressione delle Larghe Intese.
Per tenere in vita un simile governo e difenderlo dai boicottaggi e dai sabotaggi della classe dominante (Usa, Nato, sionisti, Ue, Vaticano, capitalisti italiani e stranieri, fondi di investimento, agenzie finanziarie, ecc.) è necessaria la partecipazione attiva delle masse popolari organizzate. Come del resto è necessaria anche per vigliare sul suo operato e sull’operato dei suoi ministri e funzionari.
Un simile governo NON è affatto “il socialismo” e non è ancora lo sbocco della rivoluzione socialista. È lo sbocco politico di tutte le mobilitazioni di cui oggi sono già protagoniste le masse popolari, ed è uno strumento della rivoluzione socialista, nel senso che alimenta la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato e porta le organizzazioni operaie e popolari ad agire e concepirsi da nuove autorità pubbliche, ad agire in Italia nel XXI secolo come agirono i soviet in Russia nel 1917.

Rendere ingovernabile il paese
Si è istintivamente portati a pensare che rendere la vita impossibile a un governo delle Larghe Intese si limiti agli scontri di piazza, ai blocchi, alle azioni militanti. Certamente questi ne sono un ingrediente, ma il ragionamento è più ampio ed è tutto politico. Ci sono molte strade praticabili, la questione è proprio imparare a praticarle, a combinarle e a svilupparle:
1.la diffusione della disobbedienza e dell’insubordinazione alle autorità e alle istituzioni della classe dominante;
2. le attività del “terzo settore”, come le attività di produzione e distribuzione di beni e servizi, organizzate su base solidaristica locale;
3. l’appropriazione organizzata di beni e servizi (espropri, “io non pago”, ecc.) che assicura a tutta la popolazione i beni e servizi a cui la crisi blocca l’accesso;
4. gli scioperi e gli scioperi alla rovescia, principalmente nelle fabbriche e nelle scuole;
5.le occupazioni di fabbriche, di scuole, di stabili, di uffici pubblici, di banche, di piazze, ecc.;
6. le manifestazioni di protesta e il boicottaggio dell’attività delle pubbliche autorità;
7. il rifiuto organizzato di pagare imposte, ticket e mutui;
8.lo sviluppo – sul terreno economico, finanziario, dell’ordine pubblico, ecc. – di azioni autonome dal governo centrale da parte delle Amministrazioni locali sottoposte alla pressione delle masse e sostenute dalla loro mobilitazione. Ogni Amministrazione locale è un centro di riferimento e di mobilitazione delle masse, dispone di impiegati e di esperienza, di locali, di soldi e di strumenti: tutte armi importanti per organizzare lo sforzo unitario necessario per far fronte agli effetti della crisi, in primo luogo per attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”.

I principali punti di forza del nostro piano stanno

– nel fatto che, a causa delle conseguenze della crisi generale del capitalismo, le Larghe Intese non riescono più ad accordarsi per dare un indirizzo unitario allo Stato e al paese. La politica italiana è caratterizzata da una crescente ingovernabilità, scaturita dalla guerra per bande fra parti della stessa classe dominante;

– nel fatto che le Larghe Intese non riescono più a imbrigliare le ampie masse nella gabbia del teatrino della politica borghese. Cresce l’astensionismo e crescono il malcontento e la sfiducia verso tutte le istituzioni e le autorità della classe dominante, dalla chiesa ai sindacati di regime, dai ministri ai prefetti;

– nel fatto che le condizioni di vita di milioni di persone stanno precipitando, la classe dominante ci porta in guerra, ci ruba i risparmi e le pensioni, devasta la sanità e l’istruzione, ha ridotto le città a gabbie di degrado. Indipendentemente da come la pensano (o dicono di pensarla), milioni di persone sono spinte a cercare soluzioni, a mobilitarsi e a ribellarsi.

Riassumendo, i principali punti di forza del nostro piano d’azione risiedono nel fatto che il cambiamento netto e radicale è una necessità oggettiva. Tutti coloro che lo negano sono costretti a balbettare idiozie per nascondere la realtà.

Ciò che rallenta la realizzazione del nostro piano attiene per intero alle nostre attuali capacità di realizzarlo. E questo implica un discorso che include il movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese di cui siamo parte, e un discorso che riguarda nello specifico noi del P.Carc. Ovviamente i due aspetti sono legati.
Per quanto riguarda il movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese è valido il ragionamento fatto all’inizio di questo articolo, benché sia parziale. È necessario andare più a fondo: il movimento comunista del nostro paese non ha ancora rotto con la tradizione elettoralista e rivendicativa che aveva già caratterizzato la sinistra del vecchio movimento comunista. Quelle concezioni, elettoralismo ed economicismo, sono il motivo per cui il vecchio movimento comunista non è riuscito a portare alla vittoria i tentativi rivoluzionari del passato. E sono fra i motivi per cui il movimento comunista attuale è debole e frammentato.
Per quanto riguarda i nostri specifici limiti, al netto del fatto che la lotta contro la tradizione elettoralista e rivendicativa non può mai considerarsi conclusa, essi risiedono nella capacità di intervenire nel movimento pratico delle organizzazioni operaie e popolari in modo da portarle a essere (ad agire, prima ancora che concepirsi) come nuove autorità pubbliche.
In secondo ordine, essi risiedono nelle difficoltà a valorizzare tutti quegli elementi della sinistra borghese, della sinistra sindacale, degli intellettuali e degli esponenti delle Amministrazioni locali (cioè gli elementi in cui le masse popolari ripongono oggi una qualche fiducia) ai fini di una loro assunzione di responsabilità nel contribuire alla costituzione di un governo di emergenza popolare.
Riassumendo, i principali elementi che rallentano la realizzazione del nostro piano d’azione attengono al fatto che l’obiettivo di imporre un governo di emergenza popolare non è ancora coscientemente perseguito dai comunisti italiani e dalla parte più avanzata dei lavoratori. Ma senza l’azione cosciente dei comunisti e della parte avanzata dei lavoratori, non è possibile nessun cambiamento radicale del corso delle cose.

Un programma eversivo?
Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale. Nessuna azienda deve essere chiusa.
Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato.
Eliminare attività e produzioni inutili o dannose, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti.
Riorganizzare tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la partecipazione universale dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.

È del tutto normale che i veri eversori, i parassiti, gli speculatori, i criminali di guerra in giacca e cravatta spaccino per programma eversivo quello di un governo che afferma, persegue, difende e promuove la sovranità popolare e la sovranità nazionale. È normale, è per questo che non abbiamo nulla di cui giustificarci o da cui dissociarci. Abbiamo anzi da far conoscere nel modo più capillare possibile i nostri obiettivi e il nostro piano d’azione. Dobbiamo far diventare il governo di emergenza popolare un obiettivo cosciente per tutti quelli che sono stanchi del cattivo presente.

Oggi, e finché sarà in sella il governo Meloni, la nostra linea è rendergli ingovernabile il paese fino a cacciarlo e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Se il governo Meloni cade per un intrigo di palazzo, per uno scandalo o per la manifesta sfiducia dei burattinai di Washington, Bruxelles, Tel Aviv e Città del Vaticano, la nostra linea sarà rendere impossibile la vita a qualunque governo delle Larghe Intese fino a imporre un governo di emergenza popolare.
In ogni caso, la questione principale è promuovere l’organizzazione dei lavoratori e delle masse popolari e imparare a far valere nella lotta di classe la forza che da essa deriva fino a instaurare il socialismo.
La classe dominante e i suoi mestatori chiamano terrorismo la lotta per la liberazione e chiamano eversione la lotta per il socialismo. Ma le parole che il nemico usa per denigrarci non hanno alcun valore, anzi ogni attacco è una medaglia, un titolo di merito. Noi rendiamo conto del nostro operato soltanto ai lavoratori e alle masse popolari.
Anche questo è un modo in cui si traduce il procedere con ottica da guerra che ci guida.

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La più alta forma di solidarietà con il popolo palestinese e i popoli del Medio Oriente che possiamo dare, la più efficace forma di sostegno alla causa della liberazione della Palestina è alimentare la mobilitazione per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare, un governo che abbia il coraggio, la determinazione e si dia i mezzi per attuare le parti progressiste della Costituzione del 1948 e che schieri l’Italia al fianco del popolo palestinese.
Bisogna cacciare il governo Meloni e imporre un governo che sia espressione delle istanze e delle esigenze delle masse popolari, a partire da quelle misure che esse già oggi rivendicano contro il genocidio in Palestina, contro la militarizzazione del paese e il traffico di armi. Un governo, ad esempio, che
– riconosce come colonia di occupazione, illegittima e terroristica del territorio palestinese il sedicente Stato di Israele
– rende pubblici gli accordi segreti con gli Usa, con la Ue, con i sionisti, con il Vaticano e le organizzazioni criminali e disattende, annulla e ritira quelli non conformi agli interessi delle masse popolari e dei popoli oppressi del mondo,
– ritira tutte le aziende di Stato dal territorio occupato dai sionisti, interrompendo ogni forma di complicità con il genocidio,
– sostiene, nella misura delle forze di cui dispone, economicamente, politicamente e militarmente la resistenza palestinese,
– applica su larga scala l’articolo 11 della Costituzione “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, impedendo il coinvolgimento italiano nelle operazioni militari in corso contro il Donbass e Gaza,
– agisce subito per interrompere l’occupazione militare Usa e sionista del nostro paese vietando di svolgere esercitazioni con armi nucleari o all’uranio impoverito nelle basi Nato e Usa nel nostro paese e di usarle come retrovia per missioni di guerra.
Stralci da “Parlare della Palestina o lottare per la Palestina” – articolo dell’Agenzia Stampa Staffetta Rossa pubblicato su www.carc.it

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