Il 15 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno della Legge di Bilancio per il 2025.Una manovra da 30 miliardi di euro di cui tanto si è parlato nelle ultime settimane, ma di cui poco di chiaro si è detto. Diversi esponenti di governo si sono “rincorsi” nell’affermare una cosa e il suo contrario, quando non si sono prodigati per intossicare il dibattito pubblico. Insomma, “se non puoi convincerli cerca di confonderli”, questo il motto all’ordine del giorno per il governo Meloni. E di sicuro con la prossima finanziaria non convincono le masse popolari, tutte per diversi aspetti toccate dalle misure lacrime e sangue che il teatrino messo in atto tenta di nascondere. Facciamo una veloce disamina.
Ad essere sicuramente colpiti sono Regioni, Province, Comuni e Servizio Sanitario Nazionale. Gli enti territoriali avranno tagli per circa 800 milioni per il 2025 (facile prevedere che questi andranno “a caccia” di fondi con tasse e multe); mentre per il SSN si prevedono appena 880 milioni di euro di investimenti. Né più né meno un taglio netto, altro che i 3 miliardi tanto sbandierati! Nella Pubblica Amministrazione si ricorre probabilmente al blocco del turn over; mentre per le pensioni l’esecutivo da una parte sta studiando incentivi per chi sceglie di rimanere al lavoro, pur avendo maturato i requisiti per la pensione, dall’altro promuove fondi pensionistici privati.
Tagli agli arsenali, più soldi agli ospedali!
Tagli alla spesa sanitaria ma non a quella militare. Segnaliamo che il governo Meloni ha aumentato la spesa militare da 25 a 29 miliardi di euro e ridotto i finanziamenti alla sanità pubblica al 6,4% (la percentuale più bassa di sempre).
L’aumento delle spese militari e la riduzione del finanziamento della sanità pubblica sono una costante degli ultimi vent’anni. La spesa militare è passata dai 13.7 miliardi del 2001 ai 29 miliardi stanziati dal governo Meloni nel 2024 (in aumento di 4 miliardi rispetto ai 25 stanziati del 2018, a loro volta in aumento rispetto ai 20 miliardi del 2010). Un aumento di circa 16 miliardi di euro in 23 anni. Quest’anno le spese militari quindi hanno sfondato l’1.5% del Pil.
Il finanziamento della spesa sanitaria pubblica è stato tagliato solo dal 2010 a oggi di oltre 37 miliardi. L’investimento è passato dal 7% nel 2001 al 6,4% di oggi. Una cifra che sembra bassa in termini percentuali ma che incide per miliardi di euro sul nostro SSN specie se consideriamo che il grosso del sistema sanitario (sia ospedaliero che territoriale) è stato smantellato e che all’interno di questa voce è aumentata la quota fornita alle cliniche, ambulatori, laboratori privati convenzionati o versati a cooperative e agenzie interinali per il reclutamento a basso costo del personale mancante, riducendo ulteriormente quella versata ai servizi pubblici ospedalieri, ambulatoriali e territoriali e per il personale assunto tramite concorsi pubblici.
Secondo dati OCSE, al 2023 la spesa sanitaria in Italia è ben al di sotto della media europea del 10.9%. I posti letto sono 3.2 ogni 1.000 persone contro una media europea di 5; gli infermieri sono 6.3 ogni 1.000 abitanti, contro una media UE di 8.3. Al 2022, contando anche gli infermieri che non lavorano per il SSN, in Italia lavorano 6 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 9.9.
Tasseranno gli extraprofitti? Giorgetti sicuro affermava “Non ci saranno nuove tasse, mi dispiace deludere le attese. I sacrifici? Li fanno le banche, le assicurazioni e le strutture dei ministeri”. Peccato che di queste tasse non ci sia ombra nel disegno di legge. Mentre il resto delle misure presentate come sostegno alle masse popolari sono solo briciole e falsità. Niente di nuovo rispetto all’imbroglio del vecchio bonus mamma e al contributo di 100 euro che da un anno continua ad essere rimandato per “insufficienza di fondi”. Anche se poi i fondi per aumentare la spesa militare al 2%, come chiede la Nato, ci sono in realtà.
In definitiva non c’è una categoria di masse popolari – da quelle colpite a quelle “dimenticate” – che non abbia necessità di fermare questa finanziaria e di renderla inapplicata. Nonostante il governo provi a far ingoiare le misure tra propaganda e repressione, il personale sanitario ha già promesso “forti azioni di protesta”; gli operai sono già in mobilitazione e con loro sindacati di regime e di base; pensionati e studenti hanno annunciato manifestazioni e proteste, e anche i comuni si stanno mobilitando. L’aspetto decisivo adesso è porsi l’obiettivo di fermare la finanziaria e l’operato del governo con rendendogli ingovernabile il paese!
Come farlo? Disobbedire a leggi e divieti per manifestare e protestare. Non pagare tasse, multe e oneri che strangolano le masse popolari. Costituire comitati tra utenti e personale sanitario per fermare le speculazioni, per imporre assunzioni e vigilare sul funzionamento del SSN. Occupare nuovamente le scuole per fermare le manovre di guerra, esterna e interna, sulla pelle anche degli studenti. Occuparsi di ogni azienda, del futuro che per questa ha previsto il padrone e salvaguardarne l’esistenza. Iniziare a stendere piani di gestione delle risorse economiche, come fatto dalla Campagna Sbilanciamoci! con la proposta di Cotrofinanziaria in 5 mosse.
Campagne di autoriduzione, di tutela dei servizi pubblici e dell’apparato produttivo sono il modo per rispedire al mittente le manovre del governo e imporre le proprie nei fatti. Combinate con piani per una diversa gestione dei fondi, sono manovre da legge di bilancio delle masse popolari. Sono passi che, se coordinati e decisi a rendere questione di ordine pubblico ogni iniziativa e attività, possono dare la spallata a un governo in estrema difficoltà e al tempo stesso costruire l’alternativa che serve imporre alle masse popolari.