Lo scorso febbraio è stato pubblicato il rapporto annuale della comunità d’intelligence degli Stati Uniti d’America. Il documento fornisce un’analisi su quelli che i servizi segreti considerano come i principali nemici degli Usa e il nemico numero uno è, neanche a dirlo, la Repubblica Popolare Cinese (Rpc).
Il ruolo assunto dalla Rpc negli ultimi due decenni di principale nemico degli imperialisti Usa, Ue e sionisti o, visto da una prospettiva opposta, di principale pilastro del fronte di paesi e popoli che in numero crescente si oppongono al loro dominio è strettamente legato alla natura di questo paese. La Rpc è, infatti, il principale tra i paesi socialisti sopravvissuti all’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale ed è proprio sui caratteri socialisti che conserva che si basa il suo sviluppo incredibilmente rapido, la sua forza economica e politica, il suo peso a livello internazionale.
Per comprendere meglio il legame tra questi aspetti è utile ripercorrere brevemente parte della storia più recente della Rpc. Lo facciamo riprendendo alcuni stralci dell’articolo “Il ruolo attuale della Rpc nel sistema delle relazioni internazionali, il ruolo del Pcc (Partito comunista cinese, ndr) nel Mcco (Movimento comunista cosciente e organizzato, ndr) internazionale e la costruzione del socialismo in Cina” pubblicato sul n.76 de La Voce del (n)Pci, che sintetizza lo studio fatto dal Partito per aggiornare l’analisi della Carovana circa la natura e il ruolo di questo paese.
“(…) Dopo la rottura con l’Urss (1961, ndr) il Pcc ha sperimentato varie vie per far uscire la Rpc dall’arretratezza delle forze produttive (…). Per la Rpc lo sviluppo delle forze produttive era un aspetto indispensabile della costruzione del socialismo e addirittura della sopravvivenza della Rpc, stante l’ostilità sia della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti Usa sia dell’Urss diretta dai revisionisti moderni. Grandi furono i risultati conseguiti negli anni successivi alla fondazione della Rpc, ma neanche la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976) diretta dalla “banda dei quattro” (Chiang Ching, Zhang Chunqiao, Wang Hongwen, Yao Wenyuan), nonostante i grandi risultati, aveva portato a una crescita delle forze produttive abbastanza rapida vista l’evoluzione delle relazioni internazionali.
Ciò ha permesso alla destra del Pcc, capeggiata da Deng Xiaoping, di prendere la direzione del paese dopo la morte di Mao e di portare la Rpc a puntare, per lo sviluppo delle forze produttive, sull’apertura della Cina agli investimenti dei gruppi imperialisti nell’industria e nei servizi. Questi, a loro volta, a fronte della ripresa della sovrapproduzione assoluta di capitale dopo la ricostruzione nei paesi imperialisti delle distruzioni risultate dalla Seconda guerra mondiale, erano alla ricerca di nuovi campi per valorizzare i loro capitali.
(…) Sotto la direzione dell’ala destra del Pcc l’apertura della Rpc ai gruppi imperialisti stranieri arrivò però al punto che questi nel periodo aprile-giugno 1989 (“incidenti di Piazza Tienanmen”), probabilmente illusi dal successo che stavano avendo in Urss con Gorbacev e Eltsin, tentarono di instaurare in Cina la direzione di esponenti politici borghesi e rovesciare il Pcc, cosa che avrebbe riportato la Cina sotto il loro dominio. Ma neanche la destra del Pcc si adattò a simile prospettiva e, capeggiata dallo stesso Deng, stroncò il tentativo dei gruppi imperialisti esteri e dei loro seguaci e alleati cinesi. (…) Tienanmen aveva mostrato anche alla destra del Pcc che la via promossa da Deng comportava rischi persino per l’indipendenza politica della Rpc e la mancanza di coscienza di classe della destra del Pcc venne compensata dal suo attaccamento all’indipendenza nazionale. Questo diede nuova forza alla sinistra nel Pcc. L’elezione a segretario generale di Xi Jinping nel 2012 (18° Congresso del Pcc) segna il ritorno della sinistra alla direzione del Pcc e della Rpc e l’inaugurazione di una nuova via che riguarda in Cina lo sviluppo dei tre pilastri del socialismo e una trattazione conseguente della lotta tra le due classi e delle contraddizioni aventi carattere di classe.”
Questa svolta si è quindi riversata nell’attività internazionale del Pcc e della Rpc. Si è tradotta nel rafforzamento delle relazioni con organismi e individui che nel mondo operano per la rinascita del movimento comunista e soprattutto nell’uso della forza economica e politica raggiunta dalla Rpc a favore dei sempre più numerosi gruppi e Stati che si ribellano al corso delle cose imposto dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti Usa, sionisti e Ue. La principale operazione in questo senso è stata la promozione del raggruppamento dei Brics, del suo rafforzamento e allargamento.
Particolarmente significativi, rispetto al ruolo assunto dalla Rpc a livello internazionale, sono due storici accordi, raggiunti proprio in virtù della mediazione del governo cinese. Il primo è quello tra Iran e Arabia Saudita, siglato nel 2023, che mette fine ad anni di tensioni e guerre per interposta persona. L’altro è il clamoroso accordo di unità nazionale firmato lo scorso luglio a Pechino tra Al Fatah, Hamas e tutte le altre componenti della resistenza palestinese. Prevede, tra le altre cose, l’inclusione di tutte le fazioni palestinesi all’interno dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e l’impegno a condurre una lotta comune contro l’aggressione di Israele. Un passo “epocale” in termini politici, poiché disinnesca un conflitto intestino durato decenni e getta il seme di un fronte unitario nazionale anti sionista.
In sintesi: man mano che l’ordine mondiale imposto dagli imperialisti si sgretola, va formandosi sulle sue macerie un fronte di paesi che si ribellano al dominio della borghesia imperialista. E tanto più questo fronte si rafforza, tanto più il sistema degli imperialisti perde pezzi. In virtù del suo carattere socialista, la Rpc è oggi il pilastro di questo fronte, quello che rende possibile la sua esistenza e il suo sviluppo, in un processo che però non è lineare, ma si svolge all’interno dei limiti e delle contraddizioni connessi alla lotta tra le due linee – quella della costruzione del socialismo e quella della restaurazione del capitalismo – ancora in corso nel Pcc. Un processo il cui esito sarà deciso dalla lotta di classe, dai milioni di comunisti e dalle centinaia di milioni di operai che concretamente fanno la storia di quel paese.
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Lo sviluppo dei Brics
L’11 e il 12 settembre si è svolto in Russia il forum dei Brics sulla sicurezza internazionale e contro il “cyber- terrorismo”.
Dal 22 al 24 ottobre, sempre in Russia (la Federazione Russa ha il “turno” di presidenza per tutto il 2024) si svolgerà la riunione dei Brics allargata a Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, che sono recentemente entrati nell’organizzazione in aggiunta a Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Algeria, Azerbaigian, Venezuela, Bahrein, Pakistan e Thailandia. Al vertice parteciperà anche Xi Jimping.
All’ordine del giorno anche l’approvazione di un ulteriore allargamento a Vietnam, Senegal, Palestina, Kuwait, Kazakistan, Honduras, Cuba, Bolivia, Bielorussia e Bangladesh, che hanno fatto richiesta di ingresso.
Dal 4 al 6 settembre si è poi svolto in Cina il Forum Cina-Africa di collaborazione economica e politica con i paesi africani: su 54 paesi, 53 hanno partecipato. Il forum ha definito il piano di sviluppo delle relazioni fra la Rpc e i paesi del continente africano per i prossimi tre anni e, sostanzialmente, rafforza le posizioni dei Brics in campo internazionale.
La popolazione complessiva che raggruppa i paesi Brics allargati supera a oggi i 3 miliardi e seicento milioni di persone nel mondo, circa il 48% degli abitanti della terra. Secondo il Fmi, il Pil aggregato dei Brics vale oggi il 32% della produzione globale, essendo più che raddoppiato rispetto a quindici anni fa, quando non superava il 15% della ricchezza prodotta nel mondo.