Il 2 agosto si è svolto il dibattito “Far valere la forza dei lavoratori!” sulla lotta contro la repressione aziendale, un confronto tra delegati, sindacalisti e semplici lavoratori provenienti da vari settori e città del paese.
Pubblichiamo alcuni stralci degli interventi principali del dibattito.
Simone Casella ex delegato Filcams della Worsp di Pisa: “Gli insegnamenti che traggo dalla mia vertenza sono la necessità della costruzione di un’organizzazione operaia e sindacale all’interno dei posti di lavoro. In particolare, in un comparto come quello della vigilanza, ostile alla sindacalizzazione. Altro insegnamento è che non ci siamo occupati solo della nostra vertenza e abbiamo portato solidarietà a tutti licenziati politici di quel periodo, allargando di fatto la solidarietà e rafforzandoci anche all’interno del posto di lavoro. Voglio quindi lanciare la proposta di un coordinamento tra licenziati politici che prenda in considerazione anche la lotta contro le condanne economiche a cui andiamo incontro una volta che decidiamo di dare battaglia pure sul piano legale. La proposta è dare seguito a tutta la solidarietà anche economica ricevuta proponendo di allargarla con un coordinamento nazionale”.
Delio Fantasia, delegato Cub Stellantis di Cassino: “A novembre 2023 ci sono state due assemblee sindacali, Cisl e Uil sono venuti a dirci che nel 2024 avremmo dovuto lavorare anche il sabato e hanno annunciato 800 esuberi. Io e la delegata del turno opposto al mio abbiamo fatto mettere una mozione nell’assemblea che diceva che i lavoratori Stellantis si rifiutavano di lavorare anche il sabato. Di fatto, gli abbiamo fatto saltare il banco. Dopo questa operazione, dall’alto dovevano dare una risposta e hanno deciso di licenziare una delle avanguardie delle stabilimento ed è toccato a me, ma poteva toccare anche a un altro.
Il mio licenziamento è stato motivo di maggior attività sindacale. Certo non tutti reagiscono così, ma io mi sono detto “adesso ho più tempo libero, ora sono cazzi vostri. Adesso ho più tempo per andare davanti ai cancelli delle fabbriche”. La proposta di Simone è molto concreta, serve fare rete, serve raccontare queste storie e non lasciare i lavoratori da soli, e soprattutto la storia che vorrei raccontare la prossima volta è che il ricorso l’abbiamo vinto”.
Valerio Melotti, area alternativa Filt Cgil di Livorno: “Da due mesi la Sms, una ditta di Rosignano che fa prestazione di manodopera per la Solvay e per l’Eni di Livorno, non pagava lo stipendio a quattordici lavoratori. Hanno deciso prima di fare uno sciopero, coinvolgendo tutte le ditte Eni, ovvero circa 200 lavoratori, poi hanno fatto un secondo sciopero a distanza di una settimana e poi ancora un terzo dopo un’altra settimana con manifestazione e corteo sotto Confindustria, ma non hanno ottenuto niente. Al che, hanno deciso di aprire un presidio permanente davanti alla raffineria Eni. Anche qui si è innescato un bel meccanismo di solidarietà popolare. Alla fine sono riusciti ad accelerare il cambio di appalto, subentrando tutti nella nuova ditta e l’Eni in quanto stazione appaltante ha fatto sì che fossero saldate queste due mensilità. Ribadisco che abbiamo bisogno di mettere in rete e strutturare tutte queste mobilitazioni e provare a costruire un’iniziativa di massa per cambiare i rapporti di forza nel paese”.
Marcello Pini, del Si Cobas di Modena: “A Modena abbiamo superato i 600 tra operai e sindacalisti a processo, nella sola provincia. Alcuni sono maxi processi con 120-150 imputati. Stiamo tenendo botta perché le condanne sono poche e pensiamo di ribaltarle.
Voglio parlare, per porre l’accento sulla repressione aziendale, di una vertenza che stiamo conducendo a Modena, in un maxi macello (il più grande in Italia). All’interno ci sono false cooperative, si applica il multiservizi e ci sono lavoratori che, lavorando quaranta ore di notte, prendono 1.200 euro lordi al mese, ovvero circa 900 euro netti. Faticosamente negli anni siamo riusciti a costruire un Cobas di circa 50 iscritti. Abbiamo quindi provato a rivolgerci al tribunale del lavoro con un processo pilota, ma il risultato è stato che hanno condannato i lavoratori a pagare 6 mila euro di spese processuali. Abbiamo provato a cercare un accordo con l’azienda, che non ne ha voluto sapere, al che abbiamo deciso che da settembre avvieremo una campagna di scioperi e picchetti con il criterio che per ogni mille euro che dobbiamo pagare faremo un milione di euro di danno con il blocco delle merci.
Chiudo dicendo che noi siamo qua per fare la rivoluzione, parliamoci chiaro, e per farla servono i lavoratori e ai lavoratori servono le organizzazione comuniste; in questo processo i sindacati conflittuali servono come il pane. Voglio fare un appello ai compagni qua presenti a entrare nei sindacati e a spingerli, a crearne di nuovi a creare nuove sezioni. Sindacati vuol dire anche posti di lavoro e stipendi per chi si mette a farli”.
Massimo Cortini, lavoratore ex Gkn: “Fin dal nostro licenziamento, abbiamo deciso di non piegarci e intraprendere questo percorso di lotta. Questo è stato possibile grazie all’abbraccio e alla grande solidarietà ricevuta da tutto il territorio e non solo.
Come abbiamo detto fin dall’inizio, la nostra lotta è di tutti e nessuno si salva da solo.
Ad esempio, quando noi abbiamo avuto il sabotaggio della cabina elettrica dello stabilimento a Pasqua di quest’anno, la solidarietà che avevamo costruito anche a livello internazionale ci è venuta in soccorso. In pratica, un sindacato tedesco ci ha fatto recapitare in pochi giorni dei pannelli fotovoltaici e delle batterie d’accumulo che oggi ci permettono di alimentare il presidio permanente nello stabilimento”.
Manuela Maj, responsabile nazionale del Lavoro operaio e sindacale del P.Carc: “Rilancio la proposta di fare un coordinamento nazionale dei lavoratori contro la repressione aziendale, contro le sanzioni pecuniarie e contro i reparti confino e ogni strumento di repressione dei lavoratori. Rispetto alla discussione se i lavoratori sono rassegnati o meno: una parte è arretrata e rassegnata, l’altra, invece, non lo è, è avanzata. Il nostro compito è mettere insieme e organizzare la parte avanzata. Un esempio di questo è che l’ultima manifestazione della Cgil veramente partecipata e che ha fatto numeri importanti è stata quella di dicembre scorso in cui i vertici hanno ventilato l’ipotesi di violare le precettazioni di Salvini. Lì si è visto bene che i lavoratori sono ben disposti a lottare se c’è chi promuove la lotta e la mobilitazione.
Venendo alla questione della lotta sindacale posta da Marcello del Si Cobas, oggi più che mai, data la situazione di sviluppo della Terza guerra mondiale a pezzi, quello che serve è che anche i sindacati vadano oltre le battaglie rivendicative e si pongano il problema del governo del paese. Serve un’alternativa al governo attuale, serve quello che noi chiamiamo Governo di Blocco Popolare”.