Censura, repressione, solidarietà e resistenza. Intervista a Cecilia Parodi

Abbiamo intervistato Cecilia Parodi, scrittrice e attivista del movimento di solidarietà con il popolo palestinese, che la scorsa estate è stata “massacrata” dalla stampa, e denunciata per “antisemitismo”, per un video pubblicato sul web. Poiché non abbiamo trovato su nessun giornale, sito o programma televisivo la sua versione dei fatti, abbiamo ritenuto utile raccoglierla direttamente.
Ne è venuta fuori non solo una denuncia pubblica del clima di censura e repressione che aleggia sul nostro paese, ma anche una rinnovata manifestazione di solidarietà e sostengo alla resistenza palestinese.

La scorsa estate i giornali hanno riportato con grande visibilità la notizia della tua denuncia per “antisemitismo”. La denuncia è stata presentata da Liliana Segre dopo che avevi pubblicato un video dal contenuto fortemente emotivo e discutibile per quanto riguarda alcune generalizzazioni cui rimandavi. Crediamo sia utile ricostruire la vicenda dall’inizio, anzitutto dai motivi per cui hai pubblicato quel video.
Vorrei fare una premessa. Mi occupo da oltre dieci anni di Palestina, ho seguito un progetto e sono stata personalmente a Gaza. In sintesi, mi occupo di assistere i civili, le famiglie e i bambini palestinesi. Il 3 luglio di quest’anno, su Instagram, mi sono imbattuta nell’ennesimo video particolarmente crudo, che mostrava corpicini mutilati, cadaveri senza testa di bambini, esseri umani bruciati. Un orrore senza fine che mi ha causato un brutto crollo emotivo.
Avevo accumulato molta stanchezza, sia fisica che mentale, e un senso di impotenza, di rabbia crescente. Scioccata da quelle immagini devastanti ho caricato sul mio profilo Instagram un video dove esternavo uno sfogo personale. Complice la rabbia, lo shock ripetuto, mi sono lasciata andare in generalizzazioni sulla popolazione ebrea, ma ho anche elencato genericamente politici, giornalisti, chiunque sia coinvolto in questo massacro.
Quel mio video non voleva essere un messaggio di accanimento verso qualcuno, ho esternato un disgusto accumulato, da mesi, nel vedere immagini terribili e provare emozioni altrettanto atroci.

Il video ha suscitato un clamore mediatico che ha fatto rimbalzare la notizia su tutti i giornali e tv nazionali, fino a partiti politici. Si è attivato in fretta Moni Ovadia, che ben conosce le mie posizioni e che ben conosce la differenza tra l’ebraismo inteso come credo religioso e l’ebraismo come scusante sionista per perpetrare crimini contro l’umanità, esecuzioni di bambini, espropri e tutte le violenze che conosciamo.
Io sono antifascista, antirazzista e antisionista, accusarmi di nazismo è oltre ogni modo semplicemente ridicolo. Soprattutto in un paese dove sono consentite marce a braccio teso nelle città. Mi hanno affiliata a partiti politici con i quali non ho mai avuto nulla a che fare, mi hanno dipinta come un mostro pericoloso sui loro canali mainstream, derisa attraverso decine e decine di video su youtube e telegram.
Il mio scivolone emotivo impallidisce di fronte a un tale accanimento, che rivela il grado di perfidia del quale sono capaci alcuni esseri umani.

Anche la tua vicenda conferma l’impunità di cui godono agenti e agenzie del sionismo. Pensi che esista un filo tra vicende come la tua, il tentato omicidio di Gabriele Rubini dello scorso 15 maggio e tanti altri atti di ritorsione che in varia forma avvengono contro chi si oppone alla libertà d’azione dei sionisti in Italia.
La vicenda di Gabriele è davvero triste per le pagine della storia italiana, so che ha presentato denuncia e che ci sono indagini in atto da parte della Digos, mi auguro che la giustizia segua il suo corso e, se sarà riconosciuta una responsabilità penale per i sionisti in Italia, che Rubio abbia la vittoria su questo gruppo presente in Italia.
Ci sono diverse pagine social, molto ben organizzate, in tutti i paesi del mondo, che fanno riferimento al sito web “Hasbara Map”. Attraverso esperti di informatica e comuni volontari, tutti gli attivisti pro-Palestina, indipendentemente dal loro seguito, vengono monitorati e possibilmente silenziati. La censura di Meta non bastava più. In Italia la lobby è piccola, ma potente. Questo è uno scenario agghiacciante, che mina i principi fondamentali della nostra Costituzione e dei diritti umani basilari.

Pensiamo sia utile un ulteriore chiarimento perché i terroristi sionisti, i loro complici e i loro sostenitori accusano di antisemitismo tutti quelli che non si allineano alle loro posizioni. Il sionismo è una questione politica, non è una questione etnica e neppure religiosa. Molti sionisti non sono ebrei e, allo stesso modo, molti ebrei sono antisionisti.
I sionisti stanno agli ebrei come i nazisti stavano ai tedeschi e i fascisti stavano agli italiani. Cosa ne pensi?
È ben noto il motivo per cui chiunque osi criticare il sionismo venga automaticamente accusato di antisemitismo. Anche il professor Odifreddi lo aveva ben spiegato in un suo intervento su La7, pochi mesi fa: è una tattica politica per silenziare chiunque critichi il sionismo.
L’accusa di antisemitismo porta un oceano di reminiscenze legate ai tempi bui del nazismo e quelle bastano per smorzare ogni discussione, confronto, scontro ideologico. È una tattica subdola e meschina, che sfrutta quegli eventi drammatici e le emozioni che provocano per meri scopi politici. Israele, spiegava Odifreddi come molti altri studiosi e intellettuali, sa bene quanto quel momento storico rappresenti ancora oggi un peso enorme per l’Occidente e quindi senza alcuno scrupolo lo utilizza contro ogni oppositore politico.
Il sionismo è stato ufficialmente paragonato al razzismo dalle Nazioni Unite nel 1975, con una risoluzione poi ritirata nel 1991 per scopi politici. Le basi ideologiche sulle quali si fondano nazismo e sionismo sono le stesse: supremazia razziale, colonialismo e disprezzo assoluto per ogni pensiero che vada contro il proprio. Il Jerusalem Post, a luglio, aveva pubblicato un articolo dal titolo geniale: “Dio è un antisemita?”.
So benissimo che esistono cristiani sionisti, atei sionisti, ma il punto cruciale è che la colonia illegale israeliana viene definita “Stato ebraico”, che i leader israeliani citano la Torah nei loro deliri politici. Hanno creato appositamente una grande confusione, nella quale i confini tra etnia, razza, religione e credo politico diventano sempre più labili, e quindi strumentalizzabili. Credo che il tuo sillogismo sia più che mai appropriato, altrimenti non mi spiego come possano far loro paura i pro-Palestina, anziché l’avanzata del neonazismo e fascismo in tutta Europa.

La tua vita professionale e personale ha risentito della campagna contro di te? Hai ricevuto solidarietà per gli attacchi che hai subito?
Moltissimo. Anzitutto sono stata sospesa dal lavoro, una precauzione che avrebbe dovuto essere momentanea e che, temo, invece di poter considerare permanente.
Le vendite del libro, i cui proventi sono destinati alla popolazione civile di Gaza, sono scese anche a causa degli eventi cancellati o rimandati con scuse ridicole. Chiaramente un incontro in presenza aumenta la possibilità di incuriosire i partecipanti, e costringe gli organizzatori ad acquistare un certo numero di copie. Il danno è oggettivo. A livello personale mi sono sentita offesa e umiliata da molte persone che consideravo amici, per le quali ho lavorato anche gratuitamente negli anni, colmato di favori e disponibilità, e che mi hanno voltato le spalle o addirittura accusata, avallando le calunnie nei miei confronti. Nessuno mai ha preso in considerazione le possibili conseguenze su mia figlia, sulla mia famiglia, sulla mia dignità e integrità. Penso alle donne vittime di revenge porn, o ai ragazzi che subiscono bullismo, a quanti sono crollati psicologicamente arrivando a gesti estremi. Trovo profondamente ingiusta la gogna mediatica, senza contradditorio, e disgustosa l’ipocrisia e la vigliaccheria che è emersa. Ne faccio tesoro, era evidentemente il momento di far pulizia, nulla accade per caso. Ho ricevuto moltissima solidarietà dalla gente, da persone comuni, anche se la maggior parte di loro mi conosce soltanto attraverso i social, eppure hanno compreso benissimo il significato di quel video sfogo, e non hanno esitato ad esporsi in mio sostegno.

Come giudichi le posizioni di tanti sedicenti democratici e progressisti rispetto “al diritto di autodifesa di Israele”, che poi è una delle formule usate per minimizzare, se non giustificare, il genocidio in corso in Palestina?
Una formula ridicola, che non funziona più, se non per i sionisti e razzisti islamofobi. Israele non ha alcun diritto di difendersi perché non è in pericolo, è una colonia occupante, violenta e illegale, che stermina con precisione chirurgica la popolazione civile palestinese da 76 anni. Vedo politici, esperti e giornalisti, in teoria chiamati a parlare in opposizione a queste assurde litanie israeliane e americane, cominciare ogni discorso con accuse al 7 ottobre, alla resistenza, all’Islam, oppure sottolineando il diritto alla difesa di Israele. Molti mi dicono che devono farlo, perché altrimenti non avrebbero spazi nel mainstream, dicono che è solo un piccolo compromesso. Al contrario, invece, questi sono alibi per l’assassino, ed è intollerabile dopo un anno di massacri in diretta. Finché ci muoveremo nei perimetri consentiti dall’entità sionista, finché scenderemo a compromessi linguistici per non offendere i criminali, la Palestina resterà sola. Questo è il tempo del coraggio, ora o mai più. Questa diplomazia ipocrita è stata utilizzata per un tempo spaventoso, vergognoso, e i risultati si vedono.

E come giudichi tutti i “se”, i “ma” e i distinguo rispetto alla legittimità della resistenza palestinese? Che poi, a ben vedere, sono strumento per dividere il movimento di solidarietà al popolo palestinese fra buoni e cattivi, uno strumento di criminalizzazione…
La resistenza non ha alcun “se, ma”. Tutte le nazioni del mondo hanno un esercito, perché mai proprio ai palestinesi deve essere negato? I gruppi politici, e la loro ala armata, sono tutti terroristi agli occhi dell’America e dei loro alleati. Non ho mai visto la resistenza sparare in testa, e nel collo, a centinaia di bambini israeliani per mesi, non ho mai visto la resistenza stuprare donne, uomini e bambini, non li ho mai visti radere al suolo interi quartieri e deridere le vittime su profili TikTok. Le accuse mosse nei loro confronti il 7 ottobre sono state tutte smentite, dagli stessi israeliani, e onestamente quando si parlava di bambini decapitati io pensavo che non fosse plausibile. Non è questa la battaglia della resistenza, non lo è mai stata. Hanno sempre chiesto la fine dell’embargo, e che fossero rispettati i confini del ‘67 nonostante sia un accordo umiliante. Hanno cercato trattative e pace, inutilmente. Le loro armi sono ridicole se messe a confronto con la tecnologia di precisione israeliana, e di un esercito che si muove nell’impunità assoluta utilizzando anche armi chimiche, vietate dalle convezioni internazionali, infanticidio e abusi sessuali. I ragazzini dell’ala Al Qassam, a piedi nudi, affamati, in lutto, feriti, continuano a combattere contro un gigante. Sono partigiani, sono eroi e meritano rispetto, non epiteti infamanti. Non ho mai avuto timore nell’esprimere solidarietà alla resistenza, la mia stima, e questo mi ha certamente resa più attaccabile. Mi hanno definita terrorista, sul libro paga dei terroristi. Non mi interessa, poiché è chiaro che non posso in alcun modo essere partecipe o coinvolta nella lotta armata. Altrettanto ovvio è che nessuno di questi ragazzi ha scelto volontariamente di imbracciare un fucile, sono stati costretti dai continui soprusi e violenze, e io provo un’infinita tenerezza materna per loro. Per il coraggio, disperato, per la solitudine e le infamie che devono sopportare. Non si può in alcun modo negare la legittimità della resistenza mentre si invoca la fine dell’occupazione. È una contraddizione in termini.

La tua esperienza personale, la repressione che stai subendo, rientra in un più generale processo di restringimento degli spazi di democrazia. È sotto attacco il diritto di parola e di espressione, ma anche gli spazi di agibilità politica. Il corteo del 5 ottobre, quello che il governo complice dei sionisti vorrebbe vietare, è un po’ uno spartiacque: cedere al governo comporterebbe una svolta in termini repressivi. Cosa ne pensi?
Lo scenario in Italia è pessimo, una vergogna. Se un corteo che chiede la fine del genocidio, la fine della collaborazione economica e ideologica del nostro governo con quello israeliano e americano, dovesse trasformarsi in un nuovo G8, entreremmo ufficialmente in un oscurantismo anacronistico e allarmante. Noto molta paura tra la gente, che si spaventa a morte per stupidi commenti sui social nonostante, spesso, provengano da bot. Non si può cedere, non adesso, come dicevo prima questo è il tempo del coraggio. Le conseguenze potrebbero durare decenni, e siamo già sufficientemente nei guai. Genova 2001 è stato lo spartiacque, ha affossato la società italiana, riducendo le proteste a passeggiate su strade secondarie, e attraverso la minaccia di ritorsioni, la voce del popolo è stata sempre più ridicolizzata, inascoltata. Non possiamo permetterci la paura, non stiamo facendo nulla di illecito o immorale.

Siamo arrivati alle conclusioni. Vuoi aggiungere qualcosa?
Come ho già spiegato, io sono emotiva. Posso leggere, studiare, analizzare, ma quando le emozioni prendono il sopravvento, parlo mossa da loro. Quel video, così strumentalizzato da tutti, era uno sfogo disperato. Se mi fossi espressa ripetutamente per mesi, e con assoluta lucidità, utilizzando solo parole di disprezzo e incitamento all’odio, capirei le accuse. Mi è uscita una volta, in oltre dieci anni, la parola “ebrei”, che intendevo come comunità ebraiche sioniste. In quel momento, nell’elencare tutte le categorie complici del genocidio, ho abbreviato. Dieci anni di discorsi, eventi, collaborazioni, viaggi, progetti, approfondimenti, incontri e adesso cosa resta? Quella parola. Non è corretto, non è umano. E non è nemmeno logico, la mia storia personale racconta chi sono. Sono stanca di giustificarmi, mentre sui canali mainstream persone molto autorevoli, figure politiche di estrema rilevanza, inneggiano alla morte dei neonati palestinesi e alla distruzione totale di Gaza. Sono stanca di questo clima democristiano, non può esistere il linguaggio politicamente corretto solo nei confronti di categorie già privilegiate, potenti, e soprattutto mentre assistiamo al crollo di ogni forma di legalità e tutela della vita umana.
Inoltre “quella parola” non ha offeso i veri ebrei, che non si sono sentiti minacciati, e questo dovrebbe bastare a chi mi lancia assurde accuse. Inoltre, io sono credente, praticante, quindi non posso disprezzare alcuna forma di fede e credo religioso, perché offenderei anche me stessa. Sono certa che, come ogni tempesta, questo momento finirà, mi fido del mio legale e del suo lavoro. Hanno fatto un processo a presunte intenzioni, vere fantasie, incriminandomi pubblicamente nonostante io sia incensurata. Questa storia, purtroppo, durerà a lungo, ma quando arriveremo al finale credo che in molti torneranno a chiedermi scusa. Ma io non dimentico.

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