Da settimane, i compagni del presidio del P.CARC di Palermo sono oggetto di attenzioni da parte delle forze dell’ordine.
In verità fin da quando abbiamo iniziato la nostra attività si sono susseguiti una serie di intimidazioni e atti repressivi come la militarizzazione delle piazze dove facevamo propaganda oppure il tentativo di non farci fare un banchetto durante il 25 aprile, per non parlare delle telefonate che si trasformavano in interrogatori abusivi con la scusa dei permessi. Nonostante questo, abbiamo continuato ostinatamente la nostra attività ed è proprio questo che preoccupa le forze della repressione di questa città.

In questo contesto si inseriscono gli episodi dell’ultimo periodo a partire dal fermo d’identificazione dello scorso 19 luglio quando, durante un volantinaggio a Fincantieri, due carabinieri si sono rifiutati di identificare i nostri compagni con le generalità pretendendo di farlo in caserma.
Come se non bastasse, due giorni fa, un nostro compagno ha ricevuto più chiamate dai carabinieri che gli hanno chiesto di recarsi in Caserma a ritirare una non specificata notifica. Queste sono pratiche illegittime con cui, nell’informalità comunemente tollerata, le forze dell’ordine provano a intimidire i compagni per estorcergli informazioni, come hanno fatto col suo indirizzo di casa. Non è una casualità che proprio in seguito a questo episodio, ci sia stato, prima, un “insolito” movimento di volanti nei pressi della sua abitazione e, poi, sia stato fermato mentre tornava a casa da due carabinieri che, riconoscendolo, hanno bruscamente fermato l’auto e si sono fiondati verso di lui in modo aggressivo e provocatorio.
Tutto ciò non può passarci sotto il naso e lasciarci indifferenti: a che gioco stanno giocando le forze dell’ordine di Palermo? Peccato che lo stesso zelo non sia adottato nei controlli alle aziende siciliane in cui nel 2024 sono morti più di trenta lavoratori oppure nella lotta contro la mafia che da decenni inquina ogni settore della vita di questo territorio.

E’ importante denunciare ogni forma di abuso e intimidazione anche quelle che apparentemente sembrano insignificanti ma con cui il nemico ci testa perché possano diventare il preludio di altri atti repressivi, magari più gravi. Farlo ci educa alla resistenza, alla lotta contro la repressione e in definitiva alla lotta di classe: gli attacchi del nemico sono un boomerang se li usiamo per alimentare la resistenza organizzata delle masse popolari e la solidarietà di classe. Cosa che diventa ancor più necessaria stante la deriva intrapresa dal governo Meloni. Con il Ddl 1660, oltre a rafforzare la stretta repressiva sul movimento di resistenza delle masse popolari la estende con l’introduzione di nuovi reati, assicura la massima impunità per ogni abuso in divisa delle forze dell’ordine, dando loro maggiore libertà di intimidire, calpestare i diritti delle masse popolari, picchiare e reprimere.

La classe dominante non tollera l’azione dei comunisti per questo ha paura del radicamento del Partito dei CARC in Sicilia, del ruolo protagonista che stanno assumendo molti giovani e, in generale, del nostro lavoro per la costruzione di una società migliore che metta fine agli effetti della crisi e dia alle masse popolari una prospettiva di vita dignitosa: il socialismo.

Facciamo appello a tutte le realtà organizzate della città a dare la loro solidarietà ed esprimersi con prese di posizione contro ogni tentativo di isolamento, di intimidazione e di repressione: la solidarietà è un’arma che va usata!