La Città Futura (LCF) è un collettivo politico che cura da oltre dieci anni il settimanale comunista on line che porta lo stesso nome (www.lacittafutura.it). Da circa un anno, la redazione cura un canale Youtube molto ricco: invitiamo i lettori a visitarlo e a “scoprirlo”. Fra i video sono presenti molte interviste a esponenti del movimento comunista italiano, in particolare su tre argomenti, che poi sono diventati tre “rubriche”: natura e caratteristiche dell’imperialismo, insegnamenti e contributi del leninismo, relazione fra la debolezza soggettiva del movimento comunista e le condizioni oggettive estremamente favorevoli per la rivoluzione socialista.
Anche il P.Carc è stato invitato nei mesi scorsi a portare il suo contributo: abbiamo toccato con mano la genuina spinta al dibattito e al confronto fra comunisti che anima l’iniziativa e abbiamo ritenuto che fosse utile approfondire la conoscenza di questa esperienza.
Il testo che segue è la parziale trascrizione dell’intervista che il direttore di Resistenza, Pablo Bonuccelli, ha fatto a Renato Caputo. Il video dell’intervista integrale è pubblicato sul canale de LCF
***
Ciao Renato, vuoi presentare La Città Futura a chi non la conosce?
La Città Futura è un collettivo politico nato oltre dieci anni fa con l’obiettivo di riprendere il percorso della pubblicazione di un quotidiano comunista dopo che Liberazione, il giornale del Prc, aveva cessato le pubblicazioni. Il progetto non ha avuto il sostegno necessario, quindi l’idea di un quotidiano è stata accantonata, ma abbiamo continuato a lavorare alla creazione di una pubblicazione comunista che poi è diventata un settimanale on line.
I componenti della redazione de LCF, che originariamente appartenevano all’area di minoranza del Prc, hanno in maggioranza lasciato il Prc e il collettivo politico si è maggiormente definito, in particolare nel voler contribuire alla lotta contro la frammentazione dei comunisti. Non siamo “l’ennesimo partito”, i redattori de LCF possono appartenere a organizzazioni politiche diverse, ma portano in ogni organizzazione la visione de LCF rispetto all’unità dei comunisti.
Siamo convinti che il capitalismo sia arrivato alla sua fase finale, non è solo un ostacolo allo sviluppo delle forze produttive, ma sta portando la società alla barbarie. È necessaria una rivoluzione sociale che schiuda la strada al socialismo come fase di transizione al comunismo, quindi siamo convinti che sia necessaria l’esistenza di un partito comunista che sia capace di assolvere questo compito storico.
Per una serie di vicissitudini storiche, l’unità nel partito comunista è andata perduta. Ci sono stati fondati motivi politici e storici che hanno avuto la loro oggettiva importanza, ma nella fase in cui siamo bisogna lavorare all’unità necessaria per affrontare i compiti di oggi.
Le differenze ci sono e sono innegabili, ma anziché essere un problema insormontabile secondo noi potrebbero essere una ricchezza, a patto che ci sia l’intellettuale collettivo che le ricompone e le porta a confluire nel medesimo senso di marcia.
Soffermiamoci sul progetto delle video interviste. In un anno di esperienza, quali risultati stanno emergendo? Le difficoltà che avevate preventivato sono confermate o avete trovato un terreno più favorevole?
L’esperienza è molto positiva, anzi posso dire che ci sta trasformando a partire dal modo con cui vedevamo noi per primi le cose. Prima di iniziare avevamo la pretesa – un po’ assurda, ripensandoci – di “avere la verità in tasca”, pensavamo di essere “i veri comunisti”, di aver capito tutto. Ci siamo resi conto che fortunatamente le cose non stanno così: ci sono altre analisi e interpretazioni che magari toccano aspetti che noi non prendevamo neppure in considerazione. Se devo individuare un primo risultato, quindi, è che abbiamo noi acquisito un po’ di sana umiltà.
Avevamo perso la capacità di ascoltare gli altri e ci siamo resi conto che invece è essenziale farlo, che ci sono molte cose che possiamo imparare e apprendere. Quindi, da questo punto di vista, è un percorso che ci ha arricchito molto.
Poi abbiamo capito una seconda cosa: ci sono “tradizioni comuniste” diverse fra loro e in certi casi lontane dalla nostra, che hanno cose significative da dire, colgono aspetti che altri non colgono… Quindi diciamo che si è resa più evidente la necessità di un percorso unitario che possa riequilibrare posizioni anche molto diverse.
Per quanto nel movimento comunista ci sia frammentazione e litigiosità, abbiamo toccato con mano che le varie “anime” del movimento comunista sono più simili fra loro rispetto a tutte le altre concezioni del mondo. Quindi le “guerre” che ci facciamo non sono la cosa migliore in cui impiegare energie. È più quello che ci unisce rispetto a ciò che ci divide, in particolare rispetto ai problemi e ai compiti “dell’oggi”: sulle questioni dell’oggi quello che ci unisce deve valere di più di quello che ci divide per motivi storici. E questa volontà emerge: c’è una maggiore volontà di confrontarsi, di dibattere e di ascoltarsi. La battaglia ideologica va mantenuta e anzi alimentata, ma senza squalificare i portatori di posizioni e analisi diverse.
Avete avuto riscontri pratici di questi aspetti positivi? Cioè proposte di collaborazioni, attività comuni, ecc.?
Abbiamo scoperto che ci sono tante organizzazioni comuniste che stanno facendo un ottimo percorso, magari diverso dal nostro o con cui siamo solo parzialmente d’accordo. Poi ci sono tante case editrici, le Edizioni Rapporti Sociali, ma anche molte altre, che magari non conoscevamo. Quindi si sono aperte varie possibilità, anche solo farne conoscere il lavoro. E poi, sì, si sono allargati margini di collaborazione: si è allargata la rete di collaboratori di cui possiamo avvalerci su argomenti di attualità o quelli con un taglio più scientifico.
Se invece parliamo delle difficoltà e dei limiti che avete riscontrato?
Guarda, parto sicuramente con un atteggiamento autocritico, l’ho già detto, rispetto all’idea di “avere la verità in tasca”.
Ma questo lo abbiamo riscontrato anche in altri compagni e altre organizzazioni… diciamo che è un po’ una sorta di “malattia professionale” dei marxisti e dei comunisti.
Il contributo al dibattito che state dando è molto prezioso per la rinascita del movimento comunista. E la continuità che state mantenendo è un altro punto di forza. Pensi che si possa fare di più per alimentare questo percorso?
Credo di sì. Ad esempio, sarebbe molto positivo se i partiti e le organizzazioni comuniste iniziassero a parlare fra loro direttamente. Anche in ottica di battaglia delle idee, che comunque porta a un riconoscimento reciproco: storie e percorsi diversi, ma tutti possono essere valorizzati e tutti hanno qualcosa da apprendere.
Di fronte ai compiti che i comunisti hanno di fronte, si tratta probabilmente di imparare a mettersi in discussione. Questa è la cosa principale che abbiamo imparato noi e credo che sia importante anche per gli altri.
Una domanda sullo strumento delle video interviste. Non ci interessa un ragionamento sulle “nuove tecnologie”, ci interessa capire dalla tua esperienza se si è rivelato uno strumento migliore per veicolare certi messaggi o per trattare certi argomenti…
Anzitutto, una premessa. Ringrazio pubblicamente il P.Carc perché l’idea dell’inchiesta sulla natura e sulle caratteristiche dell’imperialismo è nata da una vostra proposta. Solo che la vostra proposta prevedeva il confronto attraverso contributi scritti, ma la realizzazione era difficoltosa. Quindi abbiamo provato con le video interviste e in effetti questo ci ha permesso di superare le difficoltà che avevamo incontrato.
A questo aggiungo che dopo tanti anni di esperienza nella stesura di articoli, tutte le settimane, un articolo ogni due giorni, proprio la stesura di articoli ti mette nella condizione di pensare di avere la verità in tasca e doverla affermare o spiegare: “scrivo questo articolo e ti spiego questo”, “scrivo quest’altro articolo e ti spiego quest’altro”…
Quindi uno è portato a scrivere per affermare e spiegare e a dare scarso ascolto agli altri. Le interviste hanno avuto il pregio di metterci nella condizione di ascoltare, quindi di imparare e di valorizzare.
Siamo alle conclusioni, c’è qualcosa che vuoi aggiungere?
Vi ringrazio per l’intervista anche perché è stata anche un’opportunità per riflettere sul percorso fatto. Spero che il confronto iniziato possa essere sviluppato già dal prossimo futuro con la presentazione del volume 13 delle Opere di Stalin, ma anche su questioni di attualità politica.