Sono mesi che il governo Meloni si dimostra incapace di governare il paese. La classe dominante sta cercando di tenerlo in piedi il più a lungo possibile per approvare tutte quelle misure antipopolari che il governo si ritrova tra le mani, come il Ddl 1660 e la legge finanziaria e perché nei fatti non ha alternative credibili da proporre.
In un paese normale però, non asservito agli interessi degli imperialisti Usa, della Ue, dei sionisti e non aggrappato alla doppia morale della gonnellina di papi e cardinali, Meloni e tutti i suoi ministri si sarebbero già dovuti dimettere da un pezzo.
Avrebbe dovuto farlo il ministro della difesa e venditore di armi Guido Crosetto che durante la conferenza stampa convocata a seguito dell’attacco contro la postazione Onu dell’Unifil nel sud del Libano da parte dello stato illegittimo d’Israele ha dovuto dire che Italia e Nazioni unite non possono prendere ordini da Israele, ma ha anche annunciato la necessità per la Comunità internazionale (Ci) di adottare le forze armate libanesi che in sostanza significa stanziare fondi a livello internazionale per reclutare, pagare, formare e armare un esercito di mercenari che agisca in Libano come strumento per attuare la Risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle nazioni unite che tra le varie indicazioni prevede il disarmo di Hezbollah.
Avrebbe dovuto farlo la premier Giorgia Meloni dopo che decine di migliaia di persone lo scorso 5 ottobre hanno deciso di rispedire al mittente il divieto a manifestare in solidarietà alla resistenza palestinese sfidando la campagna mediatica di terrore e denigrazione, i posti di blocco, i fermi, i fogli di via, i manganelli e tutte le misure poliziesche messe in campo dal governo per coprire il più possibile la batosta che invece ha subito. Tigre di carta.
Avrebbe dovuto farlo la ministra del turismo Daniela Santanchè dopo che l’Inps ha ottenuto di costituirsi parte civile per i danni patrimoniali e di immagine nel processo che la vede come imputata per truffa aggravata ai danni di un ente dello Stato sul caso Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria. Le due società infatti avevano chiesto e ottenuto la cassa integrazione in deroga nel periodo della pandemia Covid per 13 dipendenti per 126.000 euro, ma questi ultimi in realtà lavoravano. Un ente statale in causa con un ministro della Repubblica.
Avrebbe dovuto dimettersi il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini perché ha fatto di tutto, anche puntare il dito contro un operaio che piantando un chiodo in un cavo avrebbe provocato il caos ferroviario che a inizio ottobre ha bloccato Roma Termini. Ha fatto di tutto tranne mettere mano agli incidenti sul lavoro e alle stragi che spesso si consumano sui binari.
Avrebbe dovuto dimettersi il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci perché all’indomani dell’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna lo scorso settembre ha dichiarato che il governo non ha più soldi per la ricostruzione obbligando cittadini e imprese a stipulare assicurazioni contro i danni dal maltempo, tutto questo mentre il governo Meloni ha speso 7 miliardi di euro per l’acquisto di armi e aerei da guerra. Pugno di ferro con le masse popolari, pugno di burro con padroni e guerrafondai.
La lista dei motivi per cui Meloni e i suoi ministri dovrebbero dimettersi potrebbe continuare, ma nessuno le chiederà, tanto meno qualcuno di loro le presenterà spontaneamente. Serve cacciarli!
L’ingrediente indispensabile per farlo è l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori e del resto delle masse popolari perché hanno la forza di rendere impossibile la vita al governo Meloni. Hanno la forza di rendere il paese giorno dopo giorno sempre più ingovernabile attraverso scioperi e manifestazioni, disobbedendo a leggi ingiuste e coordinandosi per difendere ogni diritto praticandolo uniti.
I prossimi appuntamenti di lotta e mobilitazione sono il terreno sul quale si gioca la battaglia per cacciare il governo Meloni e la sua cricca di ministri. Una battaglia che deve partire e diffondersi in ogni posto di lavoro, nelle scuole e nei quartieri di ogni città del paese e che può essere vinta solo se gli organismi operai e popolari, le organizzazioni sindacali e i movimenti che già si mobilitano contro il governo Meloni si coordineranno anche per portare sul terreno della lotta coloro che ancora non partecipano alle lotte.