È davanti agli occhi di tutti, anche nella regione Emilia Romagna, il bollettino di guerra che la borghesia imperialista ci riserva ormai quotidianamente. È una guerra di sterminio non dichiarata nel senso che la classe dominante è disposta a portare avanti i suoi affari anche se questi producono migliaia e migliaia di morti diretti e indiretti, oltre che, in definitiva, minacciare ormai la sopravvivenza stessa della specie umana sulla Terra.
È una guerra fatta di devastazione ambientale (inquinamento, cambiamento climatico) e del territorio (incuria, cementificazione), di stragi sul lavoro, dello smantellamento dell’apparato produttivo (tentativi di chiusura di aziende come la Berco nel ferrarese o la IIA a Bologna, precarietà e sfruttamento, esternalizzazioni e delocalizzazioni ecc.), della privatizzazione dei servizi essenziali e dei beni comuni, di carovita e caroaffitti. Ma anche di abbrutimento morale e intellettuale, degrado e disagio psicologico. Sono tutti, in pari grado, fronti della “guerra interna”, che fa il paio con l’invio di uomini e mezzi al fronte: è il prezzo che paghiamo per l’asservimento del nostro paese alla speculazione, alla finanza, al parassitismo delle classi dominanti.
Tutti i governi nazionali e locali, che sono espressione di questi interessi parassitari, sono parte attiva del problema e non saranno mai parte della soluzione. Se guardiamo alle prossime elezioni regionali, il candidato del Pd, partito che da decenni amministra gran parte dell’Emilia Romagna, Michele De Pascale, è perfetta espressione del programma politico della classe dominante: già sindaco di Ravenna, come “dipendente di Federcoop” in aspettativa è uomo del cemento (Ravenna è il comune con la più alta cementificazione d’Italia dopo Roma) oltre che di comprovata fede atlantica, come ha dimostrato legando senza riserve il suo nome all’installazione del rigassificatore in regione. Elena Ugolini, candidata “civica”, fa una campagna elettorale presentandosi come sincera democratica, appoggiata, però, dalla Lega, cioè dal partito del Passante di mezzo e delle grandi opere speculative, dai nostalgici del Ventennio al governo del paese amici di Figliuolo & Co., svendipatria e traditori persino degli interessi di quegli strati sociali che pretendono di rappresentare (vedi il caso balneari, ad esempio).
L’alternativa di governo del territorio dobbiamo costruirla nell’ambito del movimento organizzato delle masse popolari (associazioni, comitati, sindacati di base e sinistra di opposizione nei sindacati di regime) e delle forze politiche che lo sostengono. Al momento in cui scriviamo (28 ottobre) si è appena svolta a Bologna la manifestazione promossa dalla Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna (Reca) e altri. Il movimento ambientalista ha dimostrato, con l’ausilio di tecnici, di saper elaborare dal basso le misure che servono alla cura e alla gestione dell’ambiente e del territorio. Le quattro leggi di iniziativa popolare promosse dalla Reca sono un esempio. Lotte come quella del Comitato Besta dimostrano, però, che elaborare e rivendicare misure è necessario, ma non basta: serve una mobilitazione determinata a vincere (e a violare le leggi ingiuste come il ddl 1660 in corso di approvazione), continuativa (senza limitarsi alle sole manifestazioni di piazza) e unitaria (cioè il più possibile coordinata, bandendo settarismi e divisioni tra buoni e cattivi). Dimostrano anche che in questa fase l’aspetto decisivo non è “risvegliare le coscienze”, perché già esiste un diffuso malcontento, ma dare una prospettiva concreta, un obiettivo chiaro e infondere fiducia nel fatto che è possibile vincere. Serve, anche a livello regionale, anche sul tema ambiente e territorio, un coordinamento stabile di organizzazioni e individui che si concepiscano e agiscano da subito come centro promotore della mobilitazione popolare.
A questo fine le elezioni sono un’opportunità, a prescindere dal risultato. Il percorso unitario promosso dalla lista Emilia Romagna per la Pace, l’Ambiente e il Lavoro è un primo positivo passo. Affinché tale iniziativa non si limiti al solo obiettivo elettorale, come P.Carc facciamo appello alle forze che compongono la lista affinché mantengano, dopo le elezioni, il loro coordinamento e lo allarghino a tutti comitati, sindacati e partiti che vogliono mettersi sulla strada di costruire una sorta di “Stati Generali per l’ambiente e il territorio”, cioè un ampio, stabile e aperto fronte di forze alternativo al partito unico della guerra e del cemento. Il Partito dei Carc è pronto a collaborare senza riserve a una tale prospettiva.
Compagni/e, per uscire dalla crisi è necessario, in definitiva, costruire organismi collettivi che abbiano un obiettivo di governo del territorio e del paese. Siamo davanti a una svolta storica e quanto andiamo ora costruendo cambierà il corso delle cose. Bando al settarismo e alle logiche concorrenziali, che sono espressione dell’influenza della concezione borghese! Osare lottare, osare vincere!
Segreteria Federale Emilia Romagna del P.Carc
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A caldo sui risultati in Liguria
Scriviamo mentre è in corso lo spoglio delle regionali in Liguria. Non è possibile fare analisi articolate, ma tre elementi sono ben evidenti:
1. Bucci e Orlando si stanno spartendo i voti della minoranza degli aventi diritto: anche in questo caso, trend confermato, le masse popolari disertano le urne. Al di là delle virgole e dei “vincitori”, in ogni caso, si staglia all’orizzonte un’altra legnata per i partiti di governo, Fdi in primis.
2. Senza un programma di rottura e senza iniziative di rottura, le (molte) liste alternative alle Larghe Intese non arriveranno all’1%, Questo significa che nessuna delle liste alternative ha condotto una campagna elettorale adeguata a raccogliere la fiducia della larga parte di elettorato che ha deciso di astenersi. È una tipica conseguenza dell’elettoralismo.
3. Ognuno se la rigiri come vuole, e i partiti delle Larghe Intese sono maestri nel girare e rigirare la frittata: le liturgie dell’elettoralismo sono un’arma spuntata. Le elezioni si possono usare efficacemente SOLO a condizione di perseguire l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari.