4 novembre. Giornata delle forze armate

Il prossimo 4 novembre si celebrerà la “Giornata delle Forze Armate”, occasione che il governo guerrafondaio della Meloni userà per rinfocolare la propaganda bellicista e di sottomissione alla Nato, per legittimare l’economia di guerra e la partecipazione del nostro paese alla terza guerra mondiale. Quella che si celebrerà il 4 novembre sarà in realtà la Giornata della guerra.

La maggioranza delle masse popolari italiane però è contraria alla guerra e una parte crescente di queste vede la sottomissione del paese alla Nato e agli imperialisti Usa come la causa del coinvolgimento italiano nella terza guerra mondiale. Molte sono le organizzazioni che in tutto il paese lottano già contro la presenza di basi americane e Nato, la militarizzazione dei territori, delle scuole e quartieri. Contro un’oppressione da cui devono liberarsi.

Contro la “Giornata della guerra” organismi, collettivi e comitati stanno costruendo un’intera settimana – quella dal 2 al 10 novembre – di mobilitazioni in ogni città con iniziative, presidi, volantinaggi, flash mob e altre forme di lotta.

Le iniziative già programmate o in fase di definizione/costruzione sono le seguenti:
– 30 ottobre, iniziativa on line dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università: convegno per insegnanti “4 novembre. Fuori la guerra dalla scuola e dalla storia”;
– 30 ottobre e 3 novembre, Sassari: Assemblea e Corteo contro genocidio, economia di guerra e stato di polizia;
– Roma, 31 ottobre (in fase di costruzione): iniziativa di denuncia contro le “lezioni di educazione civica” promosse dal Ministero della Difesa presso il villaggio della Difesa;
– Napoli, 3 novembre: mobilitazione di piazza promossa da GalleryArt e in costruzione con altre realtà cittadine;
– Bologna, 4 novembre: striscionata di sensibilizzazione e denuncia degli accordi tra UniBO e lo Stato di Israele;
– Milano, 4 novembre: presidio sotto il palazzo della Regione Lombardia (in fase di definizione);
– Palermo, 4 novembre: presidio di fronte alla sede della Leonardo (orario in via di definizione);
– Roma, 4 novembre: striscionata/presidio presso il COVI (in fase di definizione);
– Sassari, 4 novembre: Piazza Università, ore 17.30, mobilitazione contro la guerra e i festeggiamenti del 4 novembre;
– Livorno, il 4 novembre: 17.30 manifestazione piazza Magenta, presso il monumento ai caduti;
– Bologna 7 novembre ore 18.00, presso il centro culturale Villa Paradiso, via Emilia Levante 138: “Mettiamo nel mirino i presidi bellici”, presentazione del dossier sulle basi NATO, sull’attività delle aziende produttrici di armi, sui rapporti tra gli atenei, la NATO e i sionisti sul territorio emiliano-romagnolo. Con Antonio Mazzeo e il prof. Andrea Vento;
– Pisa, 9 novembre: ore 16.00, presidio in piazza XX Settembre (di fronte al Comune) su DDL 1660 e guerra interna. Aderiscono: Comitato No Camp Darby, PCI federazione di Pisa, Coordinamento Resistente Pisano, PRC Pisa, P.CARC PISA, CUB Pisa
– Mantova, 9 novembre: ore 18.30, presentazione del libro “NATO per uccidere” di Filippo Rossi, ex giornalista di guerra.
In altre città le iniziative sono in fase di ideazione

La maggior parte delle iniziative in programma lega, giustamente, la lotta contro la partecipazione del paese alla terza guerra mondiale, alla lotta contro la guerra interna promossa dal governo, in particolare con il DdL 1660. E proprio questo è il punto. Perché fermare il coinvolgimento del nostro paese nelle guerre della Nato significa fermare il governo Meloni e impedire che sia sostituito da un governo PD, M5S o di una qualunque altra forza delle larghe intese, tutte prone agli imperialisti Usa e alla Nato.

Quello che serve è un governo fatto di esponenti decisi a verificare cosa accade dentro le basi militari, a impedire la militarizzazione delle scuole e la propaganda di guerra, a bloccare esercitazioni letali per le masse popolari del paese e operazioni criminali al seguito della Nato. Servono esponenti decisi a rompere con gli imperialisti Usa e a far valere la forza delle masse popolari per difendere le loro decisioni.

Farlo è del tutto possibile. Il governo Meloni traballa: alla sconfitta che hanno subito il 5 ottobre (quando i loro divieti sono diventati carta straccia) sono seguiti scioperi, manifestazioni, picchetti e blocchi il 18, il 19, il 26 ottobre. E altri ne seguiranno. Governare un paese in mobilitazione costante su ogni manovra e legge si fa sempre più dura per loro; a maggior ragione se questo alimenta, come accade, gli attacchi di sinceri democratici e perfino le guerre per bande interne. Gli imperialisti Usa, dal canto loro, non se la passano meglio, alle prese con lo sgretolamento del loro sistema politico e con una crescente ingovernabilità interna.

La campagna elettorale negli Usa sta assumendo sempre più chiaramente la forma, oltre che il contenuto, di una guerra civile. Sono già tre gli attentati sventati o comunque denunciati dal candidato Donald Trump, mentre porzioni consistente delle lobby di potere Usa dirottano fondi e consensi verso Kamala Harris e il Partito Democratico (proprio Bill Gates ha recentemente dichiarato sostegno e sborsato qualche milione) quello più “attrezzato” a tenere l’elmetto e portare avanti le operazioni di guerra in corso. Nonostante questo l’esito elettorale non è ancora scontato dato che anche nella precedente tornata elettorale, oltre al sostegno dell’altra parte delle lobby Usa in disaccordo con l’attuale direzione degli affari e le modalità di conduzione della guerra contro Federazione Russa e Repubblica Popolare Cinese, fu il voto di ampi strati delle classe subalterne a far vincere a sorpresa Trump. 

Tutto ciò, tra l’altro, avviene nel contesto di una disastrosa situazione economica – il debito pubblico è ormai completamente fuori controllo – e di crescenti tensioni sociali. Non solo sono riprese le mobilitazioni nei campus universitari in solidarietà con il popolo palestinese, ma crescono anche le mobilitazioni operaie, come lo sciopero dei dipendenti della Boening che rivendicano sostanziosi aumenti salariali.

Imperialisti Usa e nostrani sono immersi nella crisi fino al collo. Di questa dobbiamo approfittare per fermare la spirale di guerra nel paese e contribuire a farlo anche a livello internazionale. Per farlo c’è bisogno di elevare il coordinamento tra chi oggi lotta contro la guerra, tra chi lotta contro l’autonomia differenziata, la repressione, per la difesa dell’apparato produttivo ecc. per mettere di più e meglio in sinergia le iniziative, per legare e concatenare le mobilitazioni nell’ottica di cacciare questo governo e confrontarsi più collettivamente sulla costruzione dell’alternativa!

Farlo è del tutto possibile e dipende da quanto le masse popolari faranno valere la propria forza, la propria organizzazione e unità.

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