Piantedosi, Meloni e i sionisti ci riprovano. La missione è impedire la manifestazione di solidarietà con la Palestina del 5 ottobre a Roma. Dopo il il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica di mercoledì 11 settembre e l’incontro in Prefettura con il Prefetto di Roma, le forze dell’ordine e l’Antiterrorismo, il Viminale dichiara “la decisione sofferta di non autorizzare la manifestazione”.
Inizialmente il divieto del ministro – telecomandato da portavoce sionisti alla Pacifici e dal resto dell’apparato mediatico che gli regge la coda – veniva addebitato al fatto che i Giovani Palestinesi nel rilanciare la manifestazione inneggiavano alla resistenza palestinese e all’operazione militare condotta dai partigiani palestinesi contro gli occupanti israeliani.
Una spiegazione debole, contraria sia alle libertà di manifestazione e di espressione sancite dalla Costituzione italiana, sia al diritto internazionale che sancisce il “diritto alla resistenza”, quello cioè di un popolo a “opporsi al potere illegittimo o all’ingiusto esercizio del potere da parte di un tiranno”. Una spiegazione contro cui tutte le personalità del mondo politico, sindacale, culturale e mediatico che hanno a cuore la solidarietà con la Palestina – vedi Di Battista, Cremaschi, Santoro, Orsini, Barbero, Vauro ma ce ne sono molti altri – devono prendere posizione e mobilitarsi perché il tentativo di vietarla vada in fumo.
Negli ultimi giorni, per dare copertura a questo divieto, sono apparse magicamente decine di iniziative di commemorazione del 7 ottobre da parte della Comunità ebraica e dell’Ambasciata israeliana di Roma. Cosa che ha spostato il problema sul terreno dell’ordine pubblico e non più sul contenuto più o meno lecito della manifestazione. Almeno questo dicono strumentalmente Ministro, prefetto e Ambasciata israeliana.
Iniziative di “commemorazione del 7 ottobre”, quelle della Comunità ebraica e dell’Ambasciata, autorizzate in date diverse dalla data dichiarata e nonostante il 5 ottobre fosse già indetto il corteo di solidarietà con la Palestina. Questo sì che è in barba a qualsiasi criterio minimo di reale tutela dell’ordine pubblico. Casualità?
Tra le ragioni di ordine pubblico indicate, il pericolo di tensioni e scontri. Quelli che negli ultimi mesi si sono verificati principalmente quando gli apparati repressivi e Ministero hanno provato a vietare o hanno vietato le manifestazioni, i presidi e le iniziative di protesta o quando li hanno causati direttamente da squadracce di sionisti. Chi è che vuole lo scontro?
Il divieto di manifestare è dimostrazione delle difficoltà della classe dominante italiana: le menzogne, la propaganda, l’intossicazione delle coscienze, il terrorismo mediatico non bastano più a coprire i crimini degli imperialisti e dei sionisti di cui tutti i partiti e gli esponenti delle Larghe Intese sono complici e servi. Divieti strumentali, illegittimi e anticostituzionali che vanno rispediti al mittente e violati.
Questo perché le operazioni in corso per vietare la manifestazione del 5 ottobre si inseriscono a pieno titolo nel clima repressivo e censorio instaurato dal governo Meloni. Un clima che si sta facendo legge attraverso l’approvazione in parlamento del ddl 1660: un insieme di dispositivi volti a reprimere la mobilitazione popolare, eliminare la libertà di espressione, aggravare le pene per chi lotta, trasformare reati amministrativi e civili in reati penali, estendere la repressione a parti crescenti della popolazione e altre misure simili (leggi QUI per approfondire).
Contro questa legge è nato il Coordinamento Liberi di lottare, formato dai “movimenti, i collettivi, gli organismi, le organizzazioni sindacali, politiche, le singole e i singoli attivisti che condividono l’obiettivo di una mobilitazione unitaria contro il ddl 1660 e il disegno militarista e guerrafondaio che esso esprime, con l’invito a costituire dei nodi locali di questa Rete per promuovere iniziative diffuse di lotta e di sensibilizzazione”. Tra gli obiettivi del coordinamento c’è quello di violare le leggi e divieti ingiusti e antipopolari a partire da quelle che con il ddl 1660 il governo vuole inserire. Tenere la mobilitazione del 5 ottobre al di là di ogni divieto eversivo messo in campo dal governo Meloni è il primo terreno su cui dare gambe e sbocco a questo coordinamento. Il Partito dei Carc, aderente al percorso, agirà in questa direzione. La censura e la repressione di sionisti e guerrafondai non devono passare!
Ma non è tutto. Tra le manovre degli ultimi giorni messe in campo dai vertici della Repubblica Pontificia c’è quella di fare pressione sulla comunità palestinese per spaccarla e dividerla tra buoni e cattivi, tra moderati ed estremisti. In questa trappola la comunità palestinese non deve cadere e non bisogna cedere il fianco a queste operazioni. Ogni cedimento apre spiragli al nemico per impedire la manifestazione, come a dire “avete visto? Ce lo dicono i palestinesi che tra loro ci sono terroristi ed estremisti”.
Il vero obiettivo dei sionisti e di tutte i pezzi di apparato politico, mediatico ed economico che dirigono nel nostro paese è quello di nascondere all’opinione pubblica il genocidio che gli israeliani stanno perpetrando in Palestina e quindi evitare che il movimento di solidarietà si estenda e si allarghi. Non si deve dire che gli attacchi israeliani hanno distrutto oltre la metà degli edifici di Gaza, compresi scuole, ospedali, infrastrutture idriche e igieniche. Che sono stati attaccati rifugi e campi profughi, anche nelle cosiddette “zone sicure”. Non si deve dire che è stata fermata ogni fornitura di aiuti umanitari dove oltre metà della popolazione è falcidiata da fame e digiuno con l’esercito israeliano che ha già ammazzato circa 300 operatori umanitari, 500 operatori sanitari e oltre 150 giornalisti. Non si deve dire che Israele sta attaccando militarmente anche la Cisgiordania espandendo gli insediamenti illegali.
L’operazione militare del 7 ottobre viene presentata sui giornali borghesi come “l’aggressione di Hamas contro lo Stato di Israele”. Essa è in verità un atto di ribellione di un popolo che, in tutte le sue componenti, è insorto contro il sionismo. Ed è divenuto simbolo di resistenza e di riscossa in ogni angolo del mondo.
Non si deve dire, soprattutto, che a fronte di tutto questo e di oltre settant’anni di oppressione, guerra e morte il popolo palestinese con fierezza e senza arretrare di un passo porta avanti la sua resistenza. Una causa promossa da decine e decine tra forze politiche, sindacali e sociali che si lega alla lotta delle masse popolari di tutto il mondo conto l’oppressione, lo sfruttamento e la guerra promossa dagli imperialisti. Come la classe dominante di ogni paese si stringe sotto la bandiera di Israele, allo stesso modo le classi oppresse di tutto il mondo, a milioni, si stringono sventolando la bandiera palestinese, simbolo di resistenza, di lotta e di riscossa.
Il 5 ottobre non c’è in ballo solo una manifestazione ma lo sviluppo di questa lotta, cui tutte le organizzazioni politiche, sindacali, sociali e popolari del nostro paese contrarie al genocidio in Palestina, alle politiche securitarie e guerrafondaie del governo Meloni devono dare un contributo. Alla lotta!