Coordinamento nazionale No Nato. Si apre una fase nuova

Lo scorso 4 aprile si sono svolte decine di iniziative in tutta Italia contro la Nato, in occasione del 75° anniversario della sua nascita. Iniziative territoriali promosse dai comitati che da tempo fanno opera di sensibilizzazione e denuncia. La loro particolarità è stata nel fatto che rientravano in un percorso comune di carattere nazionale, avevano un legame cosciente.
La mobilitazione del 4 aprile “Chiudiamo le basi Nato-Usa! – 75 anni di Nato sono abbastanza! Dichiariamo il 4 aprile Giornata internazionale contro la Nato” è stata lanciata da un aggregato internazionale, il Fronte Antimperialista, con un appello a cui il P.Carc ha aderito e da cui ha preso spunto. Non ci siamo limitati a sottoscriverlo e a propagandarlo, né a organizzare una nostra iniziativa per il 4 aprile, ma abbiamo valorizzato e usato l’appello per far avanzare la lotta per il Governo di Blocco Popolare.
Abbiamo progettato “l’operazione 4 aprile” facendo leva sulla mobilitazione esistente contro la guerra e le basi Usa e Nato e sull’ammirazione diffusa verso quello che viene dall’estero per promuovere un’operazione di mobilitazione e lotta nel nostro paese che coinvolgesse e coordinasse organismi già operanti su questo terreno.
L’operazione è riuscita. Non solo perché nel corso della settimana dall’1 all’8 aprile si sono svolte circa sedici iniziative, ma soprattutto perché i criteri e i principi utilizzati per innescare quella scintilla hanno dato frutti e sviluppi.
Riguardo ai principi, il discorso è semplice:

a. ogni organismo deve mantenere una completa autonomia sia per quanto riguarda il tipo di iniziativa da svolgere sul proprio territorio sia per quanto riguarda le parole d’ordine da usare;

b. ogni organismo alimenta il lavoro comune sia con proposte durante le riunioni on line sia mettendo a disposizione relazioni e contatti.

Anche riguardo ai frutti e agli sviluppi, il discorso, benché per nulla scontato, è semplice: poiché una simile impostazione ha permesso di rafforzare ogni iniziativa grazie a un processo in cui ogni organismo è stato valorizzato anziché “soffocato”, il lavoro di coordinamento è proseguito in occasione del 2 giugno (contestazioni e proteste in occasione della Festa della Repubblica) e ha trovato slancio nella partecipazione a “scadenze nazionali” (come la manifestazione contro il Comando Nato a Firenze del 21 settembre scorso). In estate si sono svolti i campeggi di lotta in Sicilia (No Muos) e Sardegna (A Foras) che sono stati occasione per estendere la rete di relazioni dell’embrione di coordinamento o per rafforzare quelle esistenti. Inoltre, si è svolta la Festa nazionale della Riscossa Popolare del P.Carc a Pontendera in cui abbiamo dedicato la giornata del 4 agosto alla mobilitazione contro la Nato e la guerra.

A fine ottobre il percorso è entrato in una fase nuova.
Quello che per mesi è stato un embrione di coordinamento ha compiuto un salto e va ora verso una superiore strutturazione: è stato elaborato un documento politico (Dichiarazione programmatica) e una bozza di Statuto; il lavoro svolto attraverso le riunioni on line si avvia a una sintesi e il 7 o 8 dicembre (mentre scriviamo la data non è ancora definita con precisione) si svolgerà un’assemblea in presenza a Bologna.
È una piccola grande svolta perché dopo molti anni (bisogna tornare indietro di decenni) in Italia torna a esistere un coordinamento nazionale di organismi popolari contro la Nato. E torna a esistere sulla base di un percorso di attività comuni, di scambio di esperienze, di sperimentazione pratica alimentato da impellenti necessità oggettive (la Terza guerra mondiale che incombe, il genocidio in corso in Palestina, la sottomissione dell’Italia alla Comunità Internazionale degli imperialisti) che incidono in maniera sempre più profonda sulla vita delle masse popolari.
Il P.Carc ha contribuito a far nascere questo percorso e lo ha sostenuto fin dall’inizio. Ma più che parlare di quale sia stato il nostro contributo concreto, è utile soffermarci su quello che da questo percorso abbiamo imparato.

Anzitutto, è stato un’occasione per toccare con mano cosa vuol dire valorizzare le tendenze avanzate e le spinte positive. Il motore della costruzione del Coordinamento sono stati i comitati e gli organismi locali che hanno visto e “usato” il percorso per uscire dai confini e cimentarsi nella discussione, nell’elaborazione, nella progettazione: hanno intrapreso una strada che veniva definendosi man mano che la si percorreva. Dal comitato “storico” che ha alle spalle anni di esperienza e di iniziative a quello “appena nato”, passando dai comitati costituitisi su altri temi e arrivati solo dopo a mettere a fuoco l’importanza della lotta contro la Nato nel nostro paese: tutte realtà che spontaneamente avrebbero avuto difficoltà a incontrarsi e a parlarsi, ma che ora hanno intrapreso un sentiero comune e in sviluppo.

In secondo luogo, questo percorso è stato occasione per praticare sistematicamente la lotta per l’unità. Considerato il punto di partenza, se si è arrivati a ragionare di strutturare anche formalmente il coordinamento ciò è avvenuto grazie al fatto che l’unità al ribasso è stata contrastata efficacemente. L’unità al ribasso mina ogni percorso comune perché impedisce che si sviluppi la discussione politica. Ecco, la discussione politica c’è stata – e c’è, come è giusto ed essenziale che sia – ma non ha mai paralizzato l’iniziativa pratica comune che ogni organismo territoriale ha sempre potuto calare nel proprio contesto, a seconda delle proprie caratteristiche, sensibilità, esigenze ed esperienze.

Un esempio. Il lavoro per la costruzione del Coordinamento nazionale No Nato ci ha consentito di sviluppare ulteriormente la politica da fronte e le iniziative comuni con partiti e organismi del movimento comunista che sono legalitari, hanno sfiducia nelle masse popolari, sottovalutano la profondità della crisi del sistema politico borghese; denunciano la repressione e le misure liberticide del governo Meloni ma, in caso di divieti e restrizioni, si adeguano e in questo modo fanno avvizzire il movimento popolare.
In questa situazione dobbiamo mettere in campo anche da soli iniziative che “tirano la corda della legalità borghese” per aprire la strada agli altri. Detto in altri termini, dobbiamo fare delle rotture nel fronte per elevare la politica da fronte e far montare la lotta.
Non dobbiamo né lanciare a vuoto le iniziative di rottura né assecondare divieti e restrizioni. Dobbiamo imparare (e aiutare chi dirige il movimento popolare nei casi in cui non siamo direttamente noi a farlo) a non sbandare né a destra (legalitarismo, pacifismo di principio) né a sinistra (avventurismo, provocazioni).
Unità d’azione, quindi, ma per davvero.

In ultimo, abbiamo toccato con mano la ricchezza e le potenzialità della condivisione e valorizzazione delle relazioni e dei legami di ogni organismo. Ogni organismo ha “un mondo” (adesso poco importa se è ampio o ristretto) di relazioni e legami con le masse popolari, con esperti, giuristi, giornalisti d’inchiesta, intellettuali che nel coordinamento diventano patrimonio comune. Lo stesso discorso vale per le esperienze di mobilitazione, di organizzazione e di lotta, il materiale di formazione e informazione, le conoscenze tecniche, ecc.

Rispetto al contributo che il P.Carc ha portato a questo percorso è utile menzionare un aspetto particolare, niente affatto scontato. È normale, nella strutturazione di un coordinamento, che le discussioni e le elaborazioni si soffermino sugli aspetti organizzativi: il funzionamento dell’organismo ha uno specifico peso. La tendenza spontanea, dunque, è a soffermarsi sugli aspetti organizzativi tralasciando la discussione politica. Il nostro contributo, fra le altre cose, è andato nel senso di alimentare la discussione politica, e l’elaborazione della Dichiarazione programmatica, oltre che dello Statuto, ne è un risultato.

Se da questa breve ricostruzione qualcuno pensa che si è trattato di un percorso lineare, chiariamo che non lo è stato. Ogni passo avanti è stato ed è il frutto di una lotta (non a caso abbiamo parlato di “lotta per l’unità”), ogni risultato è stato ed è la trasposizione sul terreno pratico di una lotta.

Il risultato conquistato nel 2024, la strutturazione del Coordinamento, è importante e per certi versi “storico”, ma le sfide che ora abbiamo di fronte sono ancora più grandi. Alimentare gli organismi operai e popolari affinché prendano coscienza delle loro potenzialità, promuoverne il coordinamento fino a farlo diventare la forza di governo del paese, liberare il nostro paese dalla sottomissione alla Nato e portarlo ad avere un ruolo positivo nel disinnescare la spirale della Terza guerra mondiale in corso — queste sono le sfide che ci attendono da qui in avanti.

Per contattare il Coordinamento: danteali@libero.it

***

4 novembre: altro che Festa delle forze armate!

30 ottobre, iniziativa on line dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università: convegno per insegnanti “4 novembre. Fuori la guerra dalla scuola e dalla storia”;

Roma, 31 ottobre (in fase di costruzione): iniziativa di denuncia contro le “lezioni di educazione civica” promosse dal ministero della difesa presso il villaggio della difesa;

Napoli, 3 novembre: mobilitazione di piazza promossa da GalleryArt e in costruzione con altre realtà cittadine;

Mantova, 3 novembre: presentazione del libro “Nato per uccidere” di Filippo Rossi, ex giornalista di guerra;

Bologna, 4 novembre: striscionata di sensibilizzazione e denuncia degli accordi tra UniBo e lo Stato di Israele;

Milano, 5 novembre: presidio sotto il palazzo della Regione Lombardia;

Firenze, 4 novembre: presidio presso il consiglio comunale (ore 15.00); iniziativa contro la militarizzazione delle scuole presso il Centro sociale “il Pozzo” Le Piagge (ore 18.00); tra il 2 e il 10 novembre, dal Comitato No Comando Nato verranno organizzati banchetti ai mercati, striscionate e volantinaggi nei quartieri;

Palermo, 4 novembre: presidio di fronte alla sede della Leonardo;

Roma, 4 novembre: striscionata/presidio presso il Covi;

Pisa, 5 novembre: presidio in piazza con microfono aperto;

Bologna, 7 novembre ore 18.00, presso il centro culturale Villa Paradiso, via Emilia Levante 138: “Mettiamo nel mirino i presidi bellici”, presentazione del dossier sulle basi Nato, sull’attività delle aziende produttrici di armi, sui rapporti tra gli atenei, la Nato e i sionisti sul territorio emiliano-romagnolo. Con Antonio Mazzeo e il prof. Andrea Vento;

Firenze, 9 novembre: corteo o passeggiata intorno alla caserma Predieri, sede individuata per l’installazione del Comando Nato;

Pisa, 9 novembre: iniziativa sul ddl 1660 e guerra interna.

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