Abbiamo appreso da diversi canali social dello sgombero della nuova occupazione del Casa Loca fatta dai compagni della Rete Ci Siamo.
Uno sgombero che ribadisce non solo il significato politico di quello fatto a inizio agosto ma reitera un leitmotiv già noto: la Prefettura comanda, la Questura esegue, la giunta Sala tace e avvalla.
E tutti insieme, di concerto, consegnano la città alla deriva della speculazione dei grandi fondi immobiliari, del degrado e dell’incuria.
Sarà un caso – oppure no – che questo sgombero sia avvenuto nella stessa giornata in cui si svolgeva il processo d’appello per i compagni del Giambellino, accusati secondo il codice penale di “associazione a delinquere”, in realtà rei di essersi organizzati, di aver organizzato lavoratori e masse popolari del quartiere e, di fatto, essersi sostituiti alle istituzioni preposte mettendo in pratica quello che…le istituzioni dovrebbero fare! Qui sta il vero motivo delle loro persecuzioni giudiziarie!
Per la classe dominante è una “associazione a delinquere”, quella che non fa gli interessi dei palazzinari, speculatori e mafiosi ma quelli delle masse popolari!
A questi due episodi ne aggiungiamo un terzo, un tentativo di intimidazione da parte di agenti in borghese a giovane compagno del P.CARC che si trovava in zona Bicocca: Patrizio, mentre tornava in università, è stato avvicinato da due persone sulla 40ina, di cui uno straniero, che gli hanno chiesto i documenti senza ulteriori spiegazioni, motivo per cui Patrizio ha tirato dritto.
Ad una seconda richiesta dei documenti, oltre all’aggiunta di “polizia” alla fine della frase da parte dei due intimidatori, Patrizio è stato spinto contro una ringhiera e alla richiesta di spiegazioni gli è stato mostrato il distintivo e detto che “è un normale controllo di polizia, non c’è nulla di cui preoccuparsi“, cercando di carpire informazioni e riprendendo con il telefono fino a quando anche Patrizio ha iniziato a filmare anche lui questo vera e propria intimidazione.
Il clima che si sta costruendo in città e in tutto il paese è un clima di restringimento dell’agibilità politica dei lavoratori e delle masse popolari: non a caso è in discussione in questi giorni il “nuovo pacchetto sicurezza” conosciuto anche come ddl 1660, ora rinominato n. 1236.
Una misura che risponde a una logica – certamente non nuova a questo governo ma anzi trasversale a tutte le forze politiche “istituzionali” – securitaria volta a criminalizzare il conflitto sociale e il dissenso in ogni sua forma: dalle occupazioni abitative, alle carceri ai Cpr, alle lotte ambientaliste a quelle contro la militarizzazione dei territori, dagli operai in lotta con i picchetti davanti alle aziende che delocalizzano fino alle iniziative verso i migranti e i detenuti. Il pacchetto sicurezza rafforza una prassi già adottata dalle forze repressive e cioè criminalizzare il conflitto sociale trattandolo alla stessa stregua della criminalità organizzata come conferma il già citato caso dei processi a carico dei compagni del Giambellino.
Questo disegno di legge si inserisce in un periodo storico in cui la corsa al riarmo diventa una costante, la tendenza alla guerra si sviluppa progressivamente e le classi dominanti necessitano di una situazione “pacificata” nel fronte interno che punta ad ottenere con un uso dispiegato della repressione.
Il nuovo pacchetto sicurezza si colloca, quindi, come un attacco preventivo volto a ostacolare la crescente resistenza delle masse contro la linea guerrafondaia e le ricadute sulle condizioni di vita e di lavoro.
Questo ci chiama a combattere contro la guerra tanto nelle sue articolazioni esterne quanto in quelle interne.
In che modo? Anzitutto sviluppando la solidarietà di classe partecipando alle iniziative a fianco di chi è colpito dalla repressione e costruendo relazioni in risposta all’isolamento nel quale la repressione vorrebbe rinchiuderli.
In secondo luogo promuovendo e sviluppando organizzazione e convergenza per alimentare la costruzione di quei rapporti di forza che sono necessari a sabotare nella pratica l’attuazione di questo pacchetto di legge schiavista e poliziesco!
Difendere gli spazi di agibilità politica praticandoli!
Bene hanno fatto i compagni della Rete Ci Siamo a rioccupare Casa Loca, così come bene stanno facendo i compagni dei GPI e di UDAP a confermare e allargare la mobilitazione del 5 ottobre a Roma, nonostante il divieto del governo Meloni e della questura di Roma, che si sono dimostrati per l’ennesima volta complici e servi dei sionisti.
Facciamo fronte comune contro la repressione!
Fermiamo il DL 1660: il 5 ottobre tutte/i a Roma in solidarietà alla resistenza e al popolo palestinese!
La solidarietà è un arma, usiamola!