Si approfondisce la crisi del governo Meloni. Gennaro Sangiuliano non è più Ministro della cultura, al termine di quella che i media di regime cercano di vendere come una bavosa storia di corna e ricatti. Solo pochi giorni fa disperato aveva allagato di lacrime gli studi Rai in diretta tv per difendere la “onorabilità” sua e del governo. Onorabilità subito infranta dalle dichiarazioni di Maria Rosaria Boccia che ha prima smentito il Ministro via social per poi farsi intervistare su La7 venerdì 6 settembre dettando la linea: “se si scusa con me e la mia famiglia la chiudiamo qui, altrimenti ce n’è per tutti”.
Il governo incassa e prova a tenere botta. Via Sangiuliano, già Fuan e MSI, dentro Alessandro Giuli, in gioventù esponente del gruppo neofascista Meridiano Zero, penna dei principali giornali di destra degli ultimi vent’anni ed esponente di Med-Or, fondazione creata da Leonardo S.p.A. Rimpastino.
Questa crisi di governo, spacciata per telenovela, è solo l’ultima puntata di una sequenza di scandali veri o presunti con cui i media di regime intossicano l’opinione pubblica. Lo “scoop” commissionato a Sallusti sul presunto complotto della magistratura contro Arianna Meloni e le crisi con suo marito (il ministro Lollobrigida), la baruffa estiva sullo ius scholae e altre operazioni simili non sono altro che scricchiolii del governo coperti da una coltre di disinformazione utile a distogliere l’opinione pubblica dai principali problemi e temi della crisi politica in corso.
In questi giorni, ad esempio, sui giornali si parla a mo’ di gossip di Sangiuliano, della Boccia e di questa storiaccia da quattro soldi mentre ieri, 6 settembre, in Italia, a Cernobbio in Villa d’Este, il presidente ucraino Volodymir Zelensky e il ministro della Difesa Umerov si sono riuniti con il senatore statunitense Lindsey Graham e la sua delegazione. Lo hanno fatto senza che uno straccio di figura del governo o delle autorità italiane fossero coinvolte, la politica estera italiana la decidono gli Usa.
Oggi, 7 settembre, per ratificare quanto deciso il giorno prima e pubblicare qualche articolo e foto di rito, Meloni incontrerà Zelensky facendo valere con forza l’insostenibile leggerezza della sovranità nazionale meloniana. Tu chiamalo se vuoi protettorato Usa.
Ma non è tutto. Si parli di tutto, detta il governo, ma non della manovra finanziaria che dovrà essere presentata nei prossimi giorni. Una manovra che si preannuncia come un ulteriore attacco ai lavoratori, ai precari, ai pensionati e a tutte le masse popolari del nostro paese. Il compito è stato assegnato dalla Ue e prevede la riduzione del debito pubblico raggiunta attraverso tagli di servizi, “aggiornamento” dei contratti, aumento delle tasse e tutta una serie di altre misure lacrime e sangue. Queste misure saranno vincolanti anche per i futuri governi del paese. Quel poco di movimentazione economica che sarà sostenuta, ha già annunciato Meloni, sarà dirottata nel sostegno alle imprese e nelle politiche di guerra. Il tutto in linea con il dettame lanciato da Draghi pochi giorni fa sul destino dell’Italia e dell’Unione Europea se non si procede più speditamente nell’attuazione di riforme lacrime e sangue. La linea è chiara: togli alle masse popolari per dare ai ricchi e ai guerrafondai. È tutto da vedere, però, se la Robin Hood al rovescio di palazzo Chigi, arriverà a dicembre per portare fino in fondo l’approvazione di questa legge. Una soluzione per i lavoratori? Farla cadere prima!
Eccola allora la verità. Il governo Meloni è alle corde. Burattino di Washington, Bruxelles e Tel Aviv e travolto dalla crisi politica dei suoi capi: negli Usa sullo sfondo delle elezioni presidenziali è in corso una guerra civile, Francia e Germania sono dilaniate tra colpi di stato e instabilità crescente e i sionisti si sono infilati in un vicolo cieco di guerra, morte e distruzione da cui usciranno devastati.
Meloni e soci non hanno una legge in cantiere – autonomia differenziata, pacchetto sicurezza, legge bavaglio per i giornalisti e riforma della giustizia, solo per citarne alcune – che non desti insofferenza delle masse popolari e su cui non sia in corso una mobilitazione per impedirne l’approvazione definitiva e l’attuazione. Cercare di trascinarsi ancora qualche mese intossicando l’opinione pubblica con badilate di cazzate e silenziando il dissenso a manganellate sono le uniche gambe su cui poggiare i prossimi passi. Che saranno gli ultimi ma dipende da quanto le masse popolari organizzate e tutto il vasto movimento di resistenza alla crisi in corso faranno valere la propria forza, unendosi, coordinandosi e dandosi i mezzi per cacciare Meloni e ogni governo delle Larghe intese (di destra o di sinistra non fa differenza) dal paese.
Per incanalare le diverse mobilitazioni delle masse popolari in un movimento unitario e per dare a quel movimento unitario uno sbocco politico quello che è informale va reso stabile, quello che procede in ordine sparso va reso organizzato e coordinato, quello che è spontaneo va reso cosciente, quello che è diviso va fatto convergere. Facciamolo!