Liste, cartelli, criminalizzazione, strumentalizzazione e divieti...

Alzare ovunque la bandiera della resistenza palestinese e libanese

Il 28 settembre, al 51° corteo in solidarietà al popolo palestinese che si è svolto a Milano, il P.Carc ha esposto alcuni cartelli in cui era riportata la fotografia di alcuni degli agenti sionisti indicati nell’Avviso ai naviganti n. 145 del (n)Pci, alcune citazioni di dichiarazioni fatte di tali agenti e la dicitura “agenti sionisti”.

Si è trattato di una piccola “operazione verità”: mettere in piazza quello che gli agenti sionisti dicono e fanno, senza nessun particolare commento. I cartelli raffiguravano Liliana Segre, Crosetto, Giubilei, Pacifici, Elkan e Carrai, piccola parte della schiera di agenti sionisti che operano nel nostro paese.

Anche la reazione a questa iniziativa, come già nell’agosto scorso la reazione alle “liste degli agenti sionisti” pubblicate dal (n)Pci, ha fatto emergere la rete di relazioni e di potere della comunità sionista in Italia: sono iniziati, a reti unificate, sia strumentalizzazione tipica dei sionisti (ogni volta che si indicano le loro responsabilità tirano in ballo l’antisemitismo e denunciano di essere vittime della “caccia all’ebreo”) sia la criminalizzazione mediatica.

Non abbiamo nulla da cui difenderci o da cui dissociarci.

Nella lingua italiana il termine “agente” significa “colui o colei che agisce per” e il termine “sionista” non ha alcuna attinenza con l’appartenenza religiosa o etnica di chicchessia: il sionismo è un’ideologia come il nazismo e il fascismo e il termine sionista connota chi vi aderisce. “Agente sionista”, quindi, qualifica gli elementi che agiscono in favore del sionismo.

Ogni altra interpretazione è una forzatura, una strumentalizzazione, un’operazione propagandistica sporca. Di chi? Degli agenti sionisti che hanno tutto l’interesse – e l’obiettivo – di far coincidere il termine antisionismo con il termine antisemitismo in modo da affibbiare l’etichetta di “neonazisti” a chi denuncia il loro ruolo nel mondo, quello di assassini e genocidi. È la stessa narrazione, identica, usata dal macellaio e criminale di guerra Netanyahu, che definisce “palude antisemita” l’assemblea dell’Onu.

Tutti coloro che contribuiscono ad alimentare questa narrazione sono agenti sionisti.

I giornali riportano oggi, 1 ottobre, la notizia che “sono stati identificati coloro che esponevano i cartelli antisemiti” e sono stati denunciati per “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa”. È un pagliacciata che ha l’unico obiettivo di dimostrare che a denunciare pubblicamente gli agenti sionisti, il loro ruolo e la loro opera si rischiano guai con la giustizia.

È la stessa operazione già tentata in passato, quando i giornali parlavano di un’inchiesta del pool antiterrorismo di Milano per minacce e istigazione a delinquere a seguito della scritta “Fontana assassino”. Ecco, per quella scritta è in corso un processo-farsa per “imbrattamento”, un processo zoppo, forzato e sgangerato che a fatica procede di udienza in udienza perché per la pubblica accusa è persino difficile giustificarne l’esistenza.

Attendiamo con impazienza che la procura di Milano faccia la prossima mossa per mettersi in ridicolo, istituendo un processo per i cartelli che riportavano citazioni virgolettate di Liliana Segre, Crosetto, Giubilei, Pacifici, Elkan e Carrai.

Tuttavia, l’esposizione dei cartelli ha suscitato reazioni critiche anche nel campo di coloro che si definiscono solidali con la causa palestinese. L’idea che li accomuna, grossomodo, è la seguente: quei cartelli hanno permesso ai sionisti di infangare e strumentalizzare il movimento di solidarietà al popolo palestinese.

Se a propagandare questa idea sono gente come Massimo Giannini o Laura Boldrini, è giusto far notare che farebbero meglio a far sentire la loro voce per condannare i crimini israeliani, anziché fare gli opinionisti di una lotta che non è la loro, a cui non contribuiscono e nella quale, molte volte, si sono invece dimostrati più sensibili alle esigenze dei carnefici che a quella delle vittime del genocidio in corso in Palestina.

Se a propagandare questa idea sono persone come Moni Ovadia – dal comprovato e indiscutibile sostegno alla causa palestinese – sarebbe utile che entrassero nel merito di quello che intendono, con tutti i dettagli del caso. Perché fino a questo momento la comunità sionista italiane e tutti gli agenti sionisti che operano in Italia non hanno avuto bisogno di alcun pretesto per santificare i criminali israeliani e per criminalizzare il movimento di solidarietà con il popolo palestinese. Forse intendono dire che non bisogna prendere iniziativa? O che non è utile suscitare una reazione? Che non è utile far uscire il nemico allo scoperto? Non è dato a saperlo e speriamo che chiariscano la loro posizione. Anche perché tutto quello che fino a questo momento hanno considerato “utile e lecito” non ha prodotto alcun risultato significativo.

I sionisti strumentalizzano e criminalizzano tutti coloro che esprimono posizioni antisioniste, anche quelle degli ebrei antisionisti.

Sarah Friedland è una regista statunitense, ha vinto il Leone del futuro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Al momento della premiazione ha espresso solidarietà al popolo palestinese

Queste le parole che gli ha riservato la comunità sionista italiana, traducendo e condividendo un articolo di Ynet.com

Norman Finkelstein è uno storico e politologo statunitense, discendente di famiglie ebraiche sopravvissuti ai campi di sterminio e protagoniste della rivolta del ghetto di Varsavia.

Ecco le sue parole a chi gli contesta di essere antisemita.

Alla mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese partecipano attivamente tanti ebrei antisionisti.

Anche Moni Ovadia, in Italia, è fra le “voci ebraiche contro il sionismo”.

Mentre infuria la campagna di criminalizzazione “per i cartelli”, Israele continua a commettere crimini contro l’umanità. Ma questo è riconosciuto SOLO da chi ritiene che i civili palestinesi e libanesi e le forze della resistenza siano parte dell’umanità. In Italia, intanto, monta la criminalizzazione contro la manifestazione del 5 ottobre.

Roma, 30 set 12:43 – (Agenzia Nova) – Il prossimo 5 ottobre, a Roma, si terrà una manifestazione pro Palestina “non autorizzata e alcuni malintenzionati hanno dichiarato che, non solo manifesteranno, ma che cercheranno di forzare le limitazioni imposte” e “questo, ovviamente, creerà uno scontro con gli operatori dell’ordine pubblico che dovranno limitare le ingerenze di quest’orda”, pertanto “auspichiamo la mano forte del governo affinché non ceda alle stupide e puerili polemiche politiche, dando massima fiducia alle forze di polizia, anche attraverso dotazioni supplementari quali idranti, oltre ai già previsti equipaggiamenti”. Lo scrive in una nota il segretario generale dell’Unione sindacale italiana carabinieri (Usic), Antonio Tarallo. “Sempre più spesso – prosegue – orde di malintenzionati delinquenti, nascosti dietro a organizzazioni di nobili cause come quelle sulla Palestina libera, si ergono a paladini della libertà al solo fine di cercare uno scontro con le forze di polizia durante le manifestazioni, soprattutto non autorizzate. Tanti buonisti, per il solo fatto di creare polemiche politiche, salgono su questi carri per condannare anche l’operato delle forze di polizia, che per difendere lo Stato sono costrette all’utilizzo della forza. In uno Stato di diritto non può vincere la delinquenza”, conclude Tarallo.

Il P.Carc aderisce e partecipa alla manifestazione. Rilanciamo l’iniziativa per allargare la partecipazione a tutti coloro che sono solidali con il popolo palestinese e che forse oggi sono delusi dall’atteggiamento dei gruppi dirigenti della Cgil, della Fiom, dell’Anpi, dell’Arci ecc. che traccheggiano cercando mille cavilli per non scendere in piazza.

Il loro opportunismo è ciò che indebolisce il movimento di solidarietà con il popolo palestinese, non i cartelli con gli agenti sionisti; la loro sottomissione ai divieti di manifestare imposti dal governo Meloni alimenta la repressione, non l’esercizio del diritto a manifestare.

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