Come a ogni inizio di anno scolastico, la situazione degli insegnanti è disastrosa. Tra cattedre vuote e una situazione di costante precarietà lavorativa, professori e maestri subiscono sulla loro pelle le conseguenze di un processo di smantellamento e aziendalizzazione della scuola pubblica che continua da decenni. Il governo Meloni, per mano del ministro Valditara, affonda ulteriormente il coltello nella piaga. Non solo tramite il ridimensionamento scolastico (fusione di varie sedi scolastiche in un unico polo, con conseguente sovraffollamento e taglio del personale) contenuto nella Legge di bilancio 2024, ma anche con il riutilizzo di un algoritmo (rivelatosi già difettoso!) per l’assegnazione delle cattedre. L’operazione si è dimostrata (ma nessuno ne dubitava) un fallimento: insegnanti assegnati a posti già occupati, altri licenziati malgrado la comprovata esperienza e altri ancora costretti a percorrere svariati km per raggiungere il posto di lavoro.
Di fronte a questa situazione, i docenti non si rassegnano e da inizio settembre è un susseguirsi di mobilitazioni.
Il 2 settembre gli insegnanti precari di tutta la Lombardia, supportati dal Adl Cobas, hanno occupato l’Ufficio Scolastico Territoriale (Ust) di Milano per denunciare, tra l’altro, il malfunzionamento dell’algoritmo suddetto.
Il 6 settembre gli insegnanti hanno ottenuto un incontro con i vertici dell’Ust e sono riusciti a strappare un accordo scritto che impegna l’istituzione a soddisfare la maggior parte delle loro rivendicazioni. Nel momento in cui scriviamo la mobilitazione è ancora in corso e si è data il nuovo obiettivo di smantellare un sistema di reclutamento iniquo e non trasparente che colpisce l’intero territorio nazionale.
Il 27 settembre, in varie città d’Italia (Roma, Napoli, Milano, Firenze, Bari), i docenti precari idonei al concorso Pnrr 2023/2024 hanno protestato, spingendo anche i sindacati di regime a sostenerli, chiedendo la pubblicazione di graduatorie di merito trasparenti e la fine della precarietà lavorativa.
Il 12 ottobre a Roma si terrà un’importante manifestazione nazionale promossa da varie organizzazioni di insegnanti, studenti e sindacati di base. Questo appuntamento avrà una valenza politica importante perché segna l’inizio di una nuova convergenza di tutti i soggetti popolari che vivono il mondo della scuola: studenti, insegnanti e personale Ata.
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Il movimento delle organizzazioni giovanili e studentesche è in fermento e sono stati fissati importanti appuntamenti di lotta nelle prossime settimane. Di seguito elenchiamo i principali, aventi carattere nazionale.
11 ottobre: sciopero nazionale per il clima lanciato da Friday’s For Future Italia. Una mobilitazione che può assumere un valore politico ancora superiore dato il contesto in cui è inserita: la nuova Commissione Europea si è tolta, infatti, la maschera “green” e ha dato priorità alle manovre di guerra contro la Federazione Russa e la Cina (vedi articolo de l’Indipendente “La nuova Commissione Europea affossa il Green Deal e la transizione ecologica”). C’è quindi la possibilità di unire ancor di più la lotta contro il collasso ambientale alla lotta contro la Terza guerra mondiale, perché è ormai evidente che i responsabili sono i medesimi.
12 ottobre: manifestazione nazionale a Roma contro la situazione precaria degli insegnanti e il modello di scuola che la crea e la alimenta. Promossa dal movimento nazionale degli insegnanti precari “Educazione Senza Prezzo” (Esp), ha subito visto l’adesione di diverse organizzazioni e sigle sindacali anche in ambito studentesco come Opposizione Studentesca d’Alternativa, Cambiare Rotta e Link-Coordinamento universitario.
15 novembre: giornata di agitazione studentesca a livello nazionale promossa dal coordinamento nazionale di Rete della Conoscenza contro il modello scolastico e universitario, figlio dei governi delle Larghe Intese che si sono succeduti finora (di cui il governo Meloni è solo l’ultimo in ordine di tempo). Da sempre i sindacati studenteschi denunciano le conseguenze nefaste di tale modello, ma nessun governo ha mai ascoltato le istanze degli studenti che invece vogliono decidere, assieme agli insegnanti e al personale Ata, cosa fare delle loro scuole e università.