Licenziamenti, cassa integrazione e pure il crollo in borsa. Ecco i grandi successi della fusione tra Fca e Pse, da cui è nata Stellantis, che poco più di tre anni fa era stata presentata dai vertici come l’inversione di rotta dopo decenni di crisi.
In questi anni l’operato dei proprietari e amministratori Stellantis – delocalizzazioni, falsi investimenti green e mega progetti truffa per ricevere finanziamenti pubblici – ha accelerato gli effetti della crisi del settore dell’automotive diventandone una concausa.
A Mirafiori (TO) la produzione è calata di due terzi. I lavoratori delle linee della Fiat 500 elettrica e della Maserati hanno ricevuto altre due settimane di ferie forzate, mentre ai carrellisti è stato proposto il trasferimento nello stabilimento polacco di Tychy. Allo stesso tempo, però, date le necessità di alcuni reparti dell’elettrico sono state fatte richieste di trasferta proprio per lo stabilimento di Mirafiori ai lavoratori di Termoli e di Atessa.
A Cassino (FR) lo stabilimento chiuderà il 2024 con un centinaio di giorni lavorati effettivi. Lo stabilimento dal 2017 ha ridotto del 90% la produzione e i lavoratori sono passati da 4.500 a 2.700.
Ad Atessa (CH) la produzione dei furgoni Ducato risulta dimezzata rispetto a un anno e mezzo fa. È stato sospeso il turno notturno e dopo la cassa integrazione di giugno che ha colpito 400 dei 600 operai, hanno annunciato altri sette giorni di Cig a settembre per tutti gli operai. La riduzione della produzione è stata applicata dopo che nel 2022 l’azienda ha aperto uno stabilimento identico a Gliwice in Polonia.
A Pomigliano d’Arco (NA) nel primo semestre 2024 la produzione era in positivo, dato l’assorbimento dei residui degli altri stabilimenti in stop produttivo. Dopo questa parentesi, però, per settembre è prevista la cassa integrazione per i cinque venerdì del mese. Pesano la decisione di produrre la Panda elettrica nello stabilimento serbo di Kragujevac e l’Alfa Junior in Polonia.
A Melfi (PZ) lo stabilimento è passato in pochi anni da 7.200 dipendenti a 5.400 con gli incentivi all’esodo: fermate produttive, contratto di solidarietà ed eliminazione del turno notturno.
Una catastrofe annunciata. Solo negli ultimi dieci anni, Stellantis in Italia ha eliminato 14 mila posti di lavoro diretti, senza contare che, attualmente, le centinaia di aziende dell’indotto ancora attive sono tenute in piedi dai ridimensionamenti e dalla cassa integrazione. Le stime per il prossimo anno sono ancora peggiori. I sindacati di categoria prevedono che, compreso l’indotto, saranno più di 20 mila i posti di lavoro persi.
L’attuale amministratore delegato Carlo Tavares ad aprile di quest’anno giustificava la decisione del Cda di aumentargli lo stipendio, facendone l’Ad più pagato del settore, così: “il 90% del mio stipendio deriva dai risultati dell’azienda. (…) Il 2024 continuerà a essere un anno impegnativo. Continueremo a fare quello che sappiamo fare meglio, produrre buoni risultati” (fonte Il Sole 24 Ore).
Ad agevolare, finanziare e benedire questa grande opera, un ruolo decisivo lo hanno avuto i governi, le amministrazioni locali e i vertici dei sindacati di regime. Il teatrino degli ultimi mesi, che ruotava attorno ai finanziamenti del Pnrr, è stato emblematico. Mentre da nord a sud del paese le aziende Stellantis annunciavano stop produttivi, licenziavano direttamente o indirettamente con le dislocazioni, il governo tramite il presidente del Mimit Urso prometteva a Stellantis i fondi pubblici del Pnrr sulla base dell’impegno ad aumentare la produzione in Italia e addirittura a costruire un nuovo gigantesco stabilimento a Termoli. Un teatrino recitato sotto gli occhi di centinaia di migliaia di lavoratori del settore, conclusosi con un nulla di fatto. A settembre, infatti, con il crollo in borsa dei titoli ai livelli pre-fusione con Pse, Tavares ha fatto marcia indietro sugli impegni produttivi, tornando a ricattare il governo di delocalizzare ulteriormente la produzione se non gli avessero assegnato i fondi pubblici.
In pratica, il governo Meloni e i vertici di Cgil, Cisl e Uil elemosinano impegni produttivi in cambio di fondi pubblici mentre, da anni, nonostante i fiumi di fondi pubblici incassati, i dirigenti di Stellantis hanno devastato liberamente il tessuto produttivo del nostro paese. Ma le loro richieste sono ancor più ridicole se si pensa a quello che contemporaneamente sta accadendo negli Usa. Laggiù, lo Uaw (United Automobile Workers), il principale sindacato dei metalmeccanici, è di nuovo in stato di agitazione e minaccia Stellantis di replicare gli scioperi dell’anno scorso. Il motivo sta proprio nel mancato rispetto degli impegni produttivi presi nell’accordo dello scorso anno con il sindacato.
Non sappiamo per quanto ancora riusciranno a stare fermi i sindacati in Italia, che per adesso si sono limitati a fare proclami, ma sappiamo che c’è una malattia che li affligge: l’immobilismo. Emblematica la dichiarazione del responsabile della Fiom di Mirafiori in una conferenza pubblica, che alla domanda se avesse paura o no della chiusura dello stabilimento ha risposto: “è già chiusa, solo che ogni tanto riapre”.
In Italia gli operai Stellantis sono ancora decine di migliaia e la loro mobilitazione sarebbe in grado di imporre le misure necessarie per salvare i posti di lavoro e crearne di nuovi. La loro mobilitazione può rendere ingovernabile il paese e può raccogliere e orientare la mobilitazione di altre migliaia di operai e lavoratori.
Altro che abbandonarsi alla rassegnazione e restare alla coda degli eventi! L’organizzazione è la strada per far valere la forza dei numeri. La mobilitazione è la strada per uscire dal vicolo cieco dello smantellamento dell’apparato produttivo del nostro paese.
Preparare bene lo sciopero del 18 ottobre del settore automotive indetto dalla Fiom e bloccare il paese!
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La polizia davanti ai cancelli di Pomigliano
Gli operai Stellantis sono migliaia e la loro mobilitazione può rendere ingovernabile il paese e orientare altre migliaia di operai e lavoratori a scendere in lotta.
Questo lo sa anche il nemico, lo sanno i padroni di Stellantis e lo sa pure il governo Meloni.
Il 25 settembre la Federazione Campania del P.Carc ha organizzato un volantinaggio ai cancelli di Pomigliano in sinergia con le iniziative che si sono svolte lo stesso giorno contro il ddl 1660 organizzate dalla Cgil, dalla Uil, dall’Anpi, ecc. in tutta Italia.
Giunti sul posto con un po’ di anticipo, i compagni hanno trovato le barriere già alzate, cosa insolita, e la polizia piazzata nel bel mezzo del varco n. 2, dove di solito si svolgono i volantinaggi.
La squadra della digos era attrezzata con telefonini e videocamere.
Presenza non particolarmente gradita neppure dagli operai: vari si sono fermati a commentare il fatto e a manifestare solidarietà nei confronti dei compagni che volantinavano, dato che evidentemente il motivo della presenza della polizia era proprio il volantinaggio.
Non è successo nulla di apparentemente rilevante, la digos non ha neppure disturbato il volantinaggio. È stata solo la dimostrazione del fatto che il nemico è consapevole della forza degli operai. Alla vigilia dello sciopero generale del settore automotive, indetto dalla Fiom per il 18 ottobre, la presenza dei comunisti davanti alla fabbrica ha fatto rizzare le antenne ai questurini…